Sviluppato e pubblicato da Analgesic Productions (qui l’annuncio ufficiale) in sinergia con Ratalaika Games, Sephonie è un platform con elementi da puzzle game, che punta tutto sull’esplorazione e su una narrazione quasi poetica e filosofica. Noi abbiamo esplorato Sephonie in lungo e in largo su PlayStation 4 e questa è la nostra recensione.
Sephonie non è un mondo per tutti
Sephonie è ambientato in un futuro non molto ben precisato e ci mette nei panni di tre biologi mandati in missione in un’isola misteriosa e tutta da scoprire. Dotati di un particolare impianto tecnologico all’avanguardia denominato ONYX, i tre protagonisti devono esplorare l’isola e interagire con la fauna e la flora locale per raccogliere quante più informazioni possibili.
Già dopo i primi passi sull’isola, i tre biologi (Amy Lim la leader, Riyou Hayashi un ricercatore leggermente più cinico degli altri e Ing-wen Lin la più premurosa del trio) si rendono conto che c’è qualcosa che non va. Il posto nasconde innumerevoli segreti e sembra possedere una serie di regole tutte sue. Inoltre, grazie a ONYX, possono comunicare con le creature del posto riuscendo a tradurne i pensieri e avvicinarsi così ancora di più alla vera essenza di quell’isola.
Ma il vero cuore pulsante dell’isola e della narrazione stessa sono le grotte. Il dedalo di caverne che compone gran parte dell’avventura, infatti, cela diverse sorprese inclusi innumerevoli ricordi e riflessioni degli stessi biologi che si ritroveranno a condividere se stessi ripercorrendo i propri pensieri, mettendo in gioco le proprie credenze e i passi fatti o ancora da compiere nella loro vita. E che dire dell’Osservatore, una stranissima figura, la prima ad apparire su schermo e che funge da narratore (e la cui vera identità sarà svelata dopo il breve prologo), tanto intrigante quanto non molto sfruttata.
E in effetti, tutta la narrativa di Sephonie non è gestita benissimo. Sì, c’è molto d’intrigante e sì, la carne a fuoco non è male, tra misteri, isola viva e pulsante e discorsi su elementi quasi filosofici. Il problema è che non è una narrazione coesa, balzando tra racconto e presente, tra pensieri e riflessioni spesso eccessivamente prolisse e con poco appeal. Le stesse creature, una volta analizzate, si ritrovano a condividere frasi accessorie e che lasciano ben poco al mosaico narrativo dell’opera che può risultare ai più, anche abbastanza caotico se non proprio confuso.
Esplora fino alla fine
Come anticipato, Sephonie è principalmente un platform (votato interamente al parkour) con elementi da puzzle game che approfondiremo a breve. Il gioco ci mette nei panni di uno dei tre biologi con telecamera liberamente orientabile e visuale in terza persona. Potremo sempre interscambiare i tre biologia liberamente non essendoci alcuna differenza in termini di abilità o manovrabilità (i tre condividono i medesimi futuri upgrade).
I controlli, purtroppo, non sono così semplici e peccano, purtroppo, di precisione. Premere il tasto della “corsa” che crea un effetto dash quasi alla Sonic (quasi) è impreciso e non ci garantisce un controllo efficace col rischio di curvare male o finire oltre i bordi. Ancora peggio per quanto riguarda i salti a parete o i “dash” aerei, non sempre precisi. Il salto a parete, in particolare, si effettua con la pressione dello stesso tasto del dash ma avverrà unicamente se apparirà a schermo una sorta di cerchio.
Ecco non sempre appare e quindi ti potresti ritrovare a premere il tasto a vuoto o a piombare contro una parete cadendo miseramente. Sia chiaro, Sephonie non è un gioco impossibile e con un po’ di pazienza e abitudine, riuscirai a effettuare bene quasi ogni passaggio ma alcune sezioni possono diventare frustranti e sicuramente il controllo del personaggio può essere perfezionato quando meno per garantire un feedback (pad alla mano) più diretto e soddisfacente.
Sephonie è un dedalo di caverne (suddivise però in aree circoscritte e sbloccabili man mano che si avanza) sviluppate non solo in orizzontale ma anche e soprattutto in verticale. Alcuni livelli, lo ammettiamo, sono strutturati davvero bene mentre altri sono semplicemente noiosi da esplorare, risultando pesantemente anonimi e spogli. Questo è dovuto anche al fatto che non ci sono nemici. Non si combatte in Sephonie. Le creature che vedrai sono tutte innocue e solo alcune di esse saranno utili per utilizzare il sistema ONYX.
A tal proposito, la seconda anima di Sephonie è quella da puzzle game, ma anche qui si poteva fare decisamente di più. Analizzare fauna e flora di Sephonie significa affrontare una sfida che ci vede impegnati a unire una serie di blocchi (che col tempo varieranno di forma e colore man mano che potenzieremo e faremo nuove ricerche) del medesimo colore fino a soddisfare le relative richieste. Niente pericoli di sorta se non qualche sporadico e abusato ostacolo (come blocchi rocciosi da frantumare creando una serie di combo di colori o gelatine percorribili solo da un dato colore e così via).
Una serie di collezionabili sparsi ovunque e che servono principalmente per approfondire la storie dei tre protagonisti, potenzia in parte l’esplorazione, spingendoci in percorsi segreti (alcuni davvero ostici) ma non basta a risollevare un gameplay che soffre di ritmo e che è palesemente non adatto a tutti. Parliamo, infatti, di un tipo di esplorazione quasi “rilassante” e che non brilla neanche per la complessità dei pericoli ambientali (quasi tutti decisamente classici).
Da segnalare, infine, la possibilità di modificare liberamente le opzioni di gioco aggiungendo i salti infiniti o il “dash” infinito. Due modifiche che vanno a troncare di netto qualsiasi possibile difficoltà di gioco e fungendo da “soluzione” forzata dinanzi a quei (pochi) momenti particolarmente frustranti e che richiedono una coordinazione forse un po’ eccessiva date le imprecisioni di base del titolo.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Sephonie utilizza un low poly che mostra tutti i suoi limiti in ambienti eccessivamente ampi e altrettanto spogli. Oltre a peccare di un riciclo eccessivo di elementi e di uno scarso coraggio nella creazione di fauna e flora (troppo poche e già viste in altre produzioni). Il colpo d’occhio non è completamente da buttare, sia chiaro e la varietà di location oltre all’idea di fondere i ricordi dei tre biologi con l’ambiente, funzionano discretamente bene e si sposa anche abbastanza bene con l’anima poetica e quasi filosofica del titolo.
Il sonoro è l’elemento di punta del titolo, quello riuscito meglio. Le tracce audio, originali, sono perfettamente orecchiabili, varie e davvero rilassanti. Una delle nostre preferite è quella dei puzzle game, quasi acusticamente ipnotica e perfettamente in linea con la filosofia del titolo. Da segnalare che Sephonie non presenta sottotitoli in italiano (solo in inglese) e considerando la mole di testo e la complessità di alcuni passaggi, è un piccolo limite da tener conto per chi non conosce bene l’inglese.