Il titolo d’avventura indie, Sea of Solitude è stato sviluppato dallo studio tedesco Jo-Mei Games e mostrato in occasione dell’E3 di Electronic Arts del 2018.
Il gioco si basa su esperienze di vita reale, raccontate e trasposte in forma videoludica. Kay, la protagonista, si ritrova immersa nel mare della sua solitudine che ricopre come una bolla tutti i suoi ricordi, la sua disperazione, le occasioni mancate, i suoi errori.
In Sea of Solitude il giocatore avverte spesso la sensazione di essere immerso in una bolla interiore, si sente in balia delle onde e si immerge nell’inquietudine della protagonista, costantemente sola. La solitudine genera mostri, ognuno di noi può diventare il mostro di se stesso, un piccolo pezzo di sé che si stacca e che non riconosciamo. La storia di Kay, si intreccia con quella del fratellino vittima di bullismo e dei genitori intrappolati in un matrimonio infelice che li porta a soffrire. Ognuno di loro riesce ad affrontare le sue paure e a liberarsi del fardello della propria disperazione.
I rimandi e le similitudini
“Guardò il mare e capì fino a che punto era solo, adesso. Ma vedeva i prismi nell’acqua scura profonda, e la lenza tesa in avanti e la strana ondulazione della bonaccia. Le nuvole ora si stavano formando sotto l’aliseo e guardando davanti a sé vide un branco di anatre selvatiche stagliarsi nel cielo sull’acqua, poi appannarsi, poi stagliarsi di nuovo, e capì che nessuno era mai solo sul mare.” Il Vecchio e il mare, Ernest Miller Hemingway.
È innegabile che Sea of Solitude sia un titolo ricco di rimandi, simboli e similitudini. La presenza del mare rimanda alla solitudine. Un un viaggio interiore in silenzio e contemplazione. Il mare può essere calmo e soleggiato, trasparente o sporco, mosso e agitato esattamente come avviene nell’animo umano, nella mente che contiene una complessità di emozioni e sentimenti. Una bellissima metafora per indicare un viaggio interiore nelle profondità nella coscienza.
L’alta marea ricopre tutto, ogni ricordo, ogni emozione. Non si riesce a pensare, a nuotare, a respirare e neanche gridare. Ci si sente persi e spaesati perché è lì che sguazzano le nostre più profonde paure, pronte a divorarci. Tutto questo in Sea of Solitude è rappresentato molto bene dal “mostro donna” che è una costante nel titolo e che nuota con l’ossessione di mangiare Kay.
Il titolo presenta anche attività secondarie come il poter scacciare i gabbiani appollaiati in varie zone della mappa che rimandano alla libertà esattamente quella espressa nel Gabbiano Jonathan Livingston: “Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a render così breve la vita d’un gabbiano.”. Una libertà pura, guadagnata, sospirata e finalmente ottenuta.
I mostri nel titolo sono i protagonisti stessi, avvolti dall’oscurità delle loro paure, debolezze, preoccupazioni, dolori, rimorsi e rimpianti. La solitudine deforma, cambia e trasforma fino a quando siamo noi stessi a diventare ombre, a farci paura. Questo concetto è illustrato con semplice efficacia nel gioco e quando un protagonista si ricongiunge a se stesso e si abbraccia in un’equilibrio interiore, torna “umano”. E dunque cosa bisogna fare per tornare umani? Rifiutare le proprie paure? Rifiutare le proprie debolezze, passato ed errori? La risposta si svela alla fine di Sea of Solitude, in base al lungo percorso che l’autrice ha dovuto percorrere per tornare nella sua umanità.
La ragazza luminosa che accompagna Kay durante tutto il percorso potrebbe rappresentare un parte dell’identità della protagonista che sopravvive al buio della sua solitudine e che la guida nel suo viaggio di redenzione anche se alle volte non sarà presente in alcuni momenti specifici della storia.
Un gameplay semplice ma efficacie
Le meccaniche di gioco in Sea of Solitude sono davvero molto semplici. Come in Life is Strange anche in questo caso il gameplay risulta più da contorno, fa da cornice veicolando un messaggio importante. Si configura come un viaggio raccontato attraverso un controller in modo tale da rendere il giocatore partecipe delle sensazioni vissute dalla protagonista. Un racconto interattivo in cui l’utente possa rispecchiarsi, immergersi e verso cui possa entrare in empatia.
Sea of Solitude non colpisce per le sue meccaniche di gioco, il suo valore risiede nella narrazione trattata e nella raffigurazione delle emozioni provate da Kay che scuotono il giocatore.
L’ambientazione come specchio dell’animo umano
Gli ambienti nel titolo rispecchiano perfettamente i turbamenti dell’animo umano in tutta la loro complessità. Si passa da paesaggi soleggiati e sereni a tempeste burrascose, spesso in modo repentino ed altre in modo molto più soft. Alle volte si intravede dell’espressionismo negli sfondi, come se si deformassero per dare parola ai sentimenti della protagonista, come se diventassero essi stessi espressione dell’inquietudine di Kay.
La grafica in Sea of Solitude è come una pittura fresca, le immagini cambiano rapidamente a seconda delle emozioni che l’autrice vuole trasmettere.