Skully ci porta in un paradiso terrestre circondato dalle onde e apparentemente sconosciuto alla razza umana, dove gli innumerevoli panorami in cui la natura incontaminata può dare il meglio di sé, per quanto capaci di mozzare il fiato, non sembrano essere la cosa più magica.
Non ci troviamo su un’isola qualunque ma nel luogo dove pare aver origine tutta quanta l’energia del mondo. È proprio qui che giocando a Skully dobbiamo imparare a muovere i primi passi o, per meglio dire, a rotolare come dei sassi.
Ad ogni modo, la magia elementale che rende così unico questo luogo rischia anche di portarlo alla disfatta e trovare il modo di ripristinare l’equilibrio, preservando quindi l’intero creato, spetta a noi giocatori. Ma qual è la minaccia incombente che grava su questo territorio incantato?
Dei gravi problemi (familiari)
Prima di diventare una biglia magica che rimbalza all’impazzata da una parte all’altra di un’isola, il nostro piccolo protagonista non era altro che un vecchio cranio ormai privo di vita, che viaggiava senza meta in completa balia delle onde. Subito dopo aver avviato il gioco però, le forme tondeggianti del nostro amico ossuto incontrano l’abbraccio di una spiaggia soleggiante e noi, ancora rilegati al ruolo di semplici spettatori, facciamo la conoscenza del simpatico Terry.
Non sono certo che si possa definire fortuna, tuttavia il nostro nuovo amico conosce molto bene l’isola su cui siamo finiti, così come i poteri magici che la caratterizzano. Ora, ciò che prima si limitava a essere un freddo teschio inanimato, grazie all’argilla magica che fluisce da quel terreno, è tornato a essere pieno di vita e vanta persino una coscienza propria. Il suo nome è Skully.
È proprio qui, grazie all’intervento di Terry, che ha inizio la nostra avventura e senza entrare nei dettagli di quelle che sono le sue motivazioni, passerei immediatamente a un mio primo giudizio in merito. La narrativa in Skully riveste un ruolo piuttosto significativo e nonostante un’evidente mancanza di originalità, è innegabile che essa accompagni il giocatore dall’inizio alla fine dell’intera esperienza.
La trama del gioco, scandita da dialoghi in game e cutscene realizzate attraverso l’accostamento di immagini statiche in una sorta di effetto stop-motion, non stupisce e a malapena lascia il segno. È proprio lei però che nel fare da sfondo a un gameplay capace di divertire, riesce a dare al giocatore un motivo in più per continuare a esserlo.
Chi rotola vive, o almeno così dicono
Nel caso ti fossi distratto/a in fase di apertura, Skully è un platform tridimensionale ampiamente basato sulla fisica di gioco, dove l’immediatezza di un gameplay solido punta a evolversi in qualcosa di più. Il titolo è suddiviso in 18 capitoli che potremmo definire livelli, nei quali si alternano sezioni guidate e scenari talvolta più aperti che, senza mai arrivare a essere dispersivi, riescono nell’intento d’instillare in chi gioca una sensazione di apparente libertà.
Lo scopo del giocatore è ovviamente quello di raggiungere la fine di ogni capitolo e nel farlo, proprio come in moltissimi altri esponenti di questo storico genere, raccogliere il maggior numero possibile di oggetti collezionabili. Questi, rappresentati come particolari fiori dorati, sono sparsi per tutti i livelli e oltre ad assumere una funziona indicativa di quale potrebbe essere la via da seguire, permettono di sbloccare gli artwork del titolo una volta raggiunte delle soglie prestabilite.
Come ho già detto, nonostante in un primo momento il titolo possa risultare molto basilare, Skully non è certo un’opera che si accontenta di un gameplay semplicistico. Salto e rotolata infatti, che a prima vista possono sembrare gli unici modi per interagire con l’ambiente, finiscono ben presto con il lasciare spazio a meccaniche un po’ più elaborate.
Le maggiori novità in tal senso, introdotte in maniera graduale mano a mano che avanziamo nella trama di gioco, sono rappresentate dalle varie evocazioni su cui Skully può fare affidamento. Ognuna di queste tre differenti forme infatti, assumibili a nostro piacimento una volta raggiunto un qualsiasi checkpoint, vanta capacità tanto uniche quanto indispensabili al nostro proseguimento.
A renderci la vita difficile, oltre alla furia dei 4 elementi, ci pensano infine gli enigmi ambientali basati sulle varie trasformazioni di Skully. Questi, posizionati oculatamente specie nei livelli più avanzati del gioco, contribuiscono a rendere l’intera esperienza sicuramente più variegata, donandole inoltre una curva della difficoltà a conti fatti ben gestita. Per quanto alcune situazioni vengano ripresentate più volte nel corso dell’avventura, il titolo risulta sufficientemente propositivo.
Un comparto tecnico che arranca
Dopo averti parlato di una trama un po’ insipida e di un gameplay immediato dalle solide basi, è arrivato come sempre il momento di introdurti al comparto tecnico del videogioco di oggi. Se è vero che da un lato i limiti di Skully possono passare in secondo piano, è altrettanto certo che in questa sezione alcuni di essi risultino evidenti e senza soffermarmi sul comparto artistico, che per quanto modesto fa il suo dovere, ci tengo a parlarti di quei dettagli che sarebbe opportuno chiamare difetti.
Primo fra tutti la telecamera del titolo che negli spazi stretti e in più di un’occasione, come quando è necessario scappare da una minaccia in movimento, rema decisamente a sfavore di chi gioca deviando l’elogiata difficoltà del titolo su binari artificiali e poco raccomandabili. Se a questo aggiungiamo poi una reattività dei comandi non sempre sul pezzo, delle texture a cui non piace arrivare puntuali e una colonna sonora fin troppo ridondante, ecco che il gioco si adagia sui propri limiti precludendosi la chance di arrivare più in alto.