Sviluppato da Suzaku Games e pubblicato da EastAsiaSoft, SENSEs: Midnight è un survival horror in 3D fortemente ancorato (anche troppo) ai classici del genere. Dopo aver recensito la versione per PC (qui trovi la nostra recensione), siamo tornati a investigare gli orrori di un parco misterioso e oscuro su Nintendo Switch e questa è il nostro parere. Pronto a impugnare il tuo smartphone? Si va online!
SENSEs: Midnight – a caccia di spettri in DaD
La trama di SENSEs: Midnight non brilla per profondità o clamorosi colpi di scena ma riesce, a suo modo, a regalare un’atmosfera ben riuscita e a raccontare una storia che, seppur breve, risulta comunque gradevole ed efficace. In breve, impersoniamo Uesugi Kaho, una procace studentessa universitaria che fa parte di un club scolastico dell’occulto. Ed è proprio assecondando la sfida dei membri del club che le disavventure di Kaho prendono inizio.
La sfida in questione è quella di indagare sulla leggenda della “Porta di Mezzanotte” situata all’interno del parco abbandonato di Ikebukuro. La nostra eroina non se lo fa ripetere due volte ed eccola quindi affrontare, da sola, l’oscurità che avvolge l’intero parco. Nel giro di una manciata di minuti, la situazione degenera velocemente e ben presto ci ritroveremo dal confermare una leggenda all’affrontarla per cercare di uscirne vivi.
Come detto, il canovaccio non brilla quasi mai, risultando abbastanza trito e ritrito. Ma il folklore giapponese ha sempre il suo innegabile fascino e, complice una location abbastanza ispirata anche se inizialmente anonima, riesce nel suo piccolo a regalare un’esperienza almeno un pochetto “ansioggena”. Quello che però merita attenzione è come la protagonista interagisce con gli altri membri del club: tramite chat online direttamente dallo schermo del proprio device.
Esatto, ogni tanto il gioco entra in pausa per mostrare lo schermo dello smartphone e far scorrere frasi, emoticon, battute più o meno serie, suggerimenti di gioco, indizi e quant’altro. La tecnica funziona molto bene e questa sorta di investigazione stile DaD da parte degli altri membri crea situazioni abbastanza divertenti (d’altronde ricevere consigli, se non proprio ordini, da chi a conti fatti non è presente nel luogo degli eventi crea siparietti di tutto rispetto). Abbastanza appaganti anche i bisticci che nasceranno stesso nel gruppo e la possibilità di memorizzare chi è chi unicamente dal suo avatar (come in una vera chat di gruppo).
Come muoversi (male) nel parco
Ma bando alle ciance, è tempo di scoprire come sopravvivere in SENSEs: Midnight. Ebbene, il vero mostro del gioco è il gameplay. Parliamo di un sistema di movimento così detto “a carro armato”, che fu croce e delizia dei titoli delle vecchie generazioni. Ecco, oggi, un sistema del genere, trasportato di peso con tutti i suoi difetti e a sua volta indebolito da un sistema di telecamere fisse atroce (e che approfondiremo), è impensabile.
Ludicamente parlando, SENSEs: Midnight è un titolo che rende difficile muovere la protagonista su schermo. Ti ritroverai più volte a camminare nella direzione sbagliata, a fermarti per cercare di ruotare bene la povera studentessa, sfruttando lo zoom nel disperato tentativo di capire dove accidenti stai andando. Insomma, l’esplorazione, che dovrebbe essere il cuore pulsante del titolo, risulta legnosa, frustrante e lentissima.
La telecamera, come accennato, è fissa. O meglio, tu non puoi controllarla il gioco… sì. E prova a mutare di continuo, cambiando visuale man mano che ci spostiamo. Il problema è che non sempre la visuale aiuta a capire dove siamo e i cambi di prospettiva repentini creano una confusione non da poco (alimentata dalla mancanza di una mappa liberamente accessibile). Inoltre, al cambiare della telecamera, spesso e volentieri muta anche la direzione della protagonista che andrà così a muoversi da tutt’altra parte.
Credici se ti diciamo che ci siamo trovati spesso a rimbalzare, involontariamente, tra una schermata e un’altra perché non riuscivamo a coordinare i movimenti dell’eroina con la rispettiva schermata. Ma chiariamoci, non è qualcosa d’impossibile. Anzi, col tempo e la dovuta pazienza, si riesce a capire come e quando muovere la povera studentessa ma è una meccanica così vecchia e così poco user friendly che terrà lontani innumerevoli utenti.
Inoltre, con la difficoltà di muoversi ed esplorare, si vanno a complicare anche la ricerca di enigmi e indizi ambientali, costringendoci ad abusare dello zoom in prima persona che, per informazione, blocca il personaggio che non potrà quindi muoversi durante lo zoom. Inoltre, Kaho ha con sé una particolare telecamera che le permette di individuare particolari spettri (percettibili, male, solo tramite particolari suoni).
Ecco, nel gioco ce ne sono diversi da individuare ma è un’attività collaterale, non obbligatoria e che semplicemente non farai perché non funziona (e lo approfondiremo nel paragrafo del sonoro). Altra cosa estremamente discutibile, è l’inventario. Questi ha solo quattro spazi e lo spazio si riempie anche se trasporti una dannata monetina. Questo, considerando la mole, non eccessiva ma comunque elevata, di oggetti da raccogliere e portare in giro, crea un backtracking forzato e noioso che allunga un gioco che potrebbe essere completato in sole due ore scarse.
E che dire delle minacce? Il titolo ha, ovviamente, un elemento horror che funziona anche discretamente bene nella sua messa in scena, regalando ansia e inquietudine in chi è meno abituato al genere. Il problema è che per “scappare” devi muoverti velocemente e ancora una volta, ti abbiamo detto quanto è difficile far camminare Kaho. Inoltre, esistono luoghi in cui ripararsi e placare il respiro, quasi stile Deadly Premonition, ma funziona abbastanza male e con animazioni altrettanto discutibili.
Da segnalare infine alcuni deboli collezionabili e una serie di lore, sparsa in giro e potenziata da documenti e dagli interventi in chat di alcuni personaggi, che regalano un piccolo mosaico tutto sommato interessante. Infine la mappa di gioco. Prima abbiamo detto che non c’è e in parte è vero. Non puoi visionarla quando preferisci ma puoi però usare quelle fisse e sparse in giro nel tetro parco abbandonato (anche se, a essere onesti, risulta comunque confusa e poco utile, nonché per niente pratica).
Grafica e sonoro
Graficamente, SENSEs: Midnight non è malvagissimo. Il 3D utilizzato non brilla per profondità e dettaglio ma crea comunque un’atmosfera funzionale. Il design della protagonista prova ad allontanarsi dall’anonimato ma il suo essere ammiccante e sensuale non la salva completamente. Meglio invece le “creature” che riescono a dare qualche lieve brividino.
Il sonoro funziona a tratti. Ad esempio, quando dovrebbe segnalare la presenza del paranormale, risponde in ritardo o semplicemente non lo fa. E questo ritardo si sente anche nei passi, spesso assenti, della stessa Kaho. Migliori invece le tracce di fondo, gradevoli e non invadenti. Infine, segnaliamo che il titolo è esclusivamente in inglese (assenti sottotitoli in italiano) ma nulla di grave anche se i meno abituati, potranno faticare a seguire la velocità delle chat (che potrai comunque recuperare con calma dall’apposito menù).