Dato ciò che sta succedendo in Ucraina, che inesorabilmente ha avuto ripercussioni anche sull’industria videoludica locale, forse non è un buon momento per recensire titoli focalizzati su carri armati ed altri strumenti di guerra e morte, eppure Saffron Fields, nel suo piccolo (perché nei fatti si tratta di un’opera molto semplice), vuole rappresentare un grido videoludico contro la guerra in generale.
Ad ispirare questo titolo dal piglio arcade non è il conflitto attualmente in corso, bensì quella lunga serie di lotte armate che dalla fine degli anni settanta del secolo scorso periodicamente torna a martoriare un Paese più lontano da noi ma non per questo meno meritevole di trovare una volta per tutte la pace: l’Afghanistan.
Saffron Fields è stato proprio ispirato da quanto è di recente avvenuto (o meglio nuovamente avvenuto) in tale Paese asiatico, culla di civiltà e attraversato nel tempo da grandi nomi della Storia, da Alessandro il Grande a Gengis Khan, fino a Tamerlano e ai sovrani Moghul.
Il sottotitolo in abjad afghano, che traduce il titolo in lingua persiana (una delle due lingue ufficiali del Paese ne è una variante), oltre alla cutscene che apre il gioco, toglie ogni dubbio sia sull’ambientazione che sull’intento di denuncia e incitamento alla resistenza e alla resilienza.
Saffron Fields, i “campi di zafferano” arati da cingoli
Dopo un lungo disclaimer al lancio del gioco, che si apre con un cristallino: “Questo gioco è stato sviluppato come risposta al disastro umanitario in Afghanistan” e si conclude con un altrettanto eloquente: “Onta sui dittatori. […] Pace per l’Ucraina e per tutti coloro che combattono“, avviando la Story Mode scopriamo che Low Polystan, solo studio indipendente il cui unico membro è lo sviluppatore Toster12D3, noto su Twitter anche come Pasha, ha orchestrato un background narrativo semplice ma efficace per Saffron Fields.
La cutscene ha come protagonista una ragazza che raccoglie fiori di zafferano (una delle spezie più diffuse in Afghanistan e simbolo della ‘depapaverizzazione’ dello stesso in tempi migliori, essendo il Paese uno dei maggiori produttori di oppiacei esistenti). Durante il suo lavoro, delle bombe cominciano ad esplodere tutt’intorno a lei. Come il fumo si dirada, la giovane assiste al rovinoso spettacolo delle macchine da guerra che avanzano (si tratta di mezzi di ogni sorta, sia reali che simil fantascientifici).
Per nulla atterrita, la ragazza si imbatte nella carcassa di un carro armato sovietico, relitto dell’invasione degli anni settanta. Senza pensarci due volte, rimette a nuovo il veicolo e sale a bordo, pronta a sbaragliare qualsiasi avversario onde riportare la pace nel proprio Paese.
Occhio alle munizioni e riflessi pronti!
Giocando a Saffron Fields, il titolo di questo paragrafo deve diventare un mantra da non scordare mai. Questo perché, per quanto il gameplay sia frenetico e orientato all’azione nuda e cruda, per trionfare occorre una certa precisione nei movimenti e un’estrema oculatezza nell’utilizzo delle uniche armi a nostra disposizione: il cannone del carro stesso e gli ammortizzatori, che permetteranno al nostro mezzo di spiccare salti utili sia ad evitare gli attacchi nemici che a disfarci degli stessi.
La Story Mode è organizzata su diciotto livelli divisi in serie da sei ciascuna, alla fine delle quali c’è sempre un livello con una boss fight.
Ogni livello vede un’arena in visuale top-down di forme sempre diverse, la quale si riempirà un po’ alla volta di mezzi avversari molto variegati tra loro, che compariranno per ondate, concedendoci pochi secondi per recuperare vite, munizioni, molle per i salti e, ultimo ma non ultimo, il fiato.
Scopo del gioco non è tanto distruggere i mezzi nemici quanto, per dirla citando i tali e tanti cronisti del wrestling, ‘sbatterli fuori dal ring‘, facendo attenzione a non cadere noi stessi vittima dei nostri movimenti avventati.
Man mano che si fronteggiano i diversi avversari si riescono ad apprendere i loro punti deboli, e dunque a creare strategie sempre nuove per disfarsene. Per fare alcuni esempi: i camion, privi di armi ma veri e propri arieti da sfondamento su quattro ruote, se speronati frontalmente difficilmente si smuoveranno di un millimetro, mentre se si ingaggiano ai fianchi o da dietro sia con una speronata che con una cannonata saranno facile spingerli fuori dall’arena. Stesso discorso vale per i mortai, più vulnerabili alle speronate che ai colpi di cannone.
Livello dopo livello, i mezzi nemici diventano sempre più difficili da sbaragliare e sempre più arzigogolati e inverosimili: dagli elicotteri che cominceranno già a svolazzare a partire dal secondo livello si passa a vere e proprie macchine sci-fi quali robottoni da guerra. Insomma, se c’è un elemento del titolo che si può considerare addirittura lodevole, quella è la varieta dei nemici.
Non mancano gli ‘ostacoli ambientali‘ quali fastidiose folate di vento, che spingono tanto noi quanto i nemici fuori dall’arena, e pozzanghere d’olio, che ci rendono difficile il controllo dei movimenti, facendoci rischiare sia di cadere giù dal bordo arena che di sprecare colpi.
Accanto alla Story Mode c’è la classica modalità arcade infinita, da giocare sia in singolo che in co-op locale, ed quattro modalità multiplayer in duello locale: ‘The Gap‘, dove a dividere i fino a quattro possibili giocatori c’è uno spazio vuoto; ‘Simple Field‘, un’arena semplice con qualche elemento scenico a fare da ostacolo naturale; ‘Oil Leak‘, ancora una volta un’arena classica ma con una pozzanghera d’olio al centro che si allarga sempre più man mano che il tempo scorre; infine ‘Tankball‘, la più particolare, che strizza l’occhio a titoli come l’ormai cult ‘Rocket League‘.
Tutto scorre, ma qualche spigolo di meno non avrebbe fatto male
Se non fosse un motore open source, potremmo dire che la dicitura Made with Unity che campeggia all’avvio di ogni titolo realizzato con il suddetto sia obsoleta. Questo perché ormai osservare l’aspetto degli spigolosi modelli 3D con esso creati è sufficiente a riconoscerlo. Vero è anche che esistono tanti titoli sia 2D che 3D creati con Unity che possiedono un’estetica egregia, al contrario di altri popolati da sgradevoli personaggi privi di volto.
Ora, Saffron Fields si può considerare come un caso a metà, nel senso che sebbene l’estetica non sia particolarmente ispirata, il design degli avversari e un po’ meno quello degli ambienti è abbastanza gradevole. Inoltre va encomiata l’assenza di bug di sorta, con un ottimo lavoro di ottimizzazione per quanto riguarda gli input, estremamente precisi (a tasto premuto corrisponde movimento).
Notevole anche il comparto sonoro sia a livello tecnico che artistico, per quanto i brani dalle sonorità mediorientali e indostane che compongono la colonna sonora non siano state realizzate apposta per il gioco (se ne vedono infatti titoli ed autori a bordo schermo ogni volta che il brano cambia).
Quello che taglia davvero le gambe all’esperienza è l’impossibilità di giocare utilizzando un controller, che rendere il tutto più agevole e preciso (il sistema di controlli è infatti minimalista: le quattro frecce per i movimenti e i tasti Z e X per saltare e fare fuoco).