Guardando i trailer e le anteprime, S.O.N sembra un titolo sorprendentemente ben realizzato, per essere un indie. Il gioco dà l’idea di essere angosciante, onirico, coinvolgente. La realtà, purtroppo, è ben diversa e il titolo risulta invece raffazzonato, troppo breve e con poche idee. Non servono più di due ore al massimo per completarlo e ritrovarsi con un senso di amara delusione.
Alla ricerca del figlio
S.O.N ci mette nei panni di un uomo in cerca del figlio scomparso, un incipit non esattamente originale, molto caro ai fan di Silent Hill. Non sappiamo il perché sia sparito, né il motivo per cui la storia cominci in questa foresta buia. Quest’ultima dovrebbe essere situata in Pennsylvania, nella Contea di Forest, che è anche nota con il nome di South of Nowhere, titolo del gioco. Muovendo i primi passi incontriamo presto una casa tra gli alberi, dove una serie di messaggi scritti con il sangue ci cala nel mood dell’avventura. “Sorry” campeggia sulla parete entrando, continuando vedremo una scritta composta usando dei manichini: “I miss you“. Nella seconda stanza, su una croce cristiana è scritto “forgive“. Continuiamo in questa foresta, incontrando altri riferimenti simili, tra scritte, croci che bruciano, scheletri abbandonati e manichini incappucciati tra gli alberi.
Proseguendo arriviamo a quelle che assomigliano a delle catacombe, dove l’incubo si fa ancora più angosciante. Corpi appesi, mostri, zombie e stanze disturbanti ci aspettano, ma la storia procede molto lineare, senza grandi colpi di scena, giusto con qualche jump scare.
Il titolo riesce subito a costruire un’atmosfera sognante e orrorifica, ma andando avanti queste sensazioni svaniscono, lasciando spazio a interrogativi su dove sia la difficoltà e su quanto possa essere ripetitivo un gioco così breve.
Un gameplay rinunciatario
Pad alla mano, la prima cosa che ci viene insegnata è come correre, usando il tasto L3. Diventa subito evidente un problema non da poco: a differenza di tutti gli altri giochi, bisogna continuare a tenere premuto il tasto per continuare lo scatto. La cosa è chiaramente scomoda, anche e soprattutto perché il protagonista si muove con una certa lentezza. Probabilmente una scelta volta a rallentare il giocatore per allungare il minutaggio finale, che finisce però per scoraggiare l’esplorazione e dare immediato fastidio.
Oltre a questo, S.O.N ha soltanto un altro comando: l’interazione. Con L2 possiamo raccogliere alcuni oggetti durante l’avventura o attivare delle leve e aprire le porte che incontreremo. Lo scopriamo trovando una piccola radio, poco dopo l’inizio della nostra ricerca. Un oggetto che non solo si rivela del tutto inutile, ma che è anche realizzato malissimo. Questa infatti ha soltanto due canali, da cambiare con i tasti direzionali destro e sinistro: in uno sentiamo soltanto interferenze, nell’altro una voce che fa strani versi senza senso piuttosto inquietanti. Dopo pochi secondi utilizzeremo il tasto giù per spegnerla e dimenticarcene poco dopo.
Il gioco non ha altri tasti. Nessun salto, nessun comando di attacco, possiamo solo muoverci, girare la telecamera, correre e interagire. Siamo saldamente ancorati al terreno, ma non solo: spesso e volentieri andiamo a sbattere contro dei muri invisibili che mostrano come l’esplorazione sia estremamente guidata. Non esiste progressione, non esistono armi o oggetti da utilizzare. In realtà non esistono neanche nemici. C’è un solo vero mostro contro cui si può arrivare al game over, in una singola stanza, molto lento e estremamente facile da aggirare. L’eventualità di morire è talmente poco probabile che non esiste un’animazione: semplicemente se si viene anche solo toccati da questo nemico compare un semplice menù che chiede se tornare alla schermata iniziale o continuare dal salvataggio.
Vista la scarsa probabilità di dover ricominciare e anche la breve durata, ci sono solo due momenti in cui poter salvare: uno intorno alla metà e uno poco prima della fine. Dato che S.O.N ha due finali diversi, questo secondo save point sembra messo apposta per poterli vedere entrambi. Una scelta logica, quella di mettere due finali, che molto spesso permette di allungare l’esperienza. Del resto il titolo è breve e sarebbe stato interessante rigiocarlo per scegliere il finale alternativo. Invece non serve: basta ricaricare, togliendo qualunque senso a una seconda run.
Atmosfera intrigante, comparto tecnico mediocre
Riguardo il fronte tecnico, S.O.N non brilla di certo, a dispetto delle apparenze. Se i trailer ci avevano tratti in inganno, non basta l’oscurità artificiale a mascherare la scarsa qualità grafica. Le texture sono quasi tutte in bassa risoluzione, non ci sono animazioni e i pochi modelli presenti vengono riutilizzati di continuo: alberi, panchine, manichini e scheletri si ripetono uguali dopo pochi minuti. Per un gioco tanto breve, una tale ripetitività dei modelli è sintomo di una certa pigrizia nello sviluppo.
Questo titolo sembra inoltre pervaso da un’immobilismo generale. Se non fosse per il nostro movimento nello scenario, potrebbe sembrare un semplice fermo immagine. C’è giusto un lieve movimento delle fronde degli alberi, che solo prestando attenzione si può notare. Nessun effetto particellare, dunque, così come nessuna colonna sonora. S.O.N utilizza spesso dei suoni per creare suspense, molte volte in modo banale e già visto, ma in quanto a brani: nessuno. Solo in uno dei due finali possiamo ascoltare qualche nota suonata al piano, ma nulla che si possa davvero chiamare ‘colonna sonora’.
Come se tutto ciò non bastasse, il titolo soffre di evidenti cali di frame rate quando si ruota la telecamera, creando un’effetto motion sickness davvero fastidioso.
In conclusione
S.O.N è un titolo horror che, seppur partendo da premesse banali, poteva risultare interessante. Purtroppo le scelte del team di sviluppo sono state quasi tutte sbagliate, e se sul fronte tecnico si potrebbe lasciar correre, il gioco offre davvero troppo poco sul piano della trama e del gameplay. Soprattutto al costo dei 13.99 € a cui il titolo attualmente viene venduto sul PlayStation Store.