Sviluppato e pubblicato da Firenut Games, Shines Over: The Damned è un brevissimo walking simulator esperienziale in prima persona a tema horror con una narrativa fortemente astratta e una manciata di enigmi, oltre a qualche sporadica fase da platform. Noi abbiamo affrontato questo misterioso viaggio su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione.
Shines Over: The Damned e i misteri inspiegabili
Lo diciamo subito: Shines Over: The Damned è un prodotto particolare e pieno di punti critici che lo rendono molto difficile da consigliare e che trova gli unici punti forti nel sonoro e nell’atmosfera. Non per niente, il titolo stesso suggerisce da subito di usufruire l’esperienza con le cuffie in modo da renderla più coinvolgente e far sentire meglio i rumori ambientali discretamente curati.
Procedendo con ordine, iniziamo a parlare della narrazione. In Shines Over: The Damned non capirai assolutamente un accidenti. Non solo perché le linee di testo (rigorosamente in inglese) sono poche, astratte, metaforiche e quasi citazionali ma anche perché quanto avviene a schermo è particolarmente complesso da collegare e motivare.
Noi vestiamo i panni di un individuo senza nome, senza armi e apparentemente senza scopo. Sul nostro cammino c’è un cane, un pastore tedesco che, per qualche motivo, ci funge da guida in un percorso lineare e breve che ci vedrà anche perseguitato da strane creature, con tanto di fugaci apparizioni di ombre.
Tra enigmi ambientali incastonati in budella rocciose e un lungo e noiosissimo fiume da percorrere in barca, l’avventura che non dura neanche un’ora si conclude senza fornire alcuno spunto o senso. O meglio, qualche vaga interpretazione la si può dare, c’è un alone di morte e sappiamo che c’è (o c’era) anche una donna in questa storia, ma non è mai chiaro.
Shines Over: The Damned è quindi un prodotto autoriale, in alcuni casi suona come una mera e discutibile esercitazione di stile (soprattutto grafico e sonoro) fine a se stessa. Un peccato, considerando l’atmosfera generale del titolo che riesce a offrire percorsi discretamente carichi di ansia anche se azzoppati da jump scare ormai abusati, telefonati e poco efficaci.
A tal proposito, Shines Over: The Damned viene promosso come gioco horror ma, personalmente, non ha saputo spaventarci. C’è un unico momento di tensione, un paio di secondi, ma scemano nel momento in cui avviene il primo jump scare in quanto, i futuri, sono prevalentemente gli stessi che si ripetono un po’ a random. Gradevole invece la comparsa, sempre casuale, di ombre con tanto di effetto sonoro straniante (che funziona più della resa grafica).
Come sopravvivere al viaggio
Shines Over: The Damned è principalmente un walking simulator decisamente breve e anonimo che prova ad arricchire la sua esperienza inserendo una manciata di fasi appartenenti a generi diversi, senza che nessuna riesca a lasciare il segno e anzi, che vanno complicare l’esperienza ludica generale. Partiamo dalla base: camminare in Shines Over: The Damned è grossomodo come altri titoli analoghi (uno tra tutti il recente GENIE Reprise che abbiamo anche recensito) dove sarai impegnato semplicemente a progredire in un percorso lineare e con un’esplorazione praticamente ridotta all’osso.
Ma Shines Over: The Damned prova ad andare oltre e ogni capitolo (dei cinque a disposizione), prova a introdurre una piccola sfida di genere differente. Il problema è che nessuna di queste brilla particolarmente né per complessità né per divertimento. Inoltre, la durata scarsissima di ogni capitolo (alcuni durano una manciata di minuti) lascia il tempo che trova.
Nel dettaglio, abbiamo le fasi platform che sono dei veri abomini. Una di queste ci vede impegnato nel saltare su piattaforme invisibili indicate unicamente da delle sfere luminose. La difficoltà è che dopo i primi tre salti, tali punti luminosi spariranno e lasceranno al giocatore e alla sua memoria, il compito di ricordarsi dove saltare.
L’idea è anche carina, ma il problema è che il nostro avatar è dotato di un salto ridicolo e poco preciso. Basta poco, infatti, per capitombolare giù costringendoci a rigiocare l’intera sezione. Oltre le fasi platform, abbiamo poi un enigma ambientale discretamente ridicolo: guardare una composizione di figure e replicarla in ordine interagendo cronologicamente coi rispettivi pannelli.
A questi discutibili momenti si aggiungono le fasi più d’azione che combaciano coi jump scare. In pratica, in alcuni momenti, saremo assaliti da una creatura e, per evitare il game over, dovremo premere ripetutamente L1 e R1. Tutto qui. Premuti i tasti, la creatura va via e si procede come se nulla fosse.
Ma il peggio è la parte finale che poi dovrebbe essere quella più evocativa e principale considerando che compone anche la “locandina” del prodotto: la fase in barca (con tanto di cane posizionato evocativamente sulla prua). Tale fase è anche la più lunga, noiosa e mal prodotta di tutto il piccolo pacchetto. In soldoni si tratta di un percorso lineare semi-automatico dove il nostro compito è spostarci a destra e sinistra per evitare ostacoli e giungere alla fine integri.
Il problema è che se ti sposti troppo a destra o troppo a sinistra, la barca subisce un surrealistico effetto rimbalzo che in slow motion ti riporta sul binario invisibile più prossimo e che, quasi sempre, combacia con l’urtare un ostacolo e costringerti a ripercorrere tutta la traversata dal principio. Ma tranquillo, se non è l’effetto rimbalzo a ucciderti, sarà il tuo tentare di schivare un ostacolo.
Il sistema di collisione con la barca fa acqua da tutte le parti, in quanto avremo una visuale, sempre rigorosamente in prima persona, a 360°. Questo significa che se ti sposti a destra per schivare un ostacolo e vuoi rispostarti a sinistra per schivarne un altro, devi calcolare bene i tempi col primo ostacolo onde evitare che la poppa della barca s’incagli con l’ostacolo (che non vedi) precedente.
Insomma, ludicamente parlando, Shines Over: The Damned è un accozzaglia di momenti brevissimi tutti riprodotti in modo discutibile e che hanno il pregio nel fatto che durano poco. Un grosso peccato che va a inficiare l’esperienza generale di un titolo che, lo diciamo di nuovo, ha tutto il suo potere unicamente nell’atmosfera.
Ultima nota per i “collezionabili”, delle sfere luminose sparpagliate in soli due dei cinque capitoli e che non hanno alcuno scopo. Non offrono vantaggi né approfondimenti narrativi. Non c’è neanche un contatore a schermo, niente. D’altronde in Shines Over: The Damned non esiste neanche un menù.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Shines Over: The Damned offre molto poco contenutisticamente. Sì, alcuni rocciosi scorci e giochi di luce sono carini ma risultano terribilmente anonimi. La cura del dettaglio è povera e molto viene riciclato e anche male. Le poche figure che si muovono a schermo lo fanno male e faticano enormemente a restare impresse.
Persino la creatura-mostro è terribilmente anonima e per niente spaventosa. Discorso totalmente diverso per il sonoro, ben implementato in quasi tutta l’esperienza. D’altronde, se il titolo riesce a regalare momenti di tensione, il merito è unicamente del sonoro. Da segnalare, infine, la totale assenza della lingua italiana, neanche i sottotitoli ma è una mancanza che non si nota neanche essendoci davvero molto poco da leggere.