Chi vi parla attraverso queste righe ha vissuto esperienze che in un gioco di guerra, o simulazioni che dir si voglia, non potranno mai essere trasmesse, neppure se questi venissero giocati attraverso un sistema di realtà virtuale all’avanguardia. Lo svegliarsi la mattina e sperare di poter arrivare alla fine del giorno, ogni giorno, il sentire di compagni che sono stati oggetto di fuoco nemico o attentati dinamitardi e per fortuna senza alcuna conseguenza, il dover rispondere al fuoco e sopravvivere, pensando che dall’altro lato qualcuno non ha avuto la stessa sorte e infine, il ricevere la notizia di un compagno caduto sul campo durante un pattugliamento. Questo e molto altro ancora non potrà mai essere ricreato in un simulatore, ragione per la quale queste opere che si propongono di riprodurre fedelmente azioni e situazioni di guerra, falliranno in ogni tentativo e saranno dei lavori ben fatti solo per chi non sa cosa vuol dire realmente vivere la guerra.
In memoria del Maggiore Giuseppe La Rosa 16 gennaio 1982 – 8 giugno 2013 e dedicato a tutti quei colleghi, compagni e fratelli che ogni giorno, lontano da casa, dalle proprie famiglie e dai propri affetti, in territorio italiano ed estero, svolgono il loro dovere con enormi sacrifici. Onore a voi.
Simulatori di guerra: giocare a fare i soldati è sempre bello davanti a uno schermo
Di recente ho ripreso in mano ArmA 2, un gioco di guerra che propone un gameplay diverso dai soliti giochi del genere, con delle meccaniche complesse e un fine diverso dal semplice divertimento. ArmA 2 infatti, così come gli altri capitoli della serie, rientra nella categoria dei simulatori e l’uso di questo programma non è intuitivo e immediato per tutti, tanto da essere considerato per molti un pessimo titolo e viene scartato dalla gran parte dei giocatori già dalle prime battute. ArmA nasce basandosi su un reale simulatore di guerra che molti anni fa veniva usato dagli eserciti per addestrarsi per varie operazioni militari, ovviamente con qualche modifica per meglio adattarlo a un pubblico civile.
ArmA offre la possibilità di sperimentare alcune meccaniche interessanti che nei classici giochi di guerra non vengono mai considerate. Il gioco di guerra generico medio, soprattutto negli ultimi tempi, prevede un gameplay frenetico con l’obiettivo di abbattere più nemici possibili sui quali bisogna scaricare tonnellate di colpi, spesso senza nemmeno ucciderli. Nei giochi di guerra ti puoi curare dopo essere stato colpito a morte o addirittura la salute si rigenera in breve tempo dopo qualche secondo di schermo in bianco e nero e audio sordo, effetti accompagnati da respiro affannoso e qualche shaking e in poco tempo sei nuovamente a correre e sparare. Se vieni abbattuto potresti avere qualche secondo di tempo nei quali un tuo compagno può bendarti o curarti e rimetterti in piedi e altri prodigi che in un modo o nell’alto ti ributtano nella mischia.
ArmA non è niente di tutto ciò, ovviamente ci sono anche delle modalità online che prevedono il gioco frenetico, ma questo titolo è pensato per essere lento, programmato, pianificato e giocato senza l’obbligo d’ingaggiare gli ostili. Come nella realtà, l’ingaggio potrebbe determinare la perdita di personale e quindi compromettere il risultato della missione. Pianificare un percorso piuttosto che un altro potrebbe fare la differenza tra portare a termine la missione e perire sotto i colpi del fuoco nemico. La corsa in ArmA è prevista solo in pochi casi, come per il dover raggiungere un riparo nel caso in cui vieni attinto o altri rari casi, ma per la gran parte del tempo si deve marciare con arma a tracolla e zaino in spalla. Durante le marce è consigliabile l’utilizzo di reali formazioni militari che possono variare in base al terreno e alla distanza dall’obiettivo o dal nemico: in fila, a doppia fila, formazione aperta, a cuneo, sfalsata, ecc. Ed è sempre bene tenere ognuno il proprio settore di tiro, poiché, visto che i nemici non vengono segnalati con indicatori rossi sopra la testa e anche loro indossano delle mimetiche, sarà difficile vederli in mezzo al bosco o alla vegetazione.
Il conflitto a fuoco, come nella realtà, non è mai la soluzione migliore, poiché dopo che avrai attirato l’attenzione su di te sparando i primi colpi, al nemico basterà anche un solo colpo per ucciderti e in ArmA significa terminare la partita, perché non è previsto respawn o altre vite. C’è una sola possibilità e non va sprecata… oh bhe, ovviamente è possibile ricaricare l’ultima missione e riprovare tutte le volte che vuoi, ma hey, va bene che è un simulatore, ma per essere reale al 100% non dovresti mai più giocarlo, visto che sei morto.
ArmA riproduce lo scuotimento del capo durante la marcia e la corsa, è possibile ruotare la visuale indipendentemente da dove stai puntando l’arma e dalla direzione che stai seguendo e questo è molto utile per allinearsi con il resto della squadra durante i movimenti, oppure per continuare a tenere d’occhio un nemico mentre continui a muoverti verso un riparo o una copertura. Durante la corsa o le camminate ti stanchi e quando improvvisamente c’è bisogno di puntare, non è facile prendere la mia, perché il respiro affannoso fa brandeggiare l’arma in maniera vistosa e solo dopo che ti sarai fermato e accovacciato, o ancora meglio sdraiato, dopo qualche secondo questo effetto inizierà a diminuire, permettendoti di prendere la mira con più accuratezza. Anche il fare fuoco causa scuotimento, sia per il rinculo dell’arma, sia per l’adrenalina causata dallo sparare un colpo di fucile. Si lo so, nei giochi non succede, ma quando senti l’esplosione del colpo in camera di cartuccia a pochi centimetri dalla tua faccia e la fiammata che fuoriesce davanti ai tuoi occhi, puoi averlo fatto un milione di volte, ma il tuo cuore sussulterà a ogni singolo colpo sparato.
In ArmA si possono guidare mezzi militari blindati, cingolati, si può essere piloti di elicotteri o di jet da combattimento con pochi minuti di pratica e che importa se ti schianti? Ricarica e riprova, no? Durante il trasporto nei vari mezzi, le truppe non soffrono la nausea e non vengono sballottate a destra e sinistra per le buche o per le manovre improvvise dell’elicottero, anzi, sembrano tutti così fighi seduti nei loro sedili senza sobbalzare in nessuna circostanza, con tanto di gamba che penzola fuori dall’elicottero, anche se questo esegue delle bardate improvvise e ovviamente non si fa uso di cinghie o sistemi di sicurezza. Puoi stare tranquillamente sotto l’elicottero che atterra e muoverti ancora prima che questo sia nuovamente decollato, ignorando ogni procedura di sicurezza e gli elisbarchi non avvengono a 30 km dall’obiettivo, ma a 300 metri. Hey, tanto è notte, il nemico non ti vede, ma soprattutto non ti sente.
E infine non approfondisco sulla fisica, la balistica, le traiettoria delle granate e di tanti altri fattori che in un simulatore, un gioco o come vuoi chiamarlo non so, fa lo stesso, non sono per niente realistici, perché fino a che starai nel sicuro della tua cameretta a premere tasti su una tastiera e gridare ordini in un microfono, per quanto tu possa essere rapido nei riflessi, per quanta esperienza tu possa avere accumulato, per quanti clan tu possa avere o addirittura esserne a capo, ricorda che stai solo giocando e che tutto quello che stai vivendo può essere interrotto in qualsiasi momento, messo in pausa, salvato e ricaricato e alla fine, qualsiasi cosa accada, che tu completi la missione o ricevi un colpo in piena fronte, i tuoi occhi resteranno aperti a guardare quello schermo e non fissi sul cielo o sul fango nel quale sei caduto senza vita.
Non c’è nessun drappo tricolore avvolto intorno alla tua bara, non c’è nessun collega o compagno ad aprire un foglietto di carta sull’altare cercando tra i singhiozzi e le lacrime di ricordarti e spendere qualche parola per te, i tuoi genitori, tua moglie, i tuoi figli, non piangono per la tua morte. Nessun Capo di Stato consegna una medaglia ai tuoi cari, nessuna via o piazza porta il tuo nome, nessun picchetto e nessuna tromba a suonare “il Silenzio“. È un gioco e tu sei ancora vivo.
Simulazioni di guerra: quando la realtà fa svanire tutto
Poi una bella mattina apri gli occhi e ti ritrovi in posti come Baghdad, Kosovo, Afghanistan, Libano, la Libia, a Gibuti nel famoso corno d’Africa e in altri posti esotici che non avresti mai pensato di visitare nemmeno durante una vacanza pagata. Oppure ti trovi per le strade di una qualsiasi città italiana che sia ad almeno 500 chilometri dalla tua, magari senza un aeroporto o mezzi diretti che ti colleghino agevolmente con il luogo nel quale sei nato e cresciuto e dove hai lasciato la tua famiglia da sola per svolgere il tuo dovere. Perché? Perché ti trovi lì? Perché, diavolo, da sempre hai giocato ai giochi di guerra, ai simulatori e da sempre la tua grande passione è stata quella di fare il soldato, perché sei sempre stato bravo con i giochi, hai sempre completato le tue missioni, hai killato intere squadre di altri giocatori come te, ma tu sei sempre stato più bravo. Allora ecco, quale migliore sbocco nella vita reale, se non quella di fare il soldato, il poliziotto, l’aviatore o il marinaio?
E quindi ti trovi in quei posti che conosci a memoria perché li hai percorsi in lungo e largo nei tuoi giochi preferiti, ma cos’è questa strana sensazione che senti? Cos’è quest’angoscia che ti prende? Sarà mica la sensazione di non poter mettere in pausa? Oppure il fatto che non puoi salvare i tuoi progressi? Secondo me potrebbe essere la consapevolezza che ti trovi a migliaia di chilometri da casa, al freddo estremo o al caldo soffocante, con una vera arma tra le mani che potresti dover usare in un qualsiasi momento, in posti dove ti hanno raccomandato di non toccare niente per svariati motivi: dal pericolo malattie o infezioni varie, al rischio radiazioni o contatto con materiali decaduti e potenzialmente letali, dei quali gli effetti si vedranno tra 20-30 anni.
È strano, perché durante le pattuglie nelle tue partite facevi tutto di corsa, non guardavi assolutamente i tuoi piedi cercando di non metterli su qualcosa che ti avrebbe fatto a pezzi in un istante, non andavi alla ricerca di fili che fuoriuscivano dal terreno, non guardavi le carcasse degli animali probabilmente imbottite di esplosivo pronte ad esplodere al tuo passaggio. Nei tuoi videogiochi le lattine o qualsiasi altra cosa ai bordi di una strada sono elementi grafici che arricchiscono il contesto e non rappresentano una probabile causa di morte, si procede spediti perché tanto la tecnologia satellitare e l’intelligence ti mostrano sulla mappa le posizioni esatte dei nemici anche dentro le case e l’unico pericolo che può ucciderti è quello. Ma adesso non sei in uno dei tuoi giochi e in una pattuglia, appiedata o motorizzata che sia, non ti era mai capitato di fermarti ogni 15 secondi per controllare il terreno davanti a te insieme alla tua squadra, col terrore che durante il controllo possa cadere vittima di un’imboscata. Non ti è mai capitato di fare 6 chilometri in 15 ore e non ti è mai capitato, passando dentro un villaggio, di vedere la gente che corre dentro casa perché sanno probabilmente che in concomitanza col tuo passaggio, potrebbe esserci un’esplosione. Oppure, quando ti va bene e la gente ti accorre incontro chiedendoti cibo e acqua, in quell’attimo di “festa” non penseresti mai che il bambino al quale hai appena allungato una stecca di cioccolato, guardandoti sorridente possa indicarti col dito e poi farti il gesto con la mano dell’esplosione e del tuo mezzo che viene sollevato in aria. Questo nessun gioco te lo ha mai simulato, vero?
Nei giochi a volte può capitare d’imbattersi in fosse comuni, ma difficilmente ti capiterà di doverci scavare dentro per tirare fuori quei pezzi di legno che sembrano corpi… O forse è il contrario, adesso non ricordo bene e comunque in un gioco non sentiresti mai il fetore e per quanto dettagliata la scena possa essere in un gioco, non penseresti mai che quelle “persone”, prima di finire lì, avevano una vita, una famiglia e che probabilmente non si meritavano nemmeno di finire lì sotto.
È strano rendersi conto che stai sparando senza mirare a un gruppo di persone che scendono a piedi o in moto dalla collina difronte a te con armi sotto braccio e quelle raffiche che senti sono rivolte proprio a te. Però che strano, credevi che una raffica di AK-47 l’avresti riconosciuta, il classico klack klack che si sente nei giochi è inconfondibile, ma, a parte che quando lo senti per davvero non stai lì a cercare di capire cos’è e poi, ti rendi anche conto che il suono che senti nei giochi, non è neanche lontanamente simile a quello vero. E non miri, non perché vuoi fare il figo come nei film, dove senza mirare si riesce a fare stragi, ma perché ti dimentichi anche come si fa, oppure perché non capisci nemmeno da dove arriva la minaccia e l’unica cosa che puoi fare e sperare di essere fortunato. Poi dopo un po’ senti il silenzio, forse ancora qualche colpo provenire dalle tue fila, i tuoi compagni che ancora scaricano qualche colpo, ma dal lato opposto non arriva più nulla. Non sai se sono andati via, se sono ancora lì, vivi, feriti o morti, ma non vai a controllare, semplicemente riprendi la tua strada e prosegui.
Ti potrebbe capitare di essere nel tuo turno libero, magari di smontare da un turno di guardia e finalmente ritornare alla tua tenda per fare una doccia e stenderti un po’ sulla tua branda, magari stai per prendere il PC con l’intento di giocare un po’, oppure fare una chiamata skype a casa e far sapere che va tutto bene e proprio in quel momento una bomba da mortaio si conficca nel terreno proprio davanti alla tua tenda, ma senza esplodere e l’unica cosa che scoppia è il panico. I tuoi compagni cominciano a correre all’impazzata e senti qualcuno gridare qualcosa, forse ordini o qualcos’altro e senti già colpi provenire a distanza, ma non sai se a sparare sono i tuoi o chissà chi. E allora cosa fai? In un gioco in genere non ci sono di queste scene, benché meno in un simulatore di guerra. E allora decidi di uscire dalla tua tenda con la tua arma in braccio, l’elmetto in testa slacciato e corri verso il versante dell’avamposto dal quale sembrano provenire i colpi. Lo scontro a fuoco non sai quanto dura, sembrano ore, ma non hai la cognizione del tempo e quando ancora una volta cala il silenzio, ti accorgi che sei in mutande, con elmetto calzato e la canna del tuo AR fumante e stranamente in tutto quel casino, ti scappa anche una risata con i tuoi compagni.
Nessun gioco simula la notizia di un mezzo della pattuglia che ti ha dato il cambio, ribaltatosi a causa di un’esplosione di un ordigno a breve distanza, per fortuna senza alcuna conseguenza, ma pensi subito che su quella stessa strada, pochi minuti prima eri passato tu. E poi a volte, come nei giochi, durante una colonna, dalla collina opposta al tuo versante vedi volare bombe da mortaio verso di te e per fortuna la parabola supera di gran lunga la tua posizione, andando a esplodere sul fianco della collina opposta. Senti anche qualche colpo provenire da lontano e immediatamente dopo, senti cantare le calibro 12 montate sui mezzi sopra di te e questo per un certo verso ti rassicura, ma al tempo stesso ti spaventa. La tua arma è inutile viste le distanze, strano però, perché nei giochi anche una pistola è in grado di uccidere a 500 metri. Poi improvvisamente vedi partire dalla collina come una striscia di fumo che supera di buoni 20 metri più in alto i primi mezzi della colonna e cominci già a preoccuparti, perché pensi che il prossimo RPG potrebbe davvero colpire uno dei mezzi. Per fortuna, per radio hai sentito del supporto aereo in arrivo e quando senti il boato dei caccia in avvicinamento, ti senti già meglio e va ancora meglio quando sulla collina dalla quale arrivano colpi e mortai, si sollevano enormi nuvole di polvere e fumo e poi non senti altro, soltanto l’ordine per radio di proseguire il movimento.
Nei giochi non sai mai che ora è, che giorno è e già ti sembra strano che una notizia che ricevi possa fissarti una data in mente in modo così indelebile. Nessun gioco ti lascia delle scene così vivide in mente con così tanta chiarezza da poterle raccontare come fossero appena accadute e succede così, che qualche ora prima di andare in servizio, peggio di 1000 bombe che esplodono contemporaneamente, arriva la notizia che il tuo capitano è stato vittima di un attentato durante il suo pattugliamento motorizzato, durante il quale sul suo mezzo, un ragazzo 20enne si è arrampicato in un attimo e ha infilato una granata nella botola superiore e che questa sia caduta tra i piedi dei tre militari nei sedili posteriore e che il tuo capitano, dopo avere tentato in ogni modo di buttarla fuori, si sia sdraiato di schiena sulla granata prima che esplodesse, facendo scudo col suo corpo e salvando la vita a 5 persone che si trovavano su quello stesso mezzo. Questa scena, in un gioco o in un film potrebbe anche capitare, ma nello spettacolo tutto deve continuare. Nella realtà quell’attimo si congela, ti senti impotente, vorresti andare lì per fare qualcosa, magari prendere e occuparti personalmente dell’attentatore, ma quello che riesci a fare è restare fermo, cercare di capire se sei sveglio o sei ancora a letto e non c’è molto da fare o da dire.
Ad anni di distanza ho giocato a tanti altri videogiochi, sono morto tante volte e tante volte ho visto morire gli altri giocatori nella mia stessa squadra, ma nessuno di questi ancora è riuscito a darmi le stesse sensazioni vissute finora in tutte quelle volte di cui ho sentito di un collega morto in un attentato all’estero, o in una rapina in un ufficio postale o una gioielleria, investito o travolto da un tir durante il suo servizio in autostrada, ferito per una coltellata o rimasto gravemente ustionato in un incendio. Potrei scriverne ancora e ancora e potrei raccontare di tutte le volte in cui arrivo sui luoghi d’incidenti e vari omicidi e assicurarvi che non c’è gioco splatter che mi abbia mai preparato abbastanza. Ma è il mio lavoro, è il mio dovere e nonostante tutto, io che sono ancora vivo, onoro e ricordo quelli che non lo sono più e in qualsiasi situazione, posso sempre rispondere al telefono che va tutto bene.
Ci vuole a volte ricordare la differenza tra gioco e realtà… articolo molto intenso e molto bello!
Il mondo, anzi la realtà ha infinite sfaccettature e con questo articolo sei riuscito a far vedere, anche chi era cieco…
Grazie giovanni, Ti ringrazio per il bellissimo commento, anche tu hai fatto uscire la parte poetica che c’è in te
“Il soldato prega più di tutti gli altri per la pace, perché è lui che deve patire e portare le ferite e le cicatrici più profonde della guerra.” Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, bravo Ben.
Bellissima frase ma soprattutto vera, grazie Leo