Slave Zero X è un titolo che parte da premesse molto interessanti: un beat ’em up con forti elementi action, che quindi presenta al giocatore un sistema di combattimento profondo e stratificato, pieno di combo da eseguire e di nemici da trucidare. Meglio ancora: tutto questo è ambientato nell’universo narrativo di Slave Zero che, per quanto originale, non ha goduto di una fama abbastanza ampia da vedere troppi capitoli. In pratica, una manna dal cielo per i fan? Scopriamolo in questa recensione?
La trama di Slave Zero X
Slave Zero X ci mette nei panni di Shou, un soldato che ha deciso di tradire la sua causa. Il suo maestro utilizza infatti dei mecha slave – ovvero delle macchine senzienti parzialmente “biologiche” – come vere e proprie armi da guerra, senza rimorso di alcun tipo. Stanco di questa situazione, il protagonista decide di recuperare una di queste unità, in modo da iniziare una fuga che lo possa portare al suo maestro per poterlo eliminare.
L’incipit, per quanto interessante, si dimostra poi poco approfondito, per via di una gestione frettolosa di dialoghi, situazioni e personaggi. Quasi tutta la narrazione, infatti, viene affidata a brevi dialoghi che i personaggi si scambiano durante…i combattimenti. Di conseguenza, proprio come era impossibile seguire i discorsi di GTA senza andare a schiantarsi su un muro o investire qualche pedone, risulta impossibile seguire una storia mentre si combatte con un gran numero di nemici.
Alla fine, quindi, la storia di Slave Zero X risulta limitarsi quasi all’incipit iniziale, che quindi diventa un mero pretesto per gettare il giocatore nella mischia e perde presto di qualsivoglia forma di profondità.
Combo? Forse!
Il gameplay di Slave Zero X parte da un loop semplice e teoricamente efficace: si inizia un livello da un punto A, si avanza verso destra tranciando tutto ciò che si muove e si arriva a un punto B dove si conclude il livello in questione o si affronta un boss. Questa sorta di struttura da beat ’em up viene poi arricchita da una grandissima enfasi sui combattimenti, che a loro volta sembrano quasi richiamare una versione 2D di uno stylish action. In pratica, qualcosa di vagamente simile ad ICEY.
Slave Zero X si basa quindi quasi del tutto sugli scontri, che diventano praticamente l’unico cavallo di battaglia della produzione. La componente esplorativa dei livelli è infatti ridotta all’osso e può essere riassunta nel semplice avanzare verso destra. Certo, ci sono alcune brevi e occasionali sezioni platform, ma i controlli del titolo – palesemente strutturati intorno ai combattimenti – le rendono semplicemente frustranti e prive di mordente.
Vediamo quindi questi controlli. Il nostro eroe ha a disposizione attacchi leggeri e pesanti, una schivata, un parry e diverse mosse speciali. Una tra queste permette di generare un’esplosione AoE al riempimento di una barra, mentre l’altra è… un’altra barra…che quando viene riempita aumenta i danni degli attacchi.
A queste basi si aggiungono poi diverse meccaniche che danno profondità al combattimento, come la possibilità di caricare gli attacchi pesanti, quella di alternare velocemente colpi leggeri e pesanti per cancellare le animazioni, così come la possibilità di lanciare i nemici in aria e destreggiarsi tra varie combo. Questo almeno a livello teorico.
Si perché, se effettivamente Slave Zero X propone tutti questi elementi, pad alla mano il risultato è poco esaltante. I controlli risultano spesso imprecisi, rendendo per esempio impossibile parare con intenzionalità, la schivata non sempre funziona e le combo non sempre si attivano come ci si aspetterebbe. Questo, combinato al gran numero di nemici che spesso stunlockano il protagonista, porta ben presto alla strategia più antica che i giocatori conoscano: il button mashing.
Molti scontri difficili si risolvono infatti con lo spam della combo base, magari alternata ai colpi speciali e alla possibilità di lanciare granate. Il sistema di combo, infatti, è spesso troppo impreciso per essere affidabile e nelle situazioni più critiche si tende quindi a ricorrere alle basi.
Questo rende Slave Zero X una sorta di beat ’em up blando, che non riesce a regalare soddisfazioni e che finisce per basarsi sul semplice avanzamento dei livelli. Sia chiaro, tutto questo non risulta sempre impreciso ed è possibile intavolare qualche combinazione soddisfacente, tuttavia gli scontri non vantano la precisione che ci si aspetterebbe da un titolo basato quasi interamente sul comparto action. Peraltro, proprio questa enfasi sugli scontri rende il gioco molto ripetitivo, anche per via dell’imprecisione generale delle combo.
Infine, Slave Zero X propone una leggera componente ruolistica, dando modo al giocatore di potenziare tecniche, acquistare oggetti e così via. Una meccanica piacevole, che però si interseca con i combattimenti, dato che un numero maggiore di combo fornisce più soldi da spendere. Ecco quindi che l’imprecisione del sistema di combattimento può diventare un problema, rendendo il giocatore troppo “povero”.
In sintesi, Slave Zero X è un action buono, che può sicuramente divertire chi cerca un gameplay veloce e “vecchia scuola”. I suoi difetti evidenti, però, ne abbassano pesantemente la valutazione e devono essere presi in considerazione durante l’acquisto.
Graficamente bellissimo
Il comparto tecnico è forse il punto più riuscito di Slave Zero X. Il titolo presenta sprite bidimensionali animati molto bene, a cui si affiancano effetti sempre soddisfacenti. Allo stesso modo, troviamo ambienti tridimensionali che fanno da sfondo e spesso danno anche profondità ai livelli stessi, che si compongono di curve e interazioni di profondità sempre sorprendenti in un contesto 2D. Allo stesso modo, il comparto estetico è degno di nota, dato che prende a piene mani dal mondo di Slave Zero, con qualche nuovo picco di originalità, ed è forse il motivo principale per cui approcciarsi alla produzione.
Infine, il comparto sonoro è buono, con musiche ed effetti sempre adatti alle varie occasioni.