In quest’ultimo difficile periodo dove abbiamo passato la maggior parte del nostro tempo a casa a causa della pandemia, noi gamers possiamo tranquillamente affermare che i videogiochi sono stati la nostra forza. Da sempre le persone estranee a questo passatempo, si sono mostrate restie nel comunicarci che l’hobby da noi scelto non poteva definirsi come una vera e propria passione ma piuttosto come un qualcosa di totalmente inutile; ebbene, nel periodo della quarantena, possiamo affermare che questo concetto è stato smentito dall’invidia che parecchie persone hanno provato nei nostri confronti: a conti fatti ci siamo divertiti parecchio davanti allo schermo della console senza annoiarci mai. A conti fatti possiamo dire di aver ottenuto una grande rivincita. Nonostante il mercato videoludico sia saturo di capolavori, le software house continuano imperterrite a sfornare piccole perle degne di essere giocate, l’ultima riguarda proprio Sign Of The Sojourner.
Carte + Visual Novel= Signs Of The Sojourner
La trama del titolo è una di quelle dal sapore salmastro che mette in moto in ognuno di noi la voglia di viaggiare. Un carovaniere dovrà sostituire la defunta madre nella gestione di quella che è a tutti gli effetti un’ impresa commerciale, svelando rotte e oasi in un viaggio attraverso decorati sobborghi dagli edifici contorti, dalle tante forme evocative ed orientali. Un compito molto complesso raccolto in sei tour da cinquanta giorni circa, che ci presenterà un mondo bizzarro, colmo di stimoli per l’immaginazione guidati da descrizioni piene di dettagli ma comunque scorrevoli.
Alla base, Signs of the Sojourner è un gioco di carte per la costruzione di mazzi con elementi di un romanzo visivo. È l’implementazione di queste ultime che mi ha immediatamente condotto dentro al gioco, distinguendolo da tutti gli altri titoli dello stesso genere, dove l’obiettivo è quello di utilizzare le abilità per sconfiggere o battere in astuzia un avversario.
Durante il viaggio con la carovana alla ricerca di articoli per rifornire la bottega di nostra madre, sarà possibile parlare con ogni persona in ogni città in quanto sono quelli con merci e indicazioni per nuove posizioni. Ogni persona avrà carte diverse che rappresentano il modo in cui comunicano l’obiettivo: quest’ultimo sarà quello di abbinare i simboli tra loro per continuare la catena insomma quello che si può definire il “flusso della conversazione”.
Si gioca una carta per volta, sempre a destra e salvo eccezioni. Queste infatti possono anche avere degli effetti speciali: lettura del mazzo altrui, re-draw (ripesca), combo, cioè concatenare più carte, inserire la propria carta tra le due precedenti, e altri trucchi che permettono di mettere fine all’ostacolo più grande del titolo: l’incomunicabilità. In poche parole le carte non sono niente popò di meno che il dialogo. Nonostante le conversazioni siano completamente unilaterali, i personaggi reagiscono alle carte giocate in un modo così diverso e distinto per ogni individuo, che in un certo senso e ad un certo punto del gioco la mancanza di comunicazione diventa effettivamente liberatoria.
Il viaggio del dialogo
Con la corrispondenza dei simboli come unico modo di comunicare, le opzioni disponibili sembrano inizialmente limitate. Piuttosto che creare questo vasto repertorio di carte, ho iniziato con multipli dello stesso. Se pensi che le meccaniche di gioco però siano semplici ti sbagli di grosso, all’inizio è frustrante lasciare costantemente conversazioni a mani vuote e deluse. Anche creando un deck adatto alle persone che incontreremo non è sempre una buona strategia, questo potrebbe infatti scoraggiare i giocatori più navigati.
Tuttavia non vi è un vero e proprio fallimento in Sign Of The Sojourner. Se una conversazione “fallisce”, la persona con cui non siamo stati in grado di connetterci non viene bloccata quando rivisiteremo la loro città semplicemente perché non siamo andati d’accordo la prima volta che ci siamo incontrati. Questo perché il mio stile di comunicazione non è andato giù alla persona con cui ho interagito.
Eppure il costante senso di crescita e cambiamento che si prova nel titolo di Echodog Games non ha pari. Sarà che l’importanza del dialogo fa comprendere quanto sia importante la comunicazione e quanto possiamo imparar l’uno dall’altro, ennesimo concetto positivo che dà ai videogiochi un altro punto a favore.
Cambiare si può
I cambiamenti climatici estremi hanno lasciato una città in uno stato di siccità costante o ancora le stesse siano circondate dall’acqua, insomma queste nuove realtà si fanno strada nella narrazione attraverso disastri naturali, industrializzazione e nuovi mezzi di trasporto o persino discussioni sui rifugiati e sui sindacati. Mai queste conversazioni hanno rappresentato una critica pesante della società o uno sguardo “voyeuristico” sulle persone in difficoltà. E’ come un esame del mondo in cui viviamo e di come le circostanze cambieranno il corso della vita, che a sua volta cambia il corso del tuo viaggio.
Signs of the Sojourner prende la tipica formula di deckbuilding e rende meno la strategia e il collegamento con le persone nel modo desiderato. La quantità di personaggi che potremo incontrare sembrano infiniti e la costruzione del mondo è incredibilmente robusta per un titolo che sembra fatto su carta. Nulla poi ti impedirà di cambiare il carattere del protagonista, d’altronde indipendentemente dalle meccaniche di gioco, il dialogo e il viaggio stesso trasformano dentro, e questo concetto è applicato pienamente nel titolo.
Graficamente il prodotto svolge un ottimo lavoro sul comparto tecnico, tinteggiato da deliziosi disegni colorati che richiamano molto spesso il fascino dei paesaggi orientali, il tutto condito da una buona colonna sonora che rende la giusta atmosfera in ogni momento. Anche la rigiocabilità riveste un ruolo importante, visto che le città potranno essere rivisitate in un secondo momento, tentando quindi di ristabilire i dialoghi che non hanno funzionato, o provare a sbloccare i diversi finali multipli.
Niente difetti? Non tutto è oro quel che luccica, anche se siamo su una carovana. I dialoghi tra i personaggi potevano sicuramente essere più corposi visto che non sono molto coinvolgenti, mentre la meccanica di gioco per quanto non banale poteva essere migliorata sotto molti punti di vista, infine la tanto odiata mancanza di una traduzione italiana: ciò significa che chi non mastica la lingua anglosassone non potrà godere appieno del gioco. Di conseguenza anche se questo fa di Signs Of The Sojourner un titolo realizzato esclusivamente per un pubblico di nicchia ti consiglio di dargli una possibilità, potresti scoprire un nuovo genere che potrebbe entrare a far parte delle tue preferenze. Noi non vediamo l’ora di scoprire quali altri rotte ha preparato per noi Echodog Games, perché se la qualità dei loro lavori futuri sarà questa, sarà di certo un viaggiatore da tenere d’occhio.