Se c’é una cosa che Song of Iron fa è indubbiamente vendersi bene. Un aspetto esteriore da titolo di prima qualità, rimandi all’epica nordica ed ai vichinghi che hanno sempre facile breccia nei cuori dei videogiocatori (vero God of War?) ed un gameplay che, sulla carta, sembra tanto fluido e dinamico quanto realistico e divertente.
Insomma, se uno dovesse valutare il pacchetto per come viene presentato, Song of Iron sarebbe già promosso a pieni voti, ma è davvero così? Vale davvero la pena acquistarlo? O una volta aperto il pacco-regalo ci troveremo davanti ad un triste maglione della nonna?
Andiamo con ordine. Song of Iron è un beat’em up bidimensionale con elementi derivati da platform e puzzle game ed è il primo lavoro completo di Resting Relic, studio indipendente che in precedenza era conosciuto come Escape e poi deve essersi reso conto che, forse, come nome era un po’ troppo vago.
Ora, in realtà definire Resting Relic uno studio è una bugia, perché dietro questo enorme lavoro c’é una persona sola, tale Joe Winter. Questi si è messo in proprio con l’intenzione di creare videogiochi che siano unici, bellissimi, soddisfacenti ed offrano una fuga ad alta qualità dalla realtà. Sarà riuscito a raggiungere il suo scopo con Song of Iron? Scopriamolo insieme.
Un canto di vendetta e speranza
Song of Iron non ha una narrazione diretta, nessuna introduzione, pochissimo testo ed il protagonista parla poco, ma bastano le immagini per farci capire che questa è una storia di vendetta e speranza. Il gioco si apre infatti con il nostro vichingo davanti ad un falò e da un flashback in game capiamo che il suo villaggio è stato attaccato e bruciato, i suoi cari e la sua famiglia uccisi.
Non si capisce chi lo abbia fatto o perché, probabilmente un villaggio rivale di guerrieri, ma una cosa è chiara: se vuoi che i pochi sopravvissuti continuino a vivere, non puoi lasciare le cose come sono. Certo, sei solo un uomo, un semplice guerriero umano, ma circolano leggende di antiche reliquie e divinità che donano la loro forza a chi sa dimostrare di meritarsela. Ascolteranno le tue preghiere di sangue? Riuscirai a sopravvivere all’enorme viaggio che ti attende?
L‘ispirazione di Song of Iron è chiaramente quell’epica nordica che abbiamo già citato e l’atmosfera iniziale è indubbiamente centrata, ma, proseguendo nel gioco, le citazioni si moltiplicano. A volte in modo soft, altre proprio no. C’é un’intera sezione con i goblin e i troll che cita spudoratamente il Signore degli Anelli in modo eccessivamente palese.
Nonostante questi brevi passi falsi, il titolo si mantiene comunque fedele alla propria premessa… quasi fino alla fine. Senza fare troppi spoiler, infatti, l’ultima sezione di gioco presenta un plot twist tanto sorprendente quanto davvero fuori luogo. L’ho trovata una terribile caduta di stile non necessaria che rovina quanto di buono era stato fatto fino a quel momento, narrativamente parlando.
Un canto tanto promettente quanto disarmonico
Passando al gameplay, come già detto, Song of Iron è un beat’em up bidimensionale che, per voce del suo sviluppatore, ha un sistema di controllo realistico e fluido. In effetti i comandi proposti sono tanto promettenti quanto affascinanti. Con la leva sinistra ci muoviamo a destra ed a sinistra, tenendo premuto in tasto possiamo correre e, se ci abbassiamo mentre corriamo, eseguiamo una scivolata (ovviamente possiamo anche strisciare).
Per quanto riguarda i tasti, con uno attacchiamo e possiamo sia eseguire ripetuti attacchi veloci che caricare un attacco più potente, con un altro saltiamo e ci arrampichiamo, con un terzo alziamo l’eventuale scudo (se lo abbiamo, per proteggerci), con un quarto lanciamo l’arma che abbiamo in mano al momento e con un quinto rotoliamo in una direzione schivando gli attacchi nemici. Infine con un ultimo tasto possiamo imbracciare l’arco e usarlo per attaccare dalla distanza.
Inizialmente il nostro personaggio sarà disarmato, ma usando un apposito tasto potremo raccogliere gli oggetti o che troviamo a terra sparsi per i livelli o che vengono lasciati cadere dai nemici. La posizione degli oggetti è molto naturale e realistica. Per esempio, sarà quasi sempre possibile raccogliere le armi lanciate a terra e le frecce dai cadaveri dei nemici. Con lo stesso tasto potremo anche afferrare e trascinare degli appositi blocchi da usare in piccoli puzzle.
Proseguendo nel gioco si troveranno anche delle reliquie che permetteranno di potenziare con la magia alcuni attacchi o di eseguire alcune azioni speciali, tipo sfondare pavimenti o attivare appositi tasti. Queste consumeranno un’apposita barra che si aggiungerà a due presenti fin dall’inizio, una relativa alla vita del nostro personaggio ed una che è la stamina e diminuisce per ogni azione che facciamo.
Bisogna essere onesti, il sistema di combattimento è davvero molto realistico. Sia le armi che gli scudi si consumano con l’utilizzo. Le frecce restano piantate nel punto che colpiscono ed è possibile addirittura staccarle dal proprio corpo per riusarle contro i nemici. Inoltre l’HUD minimale aiuta nell’immersione del videogiocatore.
Per quanto Song of Iron sia strutturato a livelli, c’é una soluzione di continuità costante tra questi e le transizioni avvengono in modo naturale. Ogni breve sezione è rappresentata da un piccolo checkpoint luminoso quasi invisibile (a volte non l’ho proprio notato) mentre le macro-aree possono essere riconosciute dalla tematica grafica proposta (bosco, caverne, montagne innevate e così via).
C’é anche un forte focus sulla furtività e molti scontri sono evitabili muovendosi con accortezza alle spalle dei nemici e al di fuori delle aree di luce, per quanto devo dire che quest’ultima feature mi è sembrata un po’ glitchata. E’ successo più volte di essere visto quando non dovevo, ritrovandomi in scontri evitabilissimi, mentre altre volte non sono stato notato neanche camminando addosso ai nemici.
Purtroppo questi non sono gli unici problemi e il gameplay di Song of Iron è afflitto da alcuni problemi tecnici non da poco. Tralasciando che il gioco è estremamente pesante e tende a laggare parecchio anche su macchine performanti, al punto che può capitare di premere tasti e non veder succedere nulla, il problema più grosso è nella hit-detection che è eccessivamente precisa e imprecisa allo stesso tempo.
Se nell’eseguire il colpo il tuo braccio attraversa il bersaglio in modo che l’ascia colpisca dietro di esso, non lo colpirai anche se gli sei praticamente addosso. La cosa può diventare frustrante molto velocemente. C’é una sezione di un livello dove devi spezzare un tronco per proseguire e ho perso un’ora a capire cosa fare, prima di scoprire per caso che bastava attaccare dopo aver fatto un paio di passi indietro.
Ma l’elenco dei problemi di gameplay potrebbe proseguire molto più a lungo. Si va da glitch grafici che compromettono il gioco obbligando a ripartire da un checkpoint suicidandosi, fino a un generale sbilanciamento. Di base il lanciare l’arma è un attacco troppo potente, così come lo è il rotolare per schivare gli attacchi. Usando queste due cose, il titolo diventa semplicissimo, salvo glitch che non rovinino il tutto, ovvio.
Un canto epico e monumentale
Se le promettenti premesse date dal gameplay di Song of Iron vengono purtroppo disattese nella pratica del gioco, lo stesso non si può dire del comparto artistico. Chi cerca un titolo carico di epica nordica sarà più che soddisfatto da quanto proposto.
Ogni scenario messo in campo da Song of Iron è realizzato in modo sopraffino e con una ricercatezza artistica che è propria dei titoli indie, anche se a volte va a scapito del gameplay (soprattutto quando ci si ritrova a combattere dietro un albero). Gli effetti di luce e ombra sono qualcosa di stupendo e capiterà più volte di rimanere incantati a fissare quanto abbiamo davanti.
I nemici si sposano poi bene con tutto il resto e il fatto che luci ed ombre siano sfruttate anche per meccaniche di gioco le rende ancora più valide. E’ evidente che molto è stato fatto per nascondere le sicure imperfezioni grafiche presenti in alcuni punti, inevitabili per un titolo realizzato in solitario, ma il risultato finale è difficilmente deludente per l’occhio.
Tanto meno lo è per altro per l’orecchio. La soundtrack riesce ad evocare quell’epica così tanto ricercata da tutto il pacchetto grafico con sinfonie che non sfigurerebbero in un grande film di Hollywood. Anche i suoni sono appropriati ed indicati e potranno essere sfruttati in più occasioni a fini di gameplay, soprattutto nelle già citate sezioni “furtive.”
Un canto apprezzabile solo perché solista
Concludendo il nostro discorso, Song of Iron è un titolo davvero spettacolare ed appagante da guardare, molto meno purtroppo da giocare. I molti difetti di gameplay lo rendono un titolo più difficile o facile del previsto e la cosa va tristemente a caso. Peccato perché le premesse erano davvero interessanti e promettenti.
Va inoltre sottolineato come la narrazione, ad un certo punto, abbia una svolta che può far storcere il naso ai più puristi. Di base è un gioco che non promuoverei… se non fosse che è il lavoro di una sola persona ed in tal senso è tanto impressionante quanto monumentale. Per altro in questi giorni è uscita una patch che dovrebbe aver risolto alcuni dei difetti di gameplay elencati, segno che Song of Iron è ancora un lavoro in divenire e non abbandonato a sé stesso.
Ne consiglio l’acquisto? Se hai un computer bello potente e ti piace il genere, sia di gioco che di ambientazione, assolutamente si, anche se devi essere psicologicamente pronto ad un twist finale che potrebbe sorprenderti sia in bene che in male. Non posso dirti nulla, ma non ti aspettare troppo perché è un po’ deludente. Non aiuta neanche che tutto il gioco duri si e no 3/4 ore.
Song of Iron di per sé non è neanche economico. Su Steam viene quasi 17 euro e non è certo un piccolo investimento. Tuttavia, se devo essere onesto, il lavoro svolto nel comparto artistico e le buone premesse valgono ogni centesimo. Il problema di Song of Iron non è il costo, quanto che sia un titolo imperfetto ed incompleto, un gioco che deve essere ancora perfezionato per raggiungere il suo massimo splendore.