Grazie a Wako Factory e Hound Picked Games, arriva su Nintendo Switch la Definitive Edition di Samurai Riot ed è subito un ritorno ai vecchi cabinati di un tempo. Sì, perché Samurai Riot è essenzialmente un normale picchiaduro in 2D arcade a scorrimento laterale. Riuscirà questo ritorno al passato a regalare ore di divertimento? Scopriamolo insieme con la nostra recensione per Nintendo Switch!
Samurai Riot: è una questione di scelte
Le scelte sono fondamentali nella trama di Samurai Riot. Saremo onesti: la trama non è un capolavoro ed è anche abbastanza prevedibile ma s’impegna. Il gioco, infatti, offre diversi finali e un sistema di scelte interne abbastanza intrigante. Dopo aver sconfitto il boss di turno, infatti, saremo posti dinanzi a una decisione con tanto di motivazioni e prevedibili conseguenze (tutte in inglese). Ma approfondiamo insieme il canovaccio narrativo…
La prima scelta a cui il gioco ci porrà è quella del personaggio da controllare: Tsurumaru il samurai o Sukane la ninja con la sua fedele e aggressiva volpe? Quale che sia la scelta, entrambi i personaggi seguiranno le vicende della storia, essendo il titolo studiato principalmente per fornire un’esperienza cooperativa locale. Ed è in co-op che il gioco guadagna punti e fascino, anche legato alla trama. Le scelte, infatti, verranno eseguite in modo autonomo e in caso di decisioni opposte, partirà un duello! Chi vince, decide.
Gameplay
Lo diciamo subito: Samurai Riot non inventa o innova niente. Non vuole farlo e per gli amanti del genere, forse è giusto così. Il sistema di combattimento è molto classico: si menano fendenti, ci sono mosse più lenti e decise, c’è la possibilità di parare e attraverso una barra che si riempie, è possibile anche attivare una serie di combo automatiche e decisamente potenti. Inoltre, è nuovamente la co-op a offrire qualcosa in più, grazie all’esecuzione di combo ancor più soddisfacenti.
Il gioco è tutto qui, si va avanti, si sterminano nemici quasi tutti uguali tra loro, si arriva al boss e infine si fa una scelta. La durata è modesta ma purtroppo… il tutto rischia di stancare facilmente. Nonostante i finali alternativi e la curiosità di vedere cosa succede se si fa un’altra scelta, è difficile rivedersi ad affrontare gli stessi livelli ancora e ancora. Soprattutto se lo si affronta da solo. In single player il gioco diventa noioso velocemente, offrendo tutto quello che ha praticamente subito e rendendo l’avventura poco accattivante. Per fortuna, la modalità portatile di Nintendo Switch regala un’occasione perfetta. Giocare a Samurai Riot sul treno o in attesa dell’autobus è perfetto! Menare fendenti è un ottimo modo per ammazzare il tempo.
Approfondiamo ora il sistema di combattimento che, come facilmente immaginabile, cambia a seconda del personaggio (e non solo). Tsurumaru è tra i due protagonisti, quello più classico. Oltre ai colpi di spada (più veloci), ha a disposizione un poderoso calcio (più lento) e delle granate che possono regalare diversi vantaggi (se s’impara a lanciarle bene). Sukane, invece, ha una lama con catena, le proprie mani (con cui sferra dei bei ganci) e infine c’è lei, la volpe (da non sottovalutare). L’unione dei due personaggi su schermo, con le rispettive mosse, può regalare piacevoli momenti di caos anche esteticamente gradevoli da ammirare.
Ma non finisce qui, inizialmente il gioco ci fa anche decidere una scuola di combattimento che va a influire sulle statistiche del nostro personaggio anche se in parte comunque marginale. Inoltre, grazie alle monete conquistate sul campo distruggendo cose o annientando nemici, è possibile acquistare ulteriori stili di combattimento. Da evidenziare che, purtroppo, le differenze non sono così evidenti e si tenderà prevalentemente a utilizzare un unico set.
Grafica e sonoro
L’impatto grafico iniziale con Samurai Riot è positivo. Lo scenario è pulito, i personaggi sono molto colorati e più o meno quasi tutto funziona bene. Il problema è che questo “tutto” si ricicla all’infinito. I nemici sono troppo simili tra loro, con poche modifiche (spesso legate a un cambio di colore). Anche le animazioni non sorprendono molto e alcune risultano anche poco credibili. Discorso simile per il sonoro che diventa presto monotono e ripetitivo.