Questo survival horror, targato Konami, catapultò le nostre PlayStation in un’esperienza orrorifica nuova e totale. Ha piantato i semi di quella che sarebbe diventata una delle più celebri saghe del genere, imperniata su un elemento di distinzione tipico, il cosiddetto “orrore psicologico”.
Il gioco metteva le carte in tavola fin da subito, trasformando i primi minuti di gioco universalmente definiti “tutorial” in un vero e proprio incubo a occhi aperti, un crudele manifesto di stile nonché di intenti. Senza avere imparato i controlli, senza aver trovato nessun oggetto, così come si trovava, Harry sperimentava un tremendo assaggio dell’Otherworld. Moriva, e si risvegliava da tutt’altra parte. Noi gamer lo capimmo subito: Silent Hill non avrebbe avuto alcuna pietà nei nostri confronti.
Il luogo perfetto per le tue vacanze, diceva la brochure…
La trama di Silent Hill era intrigante e a suo modo complessa, retta da un numero contenuto di personaggi. E con la possibilità di variarne lo svolgimento fino a modificare enormemente il risultato finale. Il protagonista, un uomo di nome Harry Mason e sua figlia Cheryl sono in viaggio verso Silent Hill per una vacanza. I due hanno un incidente per evitare una ragazza che di punto in bianco si para davanti a loro in mezzo alla strada. Harry si risveglia dopo l’impatto, e Cheryl non è più in auto con lui. Inizia a cercarla, e incontra quella che diverrà un’amica fidata, la poliziotta Cybil Bennet, la quale intende chiamare rinforzi per uscire dalla città che sembra infestata da creature pericolose.
Harry e il suo scopo…
Harry intanto si muove per conto suo alla ricerca della figlioletta, e incontra la stravagante Dhalia Gillespie, che lo indirizza all’ospedale. Lì incontra il dott. Kaufmann, scontroso uomo di poche parole, e Lisa, una dolce infermiera che assiste Harry in diverse occasioni. Nelle sue peregrinazioni, spesso Harry accusa un malore e si ritrova nell’Otherworld, una versione infernale della città originale.
Proseguendo la ricerca, scopre che nella zona si praticava un culto basato sulla magia nera, e che molte persone di spicco della città sembrerebbero morte per una maledizione. In parallelo, capisce che ci sono diversi problemi legati alla produzione e al traffico di stupefacenti (Cybil era in città per le indagini). Probabilmente, questa era la vera causa delle morti. Anche Kaufmann fa parte di questo losco mercato.
Soprattutto, Harry si chiede che ruolo abbia nella vicenda la ragazza causa del suo incidente, che appare e svanisce come una visione in più di un’occasione.
Persuaso da Dhalia che questa ragazza sia in realtà un demone malvagio pronto a sacrificare la piccola Cheryl per il proprio tornaconto, Harry la affronta e scopre così che si tratta in realtà della figlia di Dhalia, Alessa, offerta dalla madre in sacrificio al dio del culto locale sette anni prima.
La storia funziona e appassiona…
Alessa venne bruciata viva, ma sopravvisse, curata da Lisa. Questa, non riuscendo a sopportare di testimoniare ogni giorno le sofferenze a cui la piccola era sottoposta, tentò prima di lasciare il lavoro e poi, costretta da Kaufmann a mantenere il suo posto, si rifugiò nella droga e pian piano perse la lucidità mentale. Durante il rito di sacrificio, metà dell’anima di Alessa sfuggì, incarnandosi nella piccola Cheryl.
Mantenendo Alessa in vita e costringendola a patire una sofferenza inaudita, Dhalia e i suoi adepti nutrivano il loro dio-demone, certi che tanto patire avrebbe attirato la metà di anima mancante.
Le mutazioni della città e la presenza di mostri sono dovuti proprio ad Alessa, capace di rendere reali le proprie sofferenze e i propri incubi.
Dhalia riesce a riunire le due parti dell’anima di Alessa e generare il suo dio. Harry lo affronta e riesce a sconfiggerlo. A questo punto Alessa lascia nelle sue braccia un neonato e gli indica una via di fuga. Kaufmann viene invece trascinato nell’Otherworld da Lisa, ormai succube dell’orrore fino a diventarne anch’essa un’incarnazione.
…Poi una sirena suonò!
Per quanto riguarda la meccanica di gioco, l’utente poteva esplorare la città abbastanza liberamente, pur nei limiti della mappa in dotazione al personaggio. Era possibile anche esplorare vari ambienti interni facoltativi alcuni dei quali contenenti informazioni sulla storia della cittadina, oggetti extra e, non meno importante, in certi casi la possibilità di accedere a finali alternativi altrimenti non attivabili.
La grafica, pur virando su tonalità cromatiche cupe, mostrava cura anche nei dettagli. Le ambientazioni in 3D si dividevano in esterne e interne. Le strade della città, popolate da creature animalesche, erano soffocate nella nebbia, nella neve o nella pioggia, oppure sprofondate nelle tenebre.
Una volta infilato il portone di un palazzo, ci si accorgeva che la situazione non cambiava poi di molto: eccezion fatta per la luce diurna, che rendeva gli ambienti quasi evanescenti dando come l’impressione che la nebbia fosse entrata e non si dissolvesse, la maggior parte delle locazioni era al buio. Questo tipo di impostazione rendeva la consultazione della mappa un’operazione di fondamentale importanza.
E questa dipendenza poteva causare ulteriori patemi nei segmenti “Nowhere” in cui, al posto della mappa, appariva il pensiero di Harry: non ho una mappa di questo posto
Ulteriori ed evidenti variazioni dell’ambiente si potevano notare qualora, dopo il suono della sirena, ci si ritrovava nell’Otherworld: il buio era totale, l’unica zona illuminata era circoscritta al lume della torcia, e gli scorci di ambiente diventavano sporchi, ogni dettaglio sembrava impregnato di buio, sangue, ruggine e marcescenza.
Lo spazio di manovra si riduceva drasticamente (spesso anche metà della porzione di pavimento spariva, sostituita da grate metalliche sospese sull’abisso) e ciò spesso impediva di evitare i mostri correndo e lasciandoseli alle spalle.
Da dove nasce la nebbia?
Gli sviluppatori del virtuoso Silent Team hanno attinto a piene mani da numerose fonti d’ispirazione: solo per fare alcuni esempi, le produzioni di H.P. Lovecraft e di Edgar Allan Poe si respirano nelle atmosfere cupe e soffocanti, nelle situazioni terribili e deliranti, nelle creature del mondo sommerso, nella setta perversa pronta a sacrifici tremendi; ma anche scrittori contemporanei quali Stephen King e Dean Koontz sono presenti, al punto da apparire nei nomi di due strade di Silent Hill: Bachman Road (Richard Bachman era lo pseudonimo scelto da King agli esordi della sua carriera), e Koontz Street.
Riguardo quest’ultimo, la vicenda di Alessa presenta somiglianze con Melanie, la ragazzina vittima suo malgrado di esperimenti scientifico-occulti da parte del padre in “The door to December” (titolo italiano “Incubi”), del 1985.
La resa visiva di ambienti come l’ospedale, invece, ha molto a che spartire con lo stile della pellicola del 1990 “Jacob’s Ladder” (titolo italiano “Allucinazione perversa”), per la regia di Adrian Lyne. Anche l’elemento narrativo del traffico di stupefacenti, come pure il finale in cui Harry muore nello schianto dell’auto, sono chiaramente ispirati a tale film.
Harry, uno di noi..?
Di Harry si sa che era un vedovo padre di una bambina adottata, e benché il suo amore di padre gli desse il coraggio per affrontare situazioni allucinanti, questo non faceva di lui un atleta e nemmeno un tiratore scelto. Bastava farlo correre un po’ per causargli attacchi di fiatone, e soprattutto, aveva una pessima mira. Risultava frustrante sparare e mancare il bersaglio, sprecando proiettili preziosi. Ma, appunto, Harry era una persona volutamente normale, non era allenato e non aveva mai sparato prima.
Inoltre, la sua resistenza fisica era piuttosto bassa. E un paio di attacchi a volte già bastavano perché il suo stato di salute precipitasse
Non solo, ma l’Otherworld li rendeva ancora più grotteschi e feroci, e il numero di proiettili o di attacchi per abbatterli aumentava sensibilmente.
Fatto curioso, rispetto alla versione “normale” delle ambientazioni, l’Otherworld risultava perversamente funzionale, con diversi passaggi che diventavano obbligati. In alcuni punti, misteriosi e inquietanti macchinari si mettevano rumorosamente in funzione, alimentati da motori invisibili. Le fiamme sputate nel buio mostravano sacrifici umani disposti come monumenti all’inferno.
La radio portatile impazziva di interferenze, mentre lamenti inumani riempivano incessantemente l’aria, e rumori provenienti dalle pareti facevano trasalire. L’atmosfera era così credibile, il pericolo ovunque presente, come un angelo custode caduto. Uscire dall’Otherworld regalava ogni volta un profondo sospiro di sollievo, ma mai la certezza di non doverci tornare.
Muovere Harry negli ambienti risultava intuitivo, l’unica nota dolente era data dalle caratteristiche volutamente “normali” di cui il protagonista era dotato. Questo lo rendeva talvolta estremamente vulnerabile, aumentando il fattore difficoltà, nonché quello dell’angoscia. Avere un’arma anche efficace ma non saperla usare, ad esempio, diventava un vero e proprio punto debole. I colpi in più di un’occasione andavano a vuoto mentre i mostri, per niente intimoriti, correvano affamati verso Harry, lo immobilizzavano, lo attaccavano. Non si è mai sicuri, a Silent Hill.
Orrore psicologico
Grazie a quello che poi sarebbe stato definito orrore psicologico, il gioco riusciva nell’intento di spaventare l’utente non sfruttando effetti “jumpscare” a più riprese. Bensì seguendo il gusto horror tipicamente giapponese di insinuarsi nella psiche delle persone, creando un’estesa, indefinita ma palpabile sensazione di angoscia.
La nebbia che rende vaghi i contorni, il buio che impedisce di vedere, ospedali, scuole, luna park, luoghi per definizione dove le persone si sentono protette, trasformati nel peggiore degli incubi. La possibilità che basti un piccolo seme di follia perché il tuo migliore amico ti punti addosso una pistola e prema il grilletto.
L’angosciante realtà incarnata dall’intera Silent Hill altro non è che l’epifania malata delle paure e del dolore di una bambina.
Creature dalle forme in molti casi assolutamente riconducibili ad animali, anche domestici, che diventano fiere feroci. I compagni di classe mutati in spietati mostriciattoli pronti a tutto pur di ferirti, dottori e infermiere che infrangono il loro giuramento nel modo più abietto possibile, causando deliberatamente tutto il dolore immaginabile a chi dovrebbero invece curare.
Eccellente!!!
Avete descritto tutto nei minimi dettagli, ho avuto una piacevole lettura. Anzi, ho appreso che gli autori si sono ispirati a famosi scrittori, per alcune vie.
É vero, non ci avevo pensato, Harry era un padre, non aveva mai sparato, non né era capace, ovviamente i colpi spesso andavano a vuoto.
Grazie.