- Che richiede notevole sforzo, abilità, attenzione, applicazione mentale: un progetto, un compito, un lavoro d.; un’impresa d.; testo, discorso d., di faticosa interpretazione; musica d., a capirsi o a eseguirsi; domanda d., cui non è facile rispondere; problema, questione d., apparentemente senza possibilità di soluzione.
In base alla definizione appena data, Sekiro: Shadows Die Twice, ultimo genito in famiglia FromSoftware, avventura dinamica picchiaduro comunemente affiliato alla famiglia dei Souls Like, ambientato nel Giappone dell’epoca Sengoku, che vede come protagonista uno Shinobi in cerca di vendetta di un clan rivale per aver rapito il suo signore, dovrebbe possedere caratteristiche tali da essergli valse l’appellativo di difficile. Ma cos’è la difficoltà?
-
La presenza di motivi o circostanze che si frappongono al regolare svolgimento o conseguimento di qualcosa: la d. di un lavoro, di un’impresa; nello sport, può rappresentarsi con un numero.“coefficiente di d.”
-
Ostacolo di qualsiasi natura.“procedere in mezzo a mille d.”
Sekiro: Shadows Die Twice quindi dovrebbe possedere elementi che rendono apparentemente impossibile il raggiungimento dell’obiettivo previsto dal gioco. Elementi che effettivamente esistono in Sekiro, ma che allo stesso modo sono presenti in ogni altro gioco che finora abbiamo visto o giocato. E allora perché la presunta difficoltà di Sekiro è divenuta un elemento principale quando s’intraprende una discussione sul suddetto titolo?
Eppure c’è così tanto di cui poter parlare su Sekiro: le ambientazioni, che rispetto agli altri titoli di FromSoftware, così tanto paragonati al loro ultimo gioco, sono in realtà meno opprimenti, dove la morte è una costante irrinunciabile, ma la sensazione d’angoscia non è così avvertita. Gli scenari cupi e desolati che si perdono in lande vuote che sfocano all’orizzonte dei precedenti Dark Souls, hanno lasciato il posto a campi di battaglia polverosi ma comunque maggiormente definiti e nitidi, che si sviluppano per verticalità piuttosto che in estensione e che permettono di sfruttare quanto a nostra disposizione per avere, a volte, un vantaggio tattico sul nemico. Ecco quindi che viene rivelata la prima caratteristica in Sekiro che ci fa capire che forse, non stiamo parlando di un titolo così punitivo come lo erano i Dark Soul, anche se qui, pur avendo maggiori possibilità di approccio nei confronti degli avversari, bisogna saperle sfruttare alla perfezione per non vanificare la superiorità tattica guadagnata.
Non ce la farai mai a battere i boss
Quante volte hai detto di voler giocare a Sekiro: Shadows Die Twice e quante volte ti è stata detta questa frase? E allora arrivato a casa, hai acceso la tua console o il tuo PC (mi spiace se fai parte del primo caso), ti sei messo davanti a Sekiro e hai giocato, senza incontrare troppa resistenza, fino ad arrivare al famoso primo mid-boss. Reduce dall’essere messo in guardia da chi ti parlava di quel primo nemico insormontabile, quasi inizi a pensare che forse non sia quello di cui ti parlavano tutti, visto che dopo aver preso le botte una prima volta, già alla seconda sei riuscito a farlo fuori. E così ti ritrovi a raccontare il giorno dopo di come tu sia riuscito in quest’impresa senza troppi sforzi, quasi vantandoti del tuo operato.
Ma ancora prima che tu possa raccontare delle tue gesta, quella stessa persona che fino a ieri ti parlava del mid-boss come un blocco insuperabile di Sekiro, adesso te ne parla come di qualcosa di semplice tutto sommato, qualcosa che ormai tutti possono fare e che di video su YouTube di gente che sconfigge il mid-boss è pieno e che per renderti conto della vera difficoltà del gioco, devi affrontare l’orco incatenato.
La vera sfida deve ancora arrivare
Sei di nuovo lì, joypad alla mano in cerca di questo nuovo nemico invincibile da affrontare, di questa sfida insuperabile che nessuno finora aveva mai affrontato e che ti darà così tanto filo da torcere che forse rinuncerai perfino a proseguire in Sekiro: Shadows Die Twice. Il gioco, ancora una volta, ti consente di proseguire senza troppa difficoltà verso il tuo nuovo obiettivo e quasi senza accorgerti, sei al prospetto dell’orco incatenato. Accidenti, è proprio grosso, è cattivo ed è incatenato, deve essere per forza lui. La lotta ha inizio, hai già esperienza come videogiocatore e non ti lasci sorprendere facilmente dagli attacchi, soprattutto se dopo averlo schivato o parato la prima volta, capisci che ogni volta che esegue quell’attacco, lo precede con un determinato movimento. Assimilare il move-set, ossia l’insieme delle mosse del tuo avversario, ti costa caro per le prime volte ed effettivamente cominci a pesare che forse, stavolta, dovrai realmente rinunciare a proseguire.
Ti accorgi improvvisamente, che la battaglia che inizialmente ti sembrava non avere altro epilogo che la tua disfatta, dura sempre di più e dopo le prime due o tre volte che sei caduto sotto gli attacchi del tuo nemico, riesci a prevedere e anticipare ogni sua mossa e così, colpo dopo colpo, tra un parry e una schivata, riesci ad affettare l’ennesimo ostacolo, presunto insormontabile, che Sekiro: Shadows die Twice aveva messo tra te e il tuo obiettivo.
E la stessa storia si ripete: “l’orco incatenato è facilissimo, c’è un tizio su YouTube che lo batte in pochissimi secondi, aspetta di arrivare dal boss a cavallo e vedrai…”
Sekiro: Shadows Die Twice è davvero facile
Nel mondo dei videogiochi, specialmente negli ultimi anni, ci sono degli elementi per i quali, ancora prima che il gioco possa approdare sui nostri PC o console, venga già criticato o elogiato, ne venga stabilito l’indice di gradimento o il livello di difficoltà, ne venga determinato il valore, le possibilità e molto altro, senza effettivamente aver provato il titolo o addirittura semplicemente avendone solo visto qualche video o sentito solo parlare.
Per Sekiro, l’isteria che ha preso tutti i non giocatori che ne parlano come il gioco più difficile mai esistito, equivale all’hype che prende tutti quelli che elogiano un gioco ancora in fase di sviluppo e ne parlano come un capolavoro, come un titolo da 10 su 10, senza effettivamente averne mai testato personalmente le qualità.
Te ne rendi conto quando in Sekiro sei capace di sconfiggere tutti i boss e i mid-boss semplicemente memorizzando i loro move-set e rispondendo con parate e schivate al momento giusto, sferrando il colpo fatale sul tuo nemico. Te ne accorgi quando, a ogni nuova sfida superata, te ne viene posta una nuova come più difficile o addirittura insuperabile, ma che si rivela schematica come la precedente: assimila il moveset, schiva, para, affonda e così via.
C’è però un elemento che ti fa capire che Sekiro è un gioco facile e sta in quella persona che ogni volta che senti, torna a dirti che l’ennesimo boss che hai sconfitto è facile, perché su YouTube c’è gente che l’ha già battuto con apparente facilità. Quella persona è la stessa che fin dal primo mid-boss ti aveva detto che avresti abbandonato il gioco e quando torni da lui per dirgli che hai sconfitto il boss finale e a chiedergli in quanto tempo lui lo abbia finito, la risposta che ricevi è:
“ah ma io non ce l’ho il gioco… Guardo solo gameplay”
Ma Sekiro… È difficile oppure no?
Sekiro è normalmente difficile per le prime volte che si affronta un mid-boss o un boss, come qualsiasi altro gioco abbia dei boss nel proprio gameplay, ma solo per chi lo gioca veramente, ossia con un joypad in mano davanti al proprio PC o console.
La difficoltà di Sekiro: Shadows Die Twice è innegabile, anche se si tratta più di frustrazione che di reale richiesta di abilità. La difficoltà di Sekiro è sulla bocca di tutti perché il gioco è stato presentato così, non perché sia effettivamente tanto più difficile di qualsiasi altro gioco. Si tratta in realtà di un meccanismo che esiste solo nella mente di chi non ha mai preso un joypad in mano per provare ad affrontare quelle stesse cose delle quali ne parla come difficili e insuperabili e lo vivono solo tramite gameplay. Ma è proprio nella loro mente che Sekiro diventa poi un gioco facile: ogni volta che quel mid-boss o quel boss vengono sconfitti, nella loro mente diventa facile e spostano la difficoltà verso il prossimo mid-boss o boss, fino a spostarla sull’end-game e quelle stesse persone che parlavano di Sekiro come un gioco difficile, quando vedranno il gameplay di qualcuno che lo finisce, da quel momento avranno l’idea di Sekiro come un gioco facile, andando a sminuire chi realmente ha messo in campo le sue abilità per affrontare il gioco.
Quindi, se vuoi dire che Sekiro è un gioco difficile, almeno giocalo.
Pad alla mano, più che definirlo difficile mi verrebbe da dire intenso. I vari scontri con i mid-boss e boss richiedono parecchio impegno e concentrazione, proprio perchè il gioco è costruito affinchè tu ti difenda invece di scappare e/o riflettere, molto meno “strategic swordplay”. Pertanto penso si possa parlare di intesità.
Sekiro non è difficile, è fatto male e basta, i combattimenti “tutti” sono fatti per essere sconfitti, non c’è tecnica, ma solo frustrazione. Para, schiva, ha un attacco banale, comandi non sempre reattivi, telecamera che va al vento, insomma i difetti tecnici in fase di combattimento, voluti credo, sono dei pregi perchè difficile. Apprezzo la grafica, la paletta colori e la trama (anche se abbastanza scontata), ma il combat system no…
Rispetto la tua (sacrosanta) opinione personale ma, mi viene da dire a questo punto che, se Sekiro è fatto male allora i Souls sono fatti peggio! Sekiro non è fatto male (si, ci sono comunque dei difetti oggettivi), e di certo non è studiato per sconfiggerti ad ogni passo. Ti impone solamente di giocare bene. Tante volte contro i boss ne sono uscito vincitore al primo incontro. Se vieni sconfitto sempre, semplicemente, cerca di giocare meglio di come stai facendo. Che poi non ti piaccia il combat system è un tuo gusto personale e non criticabile, ma quello è un aspetto di design che a te non piace, non è un difetto tecnico. From Software l’ha studiato così e, se il giocatore non si incaponisce a giocarlo come un SoulsBorne (perchè NON è un Souls), funziona.