Avviare per la prima volta Sisters Royale: Five Sisters Under Fire sottopone il titolo a banali pregiudizi, per così dire. Tutto ciò che abbiamo sotto mano sono il nome, un artwork di copertina intrigante, e la sensazione che si tratti di uno shoot-em-up di qualche tipo.
Queste aspettative portano a un po’ di cauto ottimismo: a giudicare dallo stile grafico molto “moe” (ovvero “quello delle ragazze in stile manga, adorabili e con gli occhi grandi”) e dal nome, sembra in tutto un titolo sulla falsariga della serie Touhou.
Al momento, però, nessuno shoot-em-up di Touhou ha raggiunto Nintendo Switch, salvo l’omaggio diretto Azure Reflections. L’idea di avere quanto ci vada più vicino, per quanto il sottogenere dei bullet hell sia una sfida non da poco, è quantomeno entusiasmante. Riuscirà questo titolo a replicare la magia di Flandre Scarlet e delle sue streghette da strapazzo? Stiamo per scoprirlo.
“U.N. Ouch Was Her?”
“Un’antica profezia esiste nella terra di PULTIMA. Racconta di cinque sorelle che combinano i loro formidabili poteri magici per sconfiggere lo Scytan. Un giorno, come se si volesse avverare la profezia, cinque sorelle dalle doti mistiche considerevoli vennero alla luce. Però, sebbene la gente aspettò a lungo, le sorelle non sconfissero Scytan. Ad onor del vero, ognuna andò per la sua strada, vivendo lontano dal conflitto.”
Questa che abbiamo riportato qui, tradotta dall’introduzione in inglese, è la premessa pretenziosa su cui si basa la “trama” del gioco. L’inghippo, volutamente demenziale, con cui il gioco intende sovvertire i cliché del genere consiste in un odio atavico tra le cinque sorelle in questione; le ragazze si sono in seguito riunite, ma solo per farsi lo scalpo a vicenda per le attenzioni di un uomo.
Chiaramente, la narrazione iniziale ci tiene a farci sapere che questa quadriglia amorosa in stile Tenchi Muyo ha causato grande disperazione tra i comuni mortali che speravano nella sconfitta del malvagio Scytan, ma ai fini di gameplay il peso della narrazione è pressoché nullo. Andiamo avanti!
The Embodiment of Scarlet… gameplay
Già dal menù di base, le prime impressioni sul gioco sono più che solide. Il menù appare invitante, la musica anche, e il menù delle opzioni offre una buona varietà di… beh, di opzioni. Infatti, prima ancora di ritrovarsi nelle sparatorie del gioco, è possibile configurare i controlli, impostare la rotazione dello schermo, disattivare i dialoghi, e persino impostare le caratteristiche più impensabili come la dimensione dei proiettili.
Questi sono tutti segni di una consapevolezza da parte del team di sviluppo nei confronti dei gusti dei patiti del genere, anziché la volontà di rilasciare un prodotto mediocre. Per chi invece si sta gettando solo ora nella tana del lupo, è presente anche una modalità apposita per fare pratica. Fin qui, dunque, tutto procede per il meglio.
Le cinque sorelle a cui allude la trama (nonché il titolo) si presentano nella schermata di selezione personaggio: Sonay (la primogenita, stoica e provocante), Selma (la seconda, dolce ma schietta), Ece (la terza, androgina e teatrale), Nur (la penultima, di buon senso) e Lale (la più piccola, ingenua e infantile). I personaggi sono differenti quanto basta da distinguerne i tratti più caratteristici con una sola occhiata, ma come se la cava il gioco nelle fasi di gameplay vero e proprio?
Sorprendentemente, anziché volare nei cieli come in un qualsiasi Touhou, il nostro personaggio cammina a terra. La differenza, però, è solo visiva – ai fini del gameplay, la libertà di movimento è la medesima (velocità a parte). L’effetto sortito dal tutto riporta alla mente altri shoot-em-up come Guwange. Inoltre, anziché avere più tipi di fuoco come in Touhou, ogni personaggio una varietà di proiettili prefissata in base alla ragazza scelta.
In fase di recensione li ho provati tutti, e sebbene non abbia apportato chissà quali modifiche alle opzioni è palese che ci siano personaggi sproporzionatamente migliori di altri. Nella fattispecie, alludiamo a Sonay e Selma, che consigliamo maggiormente ai principianti.
Sonay è il personaggio di default, e non è difficile capire perché. Sebbene la sua portata di fuoco limitata la renda un personaggio “facile da usare ma difficile da padroneggiare”, il suo attacco speciale le fornisce una sorta di drone (organico, ma non sapremmo dire di che creatura si tratta) che ti permetterà, per farla semplice, di divorare il gioco. A stento avrai bisogno di cambiare il tipo di fuoco.
La seconda delle sorelline, d’altro canto, dispone di un attacco capace di dare al gameplay di Sisters Royale un sapore tutto suo. Anziché permettere di usare attacchi teleguidati, il suo colpo speciale permette a tre spade di circondarla; l’unico modo per attaccare i nemici in questo stato è quello di muoversi in cerchio accanto ad essi. Se c’è un motivo per comprare il gioco sulla base dei suoi soli meriti, è probabilmente questo.
Da queste premesse si può facilmente concludere che non si tratti di un gioco ispirato a Touhou, ma risulta molto più facile da descrivere come l’erede spirituale della serie Castle of Shikigami. Naturalmente, parlare tramite paragoni può risultare sibillino, quindi faremmo meglio a sviscerare maggiormente la cosa.
L’idea dietro il gioco consiste nell’appeal della grafica e, in parte, del design sonoro, per poi offrire un gameplay di sopravvivenza capace di intrigare il giocatore per ore, alla caccia del punteggio più alto. Salvo eccezioni, il gameplay non è necessariamente ispiratissimo, ma fa il suo lavoro.
Nella fattispecie, alludo soprattutto al level design. Non c’è nulla di male, fondamentalmente, quando si tratta del gameplay; il piazzamento dei nemici e il pattern dei proiettili sono funzionali, ma non c’è nulla che riesca a spiccare sul resto quanto basta da infondere un po’ di quella adrenalina tipica degli shoot-em-up (senza andare a toccare il sottogenere dei bullet hell). Oltre alle aggiunte di alcuni ostacoli elementali – un’idea concettualmente solida, ma implementata senza rischi – i livelli a stento si differenziano l’uno dall’altro.
Paheal-Station
La grafica, o forse dovremmo dire lo stile grafico, di Sisters Royale: Five Sisters Under Fire ha qualcosa di familiare, ma non necessariamente in senso positivo. Il modo in cui si presenta il gioco, a tratti, rasenta l’arcaico: in alcuni frangenti, pare di avere di fronte un titolo per PlayStation – la prima – tirato a lucido. Va detto che, molto probabilmente, questa presa di posizione per modelli 3D e design dei nemici è una scelta stilistica deliberata: l’aspetto cartoonesco mira ad attirare il giocatore, ma finisce per apparire generico.
Il framerate, almeno, rimane solido e consistente, dando una sensazione di fluidità alle sessioni di gioco. Peccato solo per un problema di Sisters Royale: l’input lag. Da subito, un senso di “scivolosità”, permea il feedback che il titolo offre al giocatore. Per chi vuole i “numeri esatti”, si parla di più o meno sei frame di input lag. Tutti gli shoot-em-up su Nintendo Switch sono affetti da un lag maggiore rispetto alle loro controparti per PC o PlayStation 4, ma Sisters Royale tende a zoppicare anche se messo a confronto con altri giochi che abbiamo recensito di recente.
Anche a livello musicale il gioco soffre di anonimato. A parte forse la musica del menù principale, nessun brano vanta quella marcia in più che contraddistingue invece le note composte da ZUN per la serie Touhou. Per dare un’idea, talvolta nel secondo stage si può incappare in un glitch capace di disabilitare la musica; eppure, il silenzio si fa “assordante” – per rifarci al consueto ossimoro – solo a fine livello. Non si tratta di musica orrenda in alcun modo, solo di melodie molto generiche.
La longevità lascia un po’ il tempo che trova, ma questo fa un poco parte del gioco (metaforicamente parlando). Ogni gioco che vive di un’anima prettamente arcade, infatti, fa leva sulla sua difficoltà – o presunta tale, in questo caso – per tenere impegnato il giocatore ancora un altro po’. A qualsiasi livello di difficoltà, però, questo titolo punisce la morte del giocatore con un semplice azzeramento del punteggio, quindi il completamento dei livelli fine a sé stesso non pone ostacoli veri e propri.
In generale, Sisters Royale: Five Sisters Under Fire estende ad ogni suo aspetto un senso di anonimato, visto che molti altri shoot-em-up come la già citata serie Castle of Shikigami hanno dalla loro parte una leggerezza capace di attribuire loro un fascino magnetico. Al di là del fanservice delle protagoniste, non abbiamo di fronte un gioco dalla personalità marcata – Sisters Royale è un gioco senza infamia né lode. I punti di forza ci sono, come le spade di Selma, ma da soli non valgono il prezzo d’ingresso. Non è un acquisto di cui pentirsi, ma nemmeno uno di cui gioire.