Sviluppato da KOEX Studio e pubblicato da Eastasiafot Limited, Seduction: A Monk’s Fate è un particolare videogioco d’avventura con tinte horror, pieno di soprannaturale e con diversi rompicapo da risolvere. Tra eventi inspiegabili, atmosfere inquietanti, una trama confusa, enigmi non sempre intuitivi e un sistema di comando estremamente minimal, questo breve titolo può regalare piacevoli sorprese. Noi lo abbiamo completato sulla nostra Nintendo Switch e siamo pronti a condividere la nostra recensione. Abbraccia la tua fede e preparati a sprofondare negli orrori del mondo!
Seduction: A Monk’s Fate – tra fede e paure
Seduction: A Monk’s Fate narra le vicende di un monaco e del suo monastero. Qui i segreti inizieranno a venire a galla e il protagonista si ritroverà più volte a vacillare. Stretto alla sua fede e a ciò che crede reale e giusto, percorrerà una via costellata di sangue e orrori indicibili che gli flagelleranno l’anima. Seduction: A Monk’s Fate non è una storia chiara, anzi, il plot può essere considerato superficialmente banale ma in realtà affronta tematiche profonde, scavando a fondo nelle azioni umane – anche le più scabrose – che vengono giustificate da fede o credenze mal interpretate o semplicemente adattate per scopi personali.
Seduction: A Monk’s Fate dura poco, si può finire in un pomeriggio ma lascia il segno. Ancora una volta, non lo fa con la storia in sé ma con una miscela d’immagini ed eventi che riescono a sorprendere di volta in volta. La durata breve di ogni livello funziona discretamente bene, considerando anche la lentezza generale del titolo. Il ritmo, infatti, è molto compassato ma l’atmosfera (tra grafica e audio) mantiene il giocatore in – quasi – costante allerta.
Gameplay
Seduction: A Monk’s Fate ha un gameplay minimal, semplice eppure d’impatto, unendo una classica avventura con rompicapo ambientali a fasi QTE improvvise e che fungono anche da ottimi jump scare. Ma Procediamo con ordine… L’avventura del monaco è composta da una serie di livelli bidimensionali in cui il protagonista, bidimensionale anche lui, può muoversi esclusivamente a destra o sinistra. Ci sono però delle eccezioni, in alcuni casi appare una porta bianca e questa ci porterà a un altro piano del livello. Dobbiamo ammettere che questo elemento, visivamente parlando, è poco comodo, se non proprio confuso.
Praticamente, complice anche i molti e confusi elementi a schermo (composti da oggetti non sempre ben definibili) e un corposo numero di ombre, non si capisce benissimo dove stiamo andando e quando si passa effettivamente all’altro “stage” del livello (di solito basta andare in fondo a destra o sinistra, salvo i casi delle già citate “porte”). Per fortuna, il gioco prova a risolvere questo problema con un sistema d’indicatori che appaiono solo quando si è in prossimità di un elemento da controllare o di una “porta” da attraversare. Tali indicatori sono piccoli e bianchi e quindi risaltano abbastanza bene dal resto degli elementi. Considerando inoltre il lento incedere del protagonista, è difficile non notarli.
Bisogna abituarsi al mondo tetro e oscuro di Seduction: A Monk’s Fate anche perché nasconde chicche deliziose, tra il macabro e disgustoso. E in questo miscuglio di orrori – anch’essi non sempre ben definiti – si celano oggetti da raccogliere e indizi da decifrare. Per superare il livello, saremo chiamati a incastrare oggetti, risolvere percorsi, decifrare indizi come una sorta di avventura grafica. Gli enigmi non saranno mai troppo complessi se non fosse che non è sempre chiaro dove trovare qualcosa o cosa fare per sbloccare il determinato oggetto. Indizio: prova a pregare.
Tra le azioni del protagonista, infatti, c’è la preghiera. Tenendo premuto un tasto, il personaggio si fermerà e un’aura luminosa inizierà ad avvolgerlo e ad espandersi. Pregare svela gli inganni del livello e così un serpente aggressivo si trasforma in corda o una donna gracchiante impiccata diventa uno scheletro silenzioso e ciondolante. Il gioco ti spinge a cercar da te il momento giusto per pregare, i misteri da svelare e soprattutto, gli oggetti da combinare. La sfida è questa e riesce a essere appagante salvo alcuni casi in cui ti ritroverai a fare avanti e indietro più e più volte cercando disperatamente un’intuizione – e pregando un po’ qua, un po’ là.
Ma come si può ravvivare il lento incedere di un monaco perso il livelli orrendi e tra enigmi non sempre intuitivi? Semplice: inserendo dei QTE improvvisi e letali. Esatto, all’improvviso, mentre avanzi tranquillo tra steppaglie spinose ecco che una mano demoniaca scende dall’alto per schiacciarti. Il tempo si rallenta, i colori sfumano in tinte di grigio e tu sei chiamato ad eseguire la combo di comandi giusta per poter schivare e salvarti. Questo funziona, soprattutto le prime volte. Certo, a lungo andare potrebbero diventare monotoni o prevedibili – soprattutto se ti ritrovi a far avanti e indietro più volte nello stesso percorso – ma l’idea è buona e funziona, spezzando efficacemente il ritmo.
La rigiocabilità del titolo è praticamente nulla, i segreti da scoprire son tutti lì e sono assenti eventuali collezionabili. Il gioco, inoltre, si presta bene sia in modalità doc che, soprattutto, in portatile. In quest’ultima però, consigliamo di ingrandire al massimo i sottotitoli (totalmente e unicamente in inglese).
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Seduction: A Monk’s Fate ha alti e bassi. L’atmosfera malata e cupa funziona discretamente bene. Le creature fanno il loro dovere nonostante la povertà grafica. Alcuni livelli hanno troppi elementi confusi a schermo e il character design dei monaci è anonimo e brutto ma nel complesso, il titolo si difende comunque abbastanza bene, offrendo la sua buona dose di inquietudine per quasi tutta la durata dell’esperienza.
Il sonoro è usato con furbizia, alimentando la tensione e impreziosendo le location con la giusta nota di orrore sonoro. Non è invasivo, non è fastidioso e collabora perfettamente con gli altri elementi, garantendo un’esperienza armoniosa e straniante.