L’annuncio dell’assenza di Sony al prossimo E3 2019 ha creato sicuramente scompiglio, sia fra la stampa specializzata sia nel pubblico sempre entusiasta nell’attesa di un evento che viene percepito come il Natale del videogioco. Anche il sottoscritto ha sobbalzato dalla sedia interdetto quando ha appreso che PlayStation all’E3 2019 proprio non ci sarà. A mente fredda ho analizzato la questione e, alla luce delle dichiarazioni di Shawn Layden, Capo di SIE Worldwide Studios, che trovate qui sotto, vi propongo un’analisi delle scelte di Sony e dell’andamento del mercato videoludico con le sue conseguenze in termini di marketing e pubblicità.
“Now we have an event in February called Destination PlayStation, where we bring all retailers and third-party partners to come hear the story for the year. They’re making purchasing discussions in February. June, now, is just too late to have a Christmas holiday discussion with retailers. So retail has really dropped off. And journalists now, with the internet and the fact that 24/7 there is game news, it’s lost its impact around that. So the trade show became a trade show without a lot of trade activity. The world has changed, but E3 hasn’t necessarily changed with it”
Shawn Layden indica come prossimo evento il Destination PlayStation (25-28 febbraio), dove Sony incontrerà i venditori retail e le terze parti per discutere dell’anno in corso. Aggiunge, che se dovessero parlare a Giugno del periodo natalizio con i retailers, sarebbe una data troppo in avanti nel tempo e questo danneggerebbe proprio i retailers stessi. Per quanto riguarda i giornalisti, egli sostiene che con la presenza massiccia di internet e di news H24, l’E3 non abbia più lo stesso impatto di prima. In sostanza, Layden afferma che l’E3 da show per presentare al mercato i nuovi prodotti è diventato un show di mercato senza parte del mercato. Condivisibili o meno, questo parole meritano un approfondimento specifico perché sono una cartina tornasole, non tanto e solo per le attività di Sony ma per il mercato videoludico stesso.
Sony e l’E3
L’E3 ha da sempre rappresentato una sorta di festa di compleanno o di Natale per tutti gli appassionati del mondo videoludico. Prima dell’avvento di internet e in particolar modo dello streaming, le informazioni che provenivano dalla kermesse di Los Angeles venivano filtrate, redatte e distribuite al pubblico dalle testate giornalistiche con ritardi anche di un mese rispetto all’evento di giugno. Ora è possibile, e ci sembra del tutto normale, vedere con i nostri occhi lo show dal palco virtuale del nostro monitor o televisore. Questo ha portato la dimensione della conferenza da “tecnica” a “pubblicitaria”. Non che prima non lo fosse, chiaramente si mostravano i giochi a chi poi ne doveva parlare al pubblico, ma la visione dello show era strutturata e rivolta a tecnici e insider del settore.
Con la sempre maggiore rivalità aziendale fra Sony e Microsoft, l’E3 ha assunto anche il ruolo di arbitro del confronto. Tutto doveva essere programmato in funzione del fatto che il pubblico dovesse pensare che una o l’altra fossero le società con i migliori giochi, i migliori servizi, il miglior hardware e in migliore salute. Tutto questo portava a valanghe di titoli presentati con teaser o trailer di gameplay, ad una corsa sfrenata per accaparrarsi l’esclusività di un titolo third party da presentare sul palco (con evidente esborso di denaro), ad uno sforzo produttivo enorme volto a canalizzare almeno 2-3 anni di lavoro in quelle 1-2 ore di conferenza.
Questa è a mio modo di vedere l’analisi che effettua Shawn Layden. Se andiamo a vedere lo storico delle ultime tre conferenze Sony ci accorgiamo (e ce ne siamo accorti nel 2018) di rilevanti e forse inspiegabili cambiamenti alla struttura del proprio show. Nel 2016 PlayStation fa una conferenza strepitosa e piena di titoli che il pubblico apprezza tantissimo ma non si sofferma a parlare di hardware o dati di mercato; nel 2017 lo show Sony è un breve showreel (1 ora) di tutti i progetti in sviluppo e, forte delle sue esclusive, esso viene apprezzato dal pubblico; nel 2018 la questione cambia: Sony decide di puntare sulle sue 4 esclusive di punta e fare uno show che intrattenesse i presenti con qualcosa in più del solito trailer (cambio di location, concerto dal vivo, esibizioni). Una conferenza siffatta viene un po’ snobbata dal pubblico da casa che, soffrendo la lentezza dell’esecuzione, non può di certo provare le stesse sensazioni dei presenti.
È naturale allora che dalle parti di Sony ci si sia chiesto quale dovesse essere il futuro della loro presenza allo show. La risposta di assenza alla prossima fiera evidentemente porta con sé un ragionamento di portata più ampia e che tiene conto di quanto abbiamo detto finora.
Le esclusive PlayStation e le terze parti
La politica di Sony con le proprie esclusive durante questa generazione è stata quasi perfetta. L’unico neo è rappresentato da un Days Gone che, non essendo un titolo di punta rispetto a The Last of Us o Death Stranding, meritava un trattamento pubblicitario diverso. A mio parere se ne sono accorti in casa Sony e la decisioni di non comparire all’E3 è volta anche a tutelare questo genere di giochi. Mi spiego meglio.
Mediamente lo sviluppo di un’esclusiva PlayStation richiede dai 3 ai 5 anni di tempo e possiamo immaginare che i lavori su Days Gone siano iniziati anche prima del 2016 (anno in cui è stato presentato). Perché questo ritardo? Lo spostamento della data di uscita riflette in pieno la tipologia di gioco. Secondo me Days Gone sarà un buon titolo, con un buon gameplay e una buona storia ma non avrà la forza espressiva di imporsi al fianco di un God of War o un Horizon. Un titolo minore meritava un annuncio migliore, fuori dal marasma dello show dell’E3 che mostra anche giochi lontanissimi e crea livelli di percezioni differenti. Presentare Days Gone insieme ad The Last of Us è parte 2 è un po’ darsi la zappa sui piedi.
Spostandoci verso i giochi Third Party, prendiamo il caso di Control: il nuovo titolo multipiattoforma di Remedy è stato presentato durante la conferenza di Los Angeles del 2018 e, da quel momento in poi, è rimasto un po’ in sordina, pur essendo un titolo in uscita nel 2019. Potrebbe essere un titolo validissimo ma che, presentato con giochi come Death Stranding o Tlou 2 (che magari usciranno nel 2020 quindi anche più distanti di Control), viene chiaramente ignorato.
A questo punto è lecito domandarsi se valga la pena impegnare risorse economiche e temporali (fare i trailer per l’E3 è comunque un impegno) per pubblicizzare tutti insieme dei titoli che al pubblico possono essere mostrati con un evento a sé in streaming o tramite stampa e scegliere il periodo migliore e il modo più corretto per presentare un gioco che magari è in programma di uscire nell’anno corrente della presentazione. Questo evita anche il problema di mostrare un gioco 4 anni prima della sua uscita e poi altri dieci trailer che spoilerano tutto lo spoilerabile. anche perché l’alternativa sarebbe che esso sparisca dai radar ed è chiaramente insostenibile.
Considerazioni aziendali e finali
Assodata quindi la considerazione per la quale ad una azienda come Sony convenga affidarsi ad eventi dedicati o ai mezzi dell’informazione videoludica per divulgare news e anteprime, passiamo a parlare di aspetti più propriamente aziendali ed economici.
Mi riferisco al fatto che per una società è sempre utile confrontarsi di persona con esponenti del mercato su aspetti tecnici e aziendali piuttosto che farlo con email o telefonate. Un evento come quello organizzato a febbraio ha certamente lo scopo per Sony di sintonizzarsi e dialogare con gli esponenti attivi del mercato che spesso vengono trascurati in funzione di un “pubblico” che di aspetti tecnici poco capisce e al quale poco importano. Se il futuro del videogioco sta cambiando, anche il modo con il quale esso viene divulgato a tutti gli attori che ne fanno parte deve cambiare.
Questo non vuol dire che non verranno più mostrati trailer e presentazioni di videogiochi e che il pubblico verrà ignorato, ma che l’attenzione sarà dedicata anche alle terze parti, ai retailers, agli azionisti e a svolgere quelle politiche aziendali che sono il fulcro di un sistema economico che genera i prodotti finali. In questo modo la stampa specializzata ottiene nuovamente un valore e una considerazione maggiore potendo essere realmente colei che informa il pubblico sui titoli in uscita e colei che può osservare nel dettaglio e capire i movimenti di una data società.
Se questo sarà positivo per Sony, ora non è dato saperlo. Microsoft continuerà a rappresentare Xbox all’E3 come ha sempre fatto e siamo sicuri che per molti appassionati la fiera di Los Angeles continuerà ad essere come il Natale. Infine, non possiamo escludere che comunque Sony tenga una conferenza propria e slegata dall’E3 a ridosso della fiera.