Slay the Spire è sicuramente un titolo da tenere in considerazione. Ancora di più se parliamo della versione per Nintendo Switch, dato che la struttura di gioco lo rende semplicemente perfetto sia per i ritagli di tempo, che per sessioni prolungate. Questo particolarissimo indie, infatti, propone al giocatore un gameplay davero unico, composto da un originale ibrido tra roguelike e card game. Ogni giocata è diversa, la morte è permanente e le carte per comporre il deck si trovano solo durante la partita.
Ciò che beneficia di tutto questo è certamente il sitema di combattimento, il quale riesce a delineare degli scontri memorabili ed esaltanti, fatti di combo, effetti attivi e passivi, reliquie e pozioni (che spesso ci si dimentica di usare).
La storia di tre eroi
Come la maggior parte dei titoli del genere, Slay the Spire non ha un vero e proprio intreccio di fatti. Il giocatore veste i panni di uno fra tre avventurieri intenti a esplorare una torre. L’obiettivo ultimo di questa difficile scalata è, chiaramente, quello di “sconfiggere” la Spire, ovvero il dungeon stesso in cui è ambientata l’intera avventura.
Più che la trama, ciò che è degno di nota nel gioco è la cura riposta nelle ambientazioni, nei nemici e nei disegni estremamente curati. Durante le partite un’atmosfera fantasy leggermente cupa pervade l’esplorazione: potremmo imbatterci in una setta di vampiri, una reliquia maledetta o un serpente con un sorriso troppo marcato. C’è davvero di tutto.
Una scalata verso la morte
Il fulcro di Slay the Spire è, senza ombra di dubbio, il gameplay. Questo è così ben strutturato che riesce a divertire il giocatore anche dopo tantissime ore e dopo svariate partite. Di fatto, ognuno dei tre personaggi selezionabili può vantare carte e stili di gioco unici, pensati appositamente per la creazione di determinate build nella costruzione dei rispettivi deck. Anche se le carte totali di ogni eroe sono, per forza di cose, limitate, ci sono davvero tantissime combinazioni disponibili per la creazione del mazzo. A questo si aggiunge la necessità di adattarsi ai ritrovamenti di ogni partita, che sono casuali.
Ogni avventura inizia con la scelta del nostro personaggio che, come già accennato, può essere selezionato tra tre classi differenti:
- Ironclad, un vero e proprio guerriero in grado di recuperare PV dopo ogni scontro e con carte molto bilanciate,
- Silent, una cacciatrice che punta tutto sul danno, avvelenando le lame o utilizzando altri sotterfugi,
- Defect, un automa magico con degli speciali globi utilizzabili in combattimento e combinabili con le carte.
Come accennato, ogni eroe può vantare strategie differenti, date da mazzi dissimili: solo l’automa è in grado di evocare dei globi e solo la cacciatrice vanterà la lama avvelenata. Ci sono dei modi per avere dei deck misti, ma parliamo di eccezioni. Senza dubbio, Ironclad è un ottimo inizio, date le sue carte bilanciate e la capacità di recuperare costantemente punti vita. Andando avanti, però, si sentirà la necessità di sperimentare strategie più complesse e l’utilizzo degli altri due personaggi risulterà estremamente più appagante.
Dopo aver scelto il nostro avventuriero, ci troviamo davanti la mappa di gioco. Questa è composta da diverse icone collegate tra loro. Non c’è una vera e propria esplorazione, ma si selezionano i simboli corrispondenti ai diversi tipi di stanza per entrare, affrontarne gli ostacoli, e proseguire. Chiaramente il dungeon è composto principalmente da mostri da sconfiggere,ma oltre a questi ci sono diversi tipi di stanze. Quelle incognita, con un contenuto casuale che solitamente propone una descrizione a scelta multipla; vediamo poi le elité, che contengono mostri molto potenti (e con un loot utilissimo); si aggiungono le stanze bottino, i falò e i mercanti.
Questi ultimi ci permettono di acquistare carte (o di rimuoverle), reliquie e pozioni. Tutti oggetti ottenibili in altro modo, ma che qui sono facilmente reperibili se si hanno abbastanza monete. I falò, invece, sono preziosi punti di ristoro dove riposare per recuperare PV o per rendere più efficaci le carte in nostro possesso.
Arriviamo ora al fulcro di Slay the Spire: i combattimenti che, come ho detto, costituiscono gran parte dell’esperienza di gioco. Questi hanno una struttura a turni, in cui il nostro personaggio e i nemici alternano gli attacchi.
Ogni azione svolta dall’eroe è definita dal deck costruito nella partita. Si parte inizialmente da una manciata di carte basilari, e successivamente se ne aggiungono altre reperite alla fine degli scontri o durante le stanze incognita e loot. Le carte vanno dagli attacchi normali, fino ai blocchi per prevenire il danno nemico, passando per una lunga serie di poteri, status e abilità: possiamo avvelenare gli avversari, attivare skill passive che durano tutta la battaglia, ottenere energia o utilizzare effetti che diventano devastanti in combinazione con altri.
C’è davvero tanta, tantissima varietà e anche dopo aver visto tutto, il reperimento casuale delle carte rende diversa ogni partita, impedendo di fossilizzarsi sulla stessa strategia o build. In Slay the Spire bisogna adattarsi, costruendo combo nuove ogni volta. A questo contribuiscono anche i nemici, che vantano sempre caratteristiche uniche. Anche loro possono infliggere vari status, avere abilità passive particolari (per esempio possiamo trovare un mostro con una grande forza fisica, che però si riduce a ogni danno subito) o persino evocare dei rinforzi più deboli. Ognuno di essi va preso con la dovuta cautela e nessuno scontro va affrontato a cuor leggero, dato che i danni subiti si accumulano.
Tutte le azioni da noi svolte nelle battaglie richiedono una certa energia, che funziona in modo simile a giochi come hearthstone: si parte da un numero iniziale di 3 e ogni carta giocata sottrae un certo numero di punti a questo valore in base alla sua potenza ed efficacia. Ci sono modi per aumentare i punti totali, solitamente dati da effetti speciali.
A questo si aggiungono le reliquie e le pozioni. Le prime sono ottenibili in situazioni particolari o sconfiggendo i nemici elité e ci forniscono potenti abilità passive (come farci evitare di scartare la mano a fine turno, energia extra e molto altro). Le seconde, invece, ci consentono di curarci, infliggere status più disparati, avere un aumento di forza temporaneo e così via.
In pratica, il gameplay di Slay the Spire è immediato da apprendere ma estremamente profondo e ci sono davvero tantissimi modi per sfruttare tutto ciò che il titolo mette a disposizione. Costruire il deck, infatti è un’operazione molto delicata: aggiungere carte a casaccio significa avere strategie poco efficaci e, allo stesso modo, creare mazzi troppo corposi diminuisce la possibiltà di pescare le carte migliori. Purtroppo, può capitare di ritrovarsi mani particolarmente sfortunate, ma la maggior parte dei casi dipende tutto da come noi abbiamo deciso di costruire il nostro prezioso deck. Non va dimenticato, infatti, che quest’ultimo raccoglie tutte le azioni da svolgere nei combattimenti: con troppe carte “difensive” non si faranno abbastanza danni, troppi attacchi ci lasciano vulnerabili e i poteri non servono a niente se non si combinano a dovere.
Tutto questo è racchiuso in una meccanica propria del genere: la morte permanente. Quando si muore, tutto ricomincia da capo, con dungeon, carte, reliquie e stanze completamente diversi. Si riparte con le carte base e si scala nuovamente la torre cercando di adattarsi a nuovi ritrovamenti e ostacoli. Frustrante? Assolutamente no. Ogni partita è una nuova avventura e un’occasione di provare strategie dissimili dalle precedenti. Ciò che abbiamo di fronte, invece, crea la classica sensazione da “ancora un altro tentativo”, che ci accompagnerà anche dopo diverse ore. La giocabilità portatile data da Nintendo Switch, peraltro, rende tutto anche più fruibile.
Una torre disegnata a mano
L’eccellenza di Slay the Spire non si ferma qui. La realizzazione tecnica del titolo è senza sbavature, con animazioni fluide ed effetti sempre convincenti. I personaggi, i mostri e gli sfondi sono disegnati egregiamente e sempre ben definiti.
Si aggiunge un comparto sonoro composto da musiche orecchiabili, perfette per accompagnare ogni momento delle partite.
In sintesi
Slay the Spire è un roguelite eccelso, creato in modo semplicemente perfetto. L’equilibrio tra dungeon crawler e card game è bilanciato egregiamente e nessuna partita è eccessivamente lasciata al caso (nonostante il fattore fortuna ogni tanto giochi un ruolo decisivo). Il gameplay è immediato, ma estremamente profondo, e la costruzione dei deck permette davvero tantissime build. A questo si aggiungono effetti attivi e passivi spiccatamente GDR che rendono tutto molto intrigante.
Chiude il cerchio una realizzazione tecnica eccelsa che impreziosisce il gioco e rende tutto più piacevole. Un vero e proprio must per gli appassionati del genere.