Che stavo lavorando sulla recensione di SpellForce 3: Fallen God, lo avevo già scritto nella prima parte della mia introduzione ai giochi di strategia. D’altronde SpellForce 3: Fallen God è la seconda e più recente espansione standalone resa disponibile per un gioco che è proprio questo: un RTS con elementi gdr e un’ambientazione high-fantasy alla Signore degli Anelli. Se hai giocato a Warcraft III, sai già di cosa sto parlando visto che i punti in comune tra i due titoli sono molteplici.
D’altronde la saga di SpellForce nacque proprio sulla scia del successo di quel titolo, per quanto si fece notare fin da subito per il maggior focus sullo sviluppo degli eroi (con uno stile che ricordava Diablo, Sacred e Baldur’s Gate) rispetto a quello degli eserciti. Quando gli sviluppatori originali, Phenomic Game Development, vennero acquistati da Electronic Arts, il progetto venne abbandonato, solo per poi essere acquistato e portato avanti da THQ Nordic, filiale con sede a Vienna della più famosa THQ. SpellForce 3 è uscito nel 2017, è un prequel ai due capitoli precedenti e Fallen God è la sua seconda espansione dopo Soul Harvest.
Evitare il proprio destino
La storia di SpellForce 3: Fallen God si svolge nel continente di Urgath dove le tribù dei troll sono sull’orlo dell’estinzione. Come se non bastassero i molti nemici che li circondano, i cacciatori di zanne elfici e gli schiavisti orchi, negli ultimi anni su di loro è anche ricaduta la maledizione della piaga del Sanguemarcio. Questa non solo li ha decimati, ma li ha resi più deboli e non più fertili. L’influenza di questa malattia ha permesso ai cacciatori di assassinare il Capoguerra Primogenito Narjak e ora sta al suo successore, Akrog, salvare il proprio popolo ad ogni costo. Al suo fianco il fratello Noag, l’unico troll nato dopo la piaga a non aver perso i doni della loro razza, il fidato Zazka Zannepicole e l’anziano della tribù Grungwar. Si possono davvero fidare del misterioso Straniero? Davvero resuscitare il semidio Fial Darg, colui che ha creato, ma ha anche abbandonato la loro razza, potrebbe salvarli? Riusciranno ad impedire il triste destino che attende i troll?
L’ambientazione di SpellForce 3 è quindi il vostro classico high fantasy popolato da umani, elfi, orchi, nani e elfi oscuri (queste le razze giocabili per chi ha tutte le espansioni). Fallen God offre un nuovo punto di vista, quello dei massicci ed aggressivi troll. Un ribaltamento di fronte che, personalmente, mi ha sempre appassionato visto che sono un amante delle razze pelleverdi, soprattutto quelle dalla forte componente sciamanica. Certo questo non rappresenta una novità visto che già il già citato Warcraft III ci dava la possibilità di giocare dalla parte del “nemico.”
A rendere però ancora più affascinante l’ambientazione è il senso di tragedia imminente che permea l’intero gioco. I troll stanno andando incontro alla loro estinzione e questa sembra essere semplicemente inevitabile. Preparati ad un racconto che piega ben poco verso i toni leggeri o l’umorismo e che invece si dirige fin da subito nei territori della tragedia drammatica.
Un menù conosciuto
Fin dall’avvio e dal menù di gioco, SpellForce 3: Fallen Gode si rivela come il tuo classico RTS di quartiere. Una grafica tridimensionale tutto sommato piacevole ti accoglie in un menù che sembra ampio, ma di base si restringe alla scelta delle due tipiche modalità di gioco di questo genere: la campagna, affrontabile sia in singolo che in coperativa, e gli scontri singoli in cui si può affrontare l’IA e/o gli altri giocatori.
Il cuore del gioco è ovviamente la prima che ci porterà a scoprire il mondo e le vicende della razza dei troll. Ho molto apprezzato che non servisse aver giocato ai titoli precedenti per comprendere cosa succedeva, per quanto alcuni dettagli e delle vicende si apprezzano sicuramente di più conoscendo la storia di tutta la saga.
Dopo aver scelto la modalità campagna, ti troverai davanti al menù per la personalizzazione dei 4 eroi della razza dei troll: Akrog, Zazka, Grungwar e il “piccolo” Noag. Potremo personalizzarli sia nell’aspetto che nelle abilità che si possono apprendere in battaglia. Per la prima opzione in realtà non c’é poi così tanta varietà e si tratterà semplicemente di definire alcuni dettagli fisici (tipo la tonalità di verde della pelle, la presenza di tatuaggi o orecchi e così via).
Per la seconda c’é invece molta più libertà visto che tre personaggi su quattro hanno un primo albero delle abilità apprendibili predefinito, ma un secondo disponibile completamente libero. Il gioco offre alcune build pre-impostate, ma possiamo anche creare la nostra da zero scegliendo l’albero di abilità secondario che preferiamo e distribuendo i punti caratteristica come vogliamo.
Se hai letto con attenzione avrai visto che ho parlato di tre personaggi su quattro. Noag, infatti, funziona in modo decisamente diverso dagli altri tre troll. Le sue caratteristiche non possono essere personalizzate se non con l’aumentare dei livelli ed il suo albero di abilità secondario non è accessibile fin dall’inizio, ma sarà deciso da alcune scelte che decideremo di fare con Akrog nel corso della campagna. Questo è sicuramente un dettaglio interessante e apprezzabile visto che ci fa percepire il peso delle nostre azioni che determineranno anche il finale che otterremo al termine del gioco. Se, inoltre, temi di non poter comprendere la storia del gioco perché non hai molta confidenza con l’inglese, vai tranquillo, SpellForce 3: Fallen God è completamente tradotto in italiano! Il problema semmai è che è un gioco molto verboso e spesso alcuni dialoghi sono fini a sé stessi e non possono essere skippati (tipo ogni volta che parlerai con un fabbro ti toccherà sorbirti anche il dialogo introduttivo).
Parlando del gameplay effettivo, questo si divide in due fasi ben diverse che hanno, per altro, interfacce altrettanto diverse, ma che comunque coesistono spesso nello stesso livello. La prima fase è quella GDR che ricorderà molto titoli come Diablo e Neverwinter Nights. In questa guideremo i nostri 4 troll attraverso dungeon e foreste uccidendo mostri, usando abilità, risolvendo misteri, sfruttando dei monoliti che fanno sia da checkpoint che da teletrasporto, salendo di livello e raccogliendo oggetti, tra cui, ovviamente, equipaggiamenti migliori. Ho apprezzato che gli equipaggiamenti usati si vedono sul corpo del troll e che nella campagna ci sono anche oggetti utilizzabili da altri razze. Dà un senso di realtà al mondo di gioco. Quello che non usiamo può essere riciclato in materie prime da usare per realizzare nuovi equipaggiamenti grazie ai troll fabbri.
L’altra fase di gioco è quella RTS in cui i nostri eroi creano un avamposto. Questa funziona come il tipico RTS con le varie strutture da costruire, risorse da raccogliere (tra pietre, metallo, legna, cibo e oro) e unità da sviluppare. Pur rimanendo molto basilare e classica, vanno comunque segnalate alcune cose interessanti. SpellForce 3: Fallen God funziona infatti a punti di controllo. Ogni avamposto ha un certo numero di risorse disponibili che è limitato (la quantità di materiale ottenibile viene mostrato sia sul centro dell’insediamento che sopra le varie risorse) e per continuare a prosperare dovremo uscire dai propri confini per conquistare altre zone dove erigere nuovi insediamenti.
Un’altra cosa interessante è che per sviluppare le unità da guerra più avanzate non ci basterà costruire l’edificio corrispondente, ma dovremo raccogliere dei progetti specifici (a volte si ottengono portando avanti la campagna, altre completando quest secondarie) e inviare delle truppe base ad allenarsi (e quindi evolvere) nell’edificio corrispondete. Una soluzione che rende il tutto un poco più realistico.
Il principale problema che ho notato con SpellForce 3: Fallen God in termini di gameplay è che c’é molto più focus sugli eroi piuttosto che sugli eserciti ed i secondi sembrano quasi opzionali. Se fai aumentare parecchio di livello i tuoi eroi e li equipaggi bene, praticamente potresti non aver mai bisogno di un esercito al tuo fianco o comunque ti basteranno poche unità. La parte “gdr” sembra inoltre più sviluppata e profonda di quella “RTS”, cosa che si nota soprattutto nelle schermaglie multiplayer che risultano estremamente semplicistiche e si basano esclusivamente sul chi è più veloce ad espandersi ed evolversi. Ho tuttavia apprezzato che basta acquistare l’espansione Fallen God per ottenere l’accesso in multiplayer anche alle razze del gioco base (umani, elfi e orchi), senza limitarsi ai soli troll. Il punto è che non credo molti giocatori siano davvero interessati al multiplayer su un titolo simile, non con altri videogiochi che possono soddisfarli in modo più convincente.
Grosso e Pesante
I troll sono ovviamente il cuore pulsante di SpellForce 3: Fallen God e credo non stupisca nessuno scoprire che sono stati realizzati in modo semplicemente fantastico. Non solo ogni troll riesce ad essere unico a suo modo, ma il gioco riesce a rendere alla perfezione la loro grandezza ed imponenza nei confronti sia del mondo che delle altre razze presenti. I troll sono letteralmente dei giganti che camminano in modo pesante e possono uccidere una creatura con una semplice manata. Usandoli, percepirai proprio la loro pesantezza ad ogni singolo movimento.
Questa è però anche un’arma a doppio taglio nel momento in cui andrai ad usare modelli così grossi in situazioni caotiche e frenetiche. Il risultato sono situazioni (soprattutto le battaglie) in cui capire dove cliccare e riuscire a farlo con precisione sarà un’impresa notevole già di per sé.
Nonostante questo piccolo problema, non si può non riconoscere che la realizzazione grafica di SpellForce 3: Fallen God sia più che riuscita. Il mondo di gioco non è solo dettagliato e fluido, ma riesce ad esprimere da solo parte delle caratteristiche dell’ambientazione. Foreste sconfinate che crescono su antiche rovine la cui origine e storia è stata ormai dimenticata da tutti o travisata dai troll. Templi misteriosi e oscuri con poche fonti di luce e tanti segreti e creature mostruose. Luoghi densi di magia e di potere che incanteranno il tuo sguardo ad ogni effetto luminoso. Urgath è un continente meraviglioso da guardare ed esplorare.
Allo stesso modo ho apprezzato il design e la realizzazione di molte creature secondarie, come i vari mostri neutrali sparsi sulle mappe o nei dungeon. Spesso negli RTS queste si limitano ad essere fantoccini mal animati o semplici variazioni di colore di altre creature che mal si amalgamano con il mondo di gioco. Questo non avviene in SpellForce 3: Fallen God che anzi propone un’interessante varietà di creature diverse, tutte a loro agio nelle grandi ambientazioni proposte o nei loro templi. Più di una volta mi è successo di non notare la presenza di una creatura ostile per quanto questa era effettivamente nel suo ambiente e quindi non sembrava strano trovarla lì. Sembra una sciocchezza, ma molto più spesso ho trovato l’opposto nei vari RTS fantasy che ho giocato.
Chiude la nostra analisi artistica di SpellForce 3: Fallen God un giudizio sulla parte sonora. Le musiche tribali ed epiche sono molto appropriate alla storia ed all’ambientazione, ma sono tutto tranne che memorabili e difficilmente ci farai troppo caso. Allo stesso modo gli effetti sonori e le voci ben si sposano con chi li produce, soprattutto quelli dei troll che hanno tonalità ottuse e cavernose, con un’unica grossa eccezione: Akrog. Ho trovato il suo doppiaggio originale troppo “normale” rispetto agli altri membri della sua specie. Anche questo fosse stato fatto volontariamente, non sono mai riuscito ad associare la sua voce con il suo corpo. Un piccolo dettaglio, sia chiaro, ma che ha comunque contribuito a farmi storcere il naso a tratti.
Buono, ma poco più
Se sei arrivato alla fine di questa recensione, avrai ormai capito che SpellForce 3: Fallen God è un gioco tutt’altro che esente da difetti, ma anche che, comunque, il mio giudizio finale è tutt’altro che negativo. E’ un buon gioco ed una buona espansione standalone, ma poco di più. Il vero problema di questo titolo non risiede tuttavia nei vari difetti che abbiamo elencato nel corso di questa recensione, ma nel fatto che, alla fine della fiera, non propone praticamente nulla di nuovo. Si, la gestione di Noag è interessante e ci sono alcuni dettagli della parte RTS che sono nuovi e carini, ma sono piccoli dettagli che non dissipano la sensazione di star giocando qualcosa che abbiamo già vissuto molte altre volte, sia come gameplay che come storia proposta.
A conti fatti non mi meraviglierebbe scoprire che un appassionato che ha già giocato decine di titoli simili possa annoiarsi a trovarsi nuovamente davanti alle solite soluzioni. Detto questo, SpellForce 3: Fallen God resta un buon prodotto e se qualcuno è nuovo al genere o è un appassionato che ha semplicemente finito di giocare tutto quello che gli interessava, può essere un’aggiunta interessante alla propria collezione. Non mi sento di consigliarlo a prescindere a tutti, anche perché costa ben 25 euro su steam, ma non sono comunque soldi gettati nel vuoto, vista anche la considerevole lunghezza della campagna. A conti fatti un buon acquisto, ma poco più.