Sviluppato e pubblicato da Ebb Software in sinergia con Kepler Interactive, Scorn è un horror in prima persona infarcito da enigmi ambientali e con anche una struttura da sparatutto (qui trovi una nostra occhiata al gameplay). Noi abbiamo affrontato gli orrori di questo stravagante mondo su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione!
Scorn -un mondo di orrori pulsanti
Scorn è prima di tutto un’esperienza. Un’avventura, un viaggio, soprattutto visivo, fatto di lunghi momenti silenziosi, di sofferenza, di sangue, di carne che penetra carne in un dedalo pulsante che compone un mondo misterioso, un universo “altro” che difficilmente possiede un’unica traduzione ma che, anzi, grazie al suo fascino, ai detti e non detti, offre un percorso individuale che ognuno vivrà a modo suo, lasciandosi ammaliare, disgustare, allontanare e avvicinare.
Scorn narra di un umanoide che si risveglia. Che sia una nascita o un semplice risveglio, all’utente interpretarlo. Quello che ti basti sapere, è che il nostro scopo è andare avanti. Banalmente, dobbiamo proseguire. Siamo in un mondo che racchiude tutti gli orrori di un titolo che non vuole spaventare realmente. Le creature, di scarso numero e dall’appeal non di certo terrorizzante, non sono lì per farci saltare dalla sedia. Non ci sono jump scare, ma l’orrore è ovunque intorno a noi.
Siamo circondati da qualcosa che non capiamo, da rumori di fondo che non riusciamo a localizzare, da mani che ci squartano lo stomaco, da una sofferenza che aumenta di passo in passo. Siamo deboli, nonostante le armi. Siamo soli, in un mondo apparentemente desolato, fatto di giganti che piangono, statue che narrano di un amore freddo e di tubi che si infilano sotto la carne. Corpi che sanguinano ma che, nonostante il dolore, devono sanguinare. Devi soffrire.
Scorn non è un racconto facile, non è assolutamente per tutti eppure è unico nel suo genere. Ti offre una storia, macabra e opprimente, senza alcuna parola, senza una linea di testo. Hai tutto da interpretare, da guardare, da smarrirti. E noi ci siamo persi tantissimo. Che sia da affacciati ad ammirare un orizzonte stranamente luminoso e vuoto, sconfinato, al perderci letteralmente (il gioco non ha un sistema di mappe e va bene così) fra dedali di corridoi tutti simili eppure diversi.
Scorn è un’opera certosina, non perfetta ma che ha occhi per i propri dettagli, che sa cosa vuole far provare all’utente e che sì, deve tantissimo a David Cronenberg, martoriando corpi, fondendoli, plasmandoli, trasformandoli, torturandoli, eviscerandoli. E la cosa bizzarra è che da quell’orrore è difficile staccare gli occhi, di abbandonare il protagonista non ci si riesce nonostante sia quasi impossibile empatizzare con qualcosa che non capiamo, non subito. e sì, ci sono messaggi, c’è filosofia, c’è narrazione della vita e della morte. C’è molto a patto di saperla guardare, di adattarsi a quel mondo, a quel orrore fisico, fantascientifico, oscuro e affascinante.
Esplorazione viscerale
Scorn è un’avventura in prima persona con anche una struttura da sparatutto. Ciò che faremo di più, sarà muoverci di esplorare. Il titolo non insegna nulla. Non c’è alcun tutorial. Sta solo a te scoprire cosa puoi fare, come attivare una leva, cosa dover concatenare per aprire una porta e così via. Scorn mette alla prova il tuo intuito, il tuo sguardo e sì, all’inizio ti ritroverai a girare a vuoto. Devi semplicemente conoscere il luogo, capire come funzionano quei macchinari dove, letteralmente, infili le dita.
Ed è affascinante, una volta capito come funzionano i meccanismi, la soddisfazione emerge. Quando concateni i macchinari, quando tutto va al suo posto in quel sistema carnale spietato, tu sei soddisfatto. E c’è di più, alcuni enigmi hanno più soluzioni, da scoprire e sperimentare in più run (il primo, tra l’altro, ha un doppio trofeo per te). Ma i macchinari da apprendere non sono solo esterni ma sei anche tu stesso.
Il protagonista si plasma di continuo che sia per impiantarsi una chiave sul dorso della mano o trasportare con sé una piccola creatura che trasporta energia e munizioni. Sì, addosso al tuo corpo, guardando in basso, avrai il tuo inventario. Niente menu in cui navigare. è tutto addosso a te. La stessa arma, dotata di un’impugnatura viva che è assetata di nuove bocche da fuoco, è sempre con te. E parlando di armi, Scorn è uno sparatutto estremamente lento e da affrontare in modo cauto ponderato pensa innumerevoli game over.
I nemici non sono intelligenti e neanche tanti ma fanno male. Gli spazi sono stretti e tu sei solo. L’arma, come detto, si ricarica molto lentamente. Cambiare bocche da fuoco, richiede tempo. I proiettili, ottenibili da meravigliosi macchinari, sono rari e limitati. La stessa energia, recuperabile da altri macchinari, è abbastanza scarsa. Bisogna quindi capire quando attaccare, chi e come. Potrai anche semplicemente tentare una fuga o aspettare che i nemici tornino nelle loro viscide tane sanguinanti.
I combattimenti, quindi, non esaltano ma sono funzionali al racconto, creano la giusta ansia, regalano la giusta impotenza in un crescente sentito e appagante. Inoltre, c’è solo un vero boss in Scorn e sì, funziona discretamente bene. Ma, come detto, il fiore all’occhiello sono gli enigmi, vari, ben riusciti, perfettamente parte di un mondo malato e macabro. Peccato solo che il viaggio non duri molto (dalle 5 alle 7 ore) e che molti non detti non piaceranno. Personalmente abbiamo gradito entrambe le cose, considerando anche il ritmo abbastanza lento dell’intera opera.
Grafica e sonoro
Graficamente Scorn vince per l’atmosfera. No, non è graficamente perfetto ma ciò che mostra a schermo, forte dell’immaginario pittorico di riferimento, è coeso, a suo modo unico, vivo e funzionale alla narrazione stessa. La storia è un susseguirsi di scenari pulsanti e macabri, di arnesi da penetrare e modificare, sbudellare, sviscerare, conoscere e utilizzare per il nostro, ignoto, scopo. Quindi sì, nonostante alcuni dettagli sfocati ed elementi riciclati, la grafica in Scorn funziona perfettamente.
Il sonoro è ben curato, dettagliato, vario. Ci sono silenzi ma sono usati in modo intelligente. Niente doppiaggio ma urla strazianti e disumane. Versi mostruosi di creature non molto spaventose. Pianti soffocati in rauchi echi di creature senza identità. Infine sì, il titolo presenta i sottotitoli in lingua italiana ma i testi a schermo sono decisamente pochi. (se non nulli).