Sono ormai trascorse più di tre settimane dall’uscita di Senua’s Saga: Hellblade 2. Il gioco sviluppato da Ninja Theory è uno dei progetti di punta di quest’anno degli Xbox Game Studios, e alla sua uscita ha ricevuto valutazioni più che positive, seppur con qualche eccezione.
La nuova avventura di Senua, infatti, è stata lodata per l’impressionante qualità del comparto audio e della realizzazione grafica. Quest’ultimo elemento, in particolare, ha lasciato critica e pubblico meravigliati: i tech enthusiast di Digital Foundry, ad esempio, hanno definito Hellblade 2 “un gioco capace di ridefinire il concetto di grafica in tempo reale nei videogiochi” proprio per la realizzazione tecnica di altissimo livello.
A ricevere pareri contrastanti è stato, invece, il versante relativo alla giocabilità. Il titolo di Ninja Theory, infatti, per certi versi si mostra più come un’esperienza cinematografica che videoludica in senso classico. Per questo gli sviluppatori hanno realizzato, così come già fatto per il primo capitolo, un gameplay scarno ed essenziale, ma che risultasse funzionale alla narrazione del gioco.
Questa scelta ha incontrato diverse critiche negative da parte di chi si aspettava un maggior approfondimento per quanto riguarda l’esplorazione degli ambienti e il combat system. Nonostante ciò, dal mio punto di vista, il secondo capitolo della saga dedicata alla guerriera celtica rappresenta un’esperienza intensa, viscerale ed estremamente coinvolgente. Hellblade 2 mi ha fatto vivere in prima persona un’avventura tanto oscura quanto meravigliosa, come non mi capitava da molti anni.
Dopo aver ripercorso la storia del primo capitolo, in questo articolo ti racconto alcune delle mie impressioni riguardo a Hellblade 2, servendomi unicamente di foto realizzate durante la mia partita. Il viaggio percorso in questo gioco, infatti, rimarrà impresso nella mia memoria anche grazie alla modalità fotografica presente nel gioco, che permette di immortalare in piena libertà ogni momento della storia di Senua.
L’Islanda non è mai stata così bella (e così aspra)
Il primo aspetto a colpirmi del titolo di Ninja Theory è stata l’ambientazione. Fin dall’inizio dell’avventura ci ritroviamo immersi in ambienti tanto aspri e desolati quanto “evocativi e visivamente stupendi“, come spiegato nella nostra recensione. Gli scenari di gioco sono stati creati utilizzando come modello il territorio islandese, con una lunga opera di scansione dei luoghi e lavorazione del materiale ottenuto. L’attività svolta dallo studio britannico in Islanda è testimoniato da una serie di diari di sviluppo disponibili sul loro canale YouTube.
A impressionare, però, non è la semplice realizzazione dell’ambientazione, ma anche la combinazione di effetti di illuminazione e di condizioni atmosferiche anche estreme. I nubifragi in cui è immersa la protagonista nei momenti in cui è ferita e a malapena capace di rimanere in piedi rendono la sua sofferenza ancora più viva e tangibile, lasciandola impressa anche su di noi. Allo stesso modo, trovare la via di fuga da grotte e caverne e tornare a essere immersi nella luce, così come fermarsi a osservare paesaggi resi indimenticabili da effetti di illuminazione mozzafiato, restituisce un enorme senso di sollievo e di quiete durante l’arduo viaggio compiuto da Senua.
A lasciarmi senza fiato sono state anche alcune sezioni relative agli enigmi ambientali. Durante la fase esplorativa, infatti, troviamo delle sfere in giro per la mappa, che una volta inquadrate possono far comparire o scomparire delle sezioni di ambiente per liberare o creare dei passaggi. I momenti in cui la guerriera celtica osserva alcune di queste sfere e il mondo si capovolge sono sensazionali, sia per la capacità di mettere in scena il dissidio interiore di Senua, sia nella capacità di passare da un ambiente all’altro senza soluzione di continuità e caricamenti, mostrando una volta di più lo straordinario lavoro svolto da Ninja Theory per quanto riguarda la parte tecnica.
Hellblade 2: un nuovo passo verso il fotorealismo
Per ciò che concerne il lato tecnico, oltre agli aspetti esaminati nel paragrafo precedenti c’è un’ulteriore caratteristica che mi ha sbalordito: si tratta della realizzazione dei volti dei personaggi e della loro espressività. Ninja Theory ha mosso un ulteriore, spiccatissimo passo verso il fotorealismo anche in questo aspetto, realizzando animazioni di una bellezza fuori scala ed estremamente dettagliate.
Il lavoro strabiliante svolto dal team di sviluppo britannico si mostra a pieno non solo nel mostrare animazioni facciali estremamente credibili e di qualità elevatissima, ma soprattutto nel vedere la loro dinamicità. Prendiamo come esempio Senua: a seconda della durezza dei momenti vissuti, dell’intensità di un duello o dei sentimenti provati durante il suo viaggio, l’espressione della guerriera celtica cambia repentinamente, risultando sempre coerente e verosimile come, forse, mai era stato visto in un videogioco.
Le battaglie di Senua, tra la vita e la morte
Un altro elemento che ho trovato estremamente evocativo durante il gioco è quello legato alle fasi di combattimento. Il combat system mostra, effettivamente, dei limiti, come la poca varietà di nemici, animazioni situazionali non molto variegate e la decisione di limitare i combattimenti a situazioni di uno contro uno. Bisogna però ricordare che questo non è un action game, e questo tipo di sistema di combattimento risulta estremamente funzionale e galvanizzante rispetto alla modalità scelta dagli sviluppatori per raccontare la storia del titolo.
Le battaglie combattute, infatti, riescono a lasciare sempre il segno mentre si ha il controller in mano. I combattimenti sono viscerali, intensi e profondamente coinvolgenti, e restituiscono a pieno quel senso di “pesantezza” dato dalla fisicità degli scontri e dalla gravità dei colpi. Ogni spadata messa a segno porta con sé una scarica di adrenalina e un senso di tensione incredibili, che fanno provare in prima persona i brividi degli scontri. Allo stesso modo, una ferita inferta dal nemico mi ha fatto immedesimare completamente nel senso di pericolo e sofferenza vissuto da Senua, trovatasi a fronteggiare costantemente situazione al limite tra la vita e la morte.
In particolare, a esaltare costantemente queste sensazioni, sono il duello contro Thórgester, che va in scena nelle prime ore di gioco, e quello che vede contrapposta la protagonista al Goði nell’ultimo capitolo. Questi due momenti, ancora più degli altri, mostrano sequenze ad altissimo tasso di spettacolarità, all’interno dei quali tutte le sensazioni provate da Senua si sovrappongono a quelle del giocatore, portando così a un’immedesimazione totale nei panni della guerriera celtica.
Il combattimento finale, in particolare, mette in scena il tormento interiore che attanaglia la protagonista da tutta la vita, rivedendo in Áleifr il ricordo del padre violento. Lo scontro tra i due lascia, in conclusione, spazio a una scena estremamente evocativa. Dopo aver svelato le menzogne del Tiranno e averlo sconfitto, infatti, Senua si ritrova di fronte a due possibilità: proseguire questo sistema di potere, diventando ella stessa il nuovo Tiranno, o liberarsi finalmente dalle ombre del passato e cercare una luce nell’oscurità, rappresentata dal supporto e dalla vicinanza di tutti coloro che ha incontrato durante il suo viaggio.
Le Furie nella testa della guerriera celtica dicono che la sua storia non è ancora stata scritta e che c’è sempre una scelta. Il gioco mostra, proprio in questo frangente, un’immagine altamente evocativa, nella quale la protagonista è sorretta dalle mani di coloro che sono pronti a sostenerla. Questa conclusione, seppur mi sia parsa molto più debole rispetto a quella del primo capitolo, chiude comunque il gioco con un messaggio profondo: dietro ogni mostro potrebbe celarsi un essere umano afflitto da dubbi e paure. Contando sul supporto degli altri, invece, si può essere liberi di scrivere la propria storia e di liberarsi dalle ombre dolorose del proprio passato.