Sviluppato da Hazelight Studios e pubblicato da Electronic Arts, Split Fiction è un gioco di avventura unicamente cooperativo che regala un susseguirsi di trovate ludiche estremamente variegate e accattivanti in un mix che fonde estetica e trovate creative di ogni genere mantenendo un ritmo serrato e coinvolgente. Insomma, un’opera che è la naturale evoluzione di It Takes Two e che dona una delle esperienze cooperative più belle e imprevedibili mai viste prima.
Noi abbiamo vissuto l’avventura di Mio e Zoe su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a lasciarti travolgere da un viaggio tra generi letterari ed esperienze videoludiche in costante mutamento?
Split Fiction una storia che parla di storie
La narrazione di Split Fiction è in linea con la filosofia finora adottata da Hazelight Studio anche se abbiamo notato un maggior coraggio e una maggior durata delle cut scene e quindi delle battute a disposizione dei personaggi. Una storia quindi più carica di testo e dal canovaccio leggermente più articolato e che trova un rinnovato equilibrio tra umorismo, avventura e dramma.
Siamo ovviamente lontano dai temi più cupi e brutali visti in A Way Out mentre siamo più vicini alla poetica quasi fiabesca adottata da quel piccolo capolavoro (tra l’altro premiato come Game of the Year 2021) che è It Takes Two. Per questo motivo, almeno in un impatto iniziale, i personaggi su schermo, in particolar modo le due protagoniste, possono sembrare eccessivamente “macchiettistiche” e immerse in cliché prevedibili.

Clichè che, onestamente, non vengono del tutto abbandonati ma che vedono proprio nelle protagoniste, veicolo efficiente per narrare storie su storie e trattare anche tematiche discretamente serie e sentite, svelando momenti profondi e interessanti. Nel dettaglio, Zoe e Mio sono due autrici letterarie, o meglio, sono due scrittrici esordienti alla ricerca di un contratto editoriale.
Chi vive di scrittura, troverà in entrambe le protagoniste due punti di riferimento molto interessanti affrontando anche situazioni come gli insormontabili scogli editoriali e quindi di pubblicazione che sono comuni un po’ a tutti nel mondo (l’autrice stessa di Harry Potter insegna…). Ebbene, andando più in profondità, scopriamo che Mio è specializzati in testi fantascientifici mentre Zoe predilige il fantasy. Entrambi generi affollati e discretamente difficili da proporre alla mossa.
Consapevoli di questi problemi e sognando entrambe di trovare casa alle proprie opere, non possono che accettare l’allettante offerta di una stravagante casa editrice che li invita a partecipare a un altrettanto stravagante riunione collettiva. Qui, le due protagoniste, insieme ad altri autori, fanno la conoscenza del CEO di quello che si rivela essere un progetto fantascientifico estremamente ambizioso.

Gli autori, infatti, dovranno farsi “incubare” in una sorta di bolla dove avranno modo di vivere personalmente le proprie storie in un esperimento di trascrizione molto particolare e inedito. Ebbene… neanche a dirlo, qualcosa per Zoe e Mio va storto e le due si ritrovano a condividere lo stesso viaggio ma con le rispettive storie e i rispettivi mondi che si incontrano e scontrano.
Tradotto, ci ritroveremo a vivere una sequela di eventi ora fantascientifici, ora fantasy, in un’avventura prettamente lineare infarcita da subquest (sempre legate ai due generi letterari ma condite con varianti interessanti) che appaga, diverte e trascina in modo rapido e senza mai pesare fino agli inevitabili titoli di coda (che purtroppo arrivano). Sì, come anticipato, i personaggi non brillano per profondità e alcuni risvolti della macro trama sono abbastanza prevedibili e poco originali ma il tutto funziona alla perfezione.
Quello che va evidenziato, è l’abilità del team di sviluppo di raccontare una storia sulle storie. Non si parla solo di due autrici sognatrici ma delle loro storie che a loro volta sono frutto delle rispettivi esperienze di vita da svelare e di cui poter montare i pezzi man mano che si vivono le innumerevoli esperienze ludiche progettate dal team. E se c’è una cosa in cui Split Fiction domina in modo positivo è proprio il gameplay.

Un gameplay in costante mutamento
Split Fiction è essenzialmente un’avventura in terza persona unicamente cooperativa. Questo significa che è richiesto assolutamente un altro giocatore con cui condividere tale esperienza. Grazie al “pass amico”, potrai invitare un tuo amico facendolo giocare gratuitamente l’intera esperienza, fungendo quindi da host (occhio che l’amico invitato non otterrà alcun trofeo, che verranno quindi accumulati unicamente dall’host).
Ovviamente, è inclusa l’esperienza cooperativa sia online che offline e possiamo anticipare che si tratta di una delle più belle esperienze ludiche collettive mai progettate. Lo è soprattutto per l’imprevedibilità creativa degli sviluppatori. Una creatività che si rispecchia non solo nell’estetica e negli eventi ma soprattutto in un gameplay che muta costantemente, senza mai staccare e prestando il fianco a pochissime critiche.

Purtroppo, scendere nel dettaglio dell’esperienza ludica è un po’ come fare spoiler ma ti basterà sapere che si passerà da fasi action con telecamera gestibile ad altre con visuale ad uccello ad altre in pieno stile Metroidvania. Ci saranno inseguimenti frontali e non, fasi su veicoli di ogni sorta (terrestri, aerei, navali…) ed evocazioni ludiche e filmiche di ogni genere.
Ti ritroverai costantemente a urlacchiare frasi del tipo “questo mi ricorda Dune”, “questo è un richiamo a Crash Bandicoot” e così via. Questo perché Split Fiction è effettivamente un enorme e coerente puzzle di esperienze videoludiche, in alcuni casi quasi paragonabili a mini giochi ma estremamente curati e, ancora una volta, variegati. C’è una varietà che stupisce in positivo e di cui è difficile restare apatici. E sì, ci sono anche citazioni alle precedenti avventure ideate dallo stesso team di sviluppo.

Che sia un momento action (ci sono diversi modi di combattere e non mancano boss fight imprevedibili, esilaranti e ben costruiti) o una fase da puzzle ambientali, sarai costantemente chiamato a modellare il pensiero d’azione, padroneggiando nuovi comandi a una velocità spiazzante. E questo mutamento lo si nota soprattutto nelle “subquest”, ossia delle mini avventure che si trovano sparpagliate lungo i livelli principali (e che saranno prevalentemente localizzate dalle protagoniste stesse) che racchiudono avventure extra con stili e situazioni totalmente slegate ma sempre ancorate ai due generi letterari delle protagoniste.
Ed ecco quindi che la narrazione e il legame letterario delle storie delle due autrici diventa mezzo funzionale alle trovate ludiche dell’esperienza di Split Fiction in una coerenza che funziona e appaga. Sì, ci sono alcuni puzzle che si allungano un po’ troppo e dei momenti in cui non sempre tutto funziona alla perfezione (le fasi con la scimmia gigante richiedono un po’ di allenamento e una buona coordinazione con il proprio compagno di viaggio) ma sono piccolezze in un’esperienza estremamente varia e completa.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, se si guarda al dettaglio, Split Fiction non è un capolavoro e anzi, presta il fianco a un paio di osservazioni soprattutto su alcuni personaggi. Ma ad ampio raggio, considerando la mole di contenuti e la velocità con cui cambiano le zone (minimondi compresi) e le innumerevoli situazioni, anche e soprattutto grafiche ed estetiche, se non proprio stilistiche in alcuni casi (si passa da TRON a Il Signore degli Anelli in pochi minuti) il risultato finale è semplicemente da applausi.
Anche le location mostrano una cura, inclusi gli sfondi, sbalorditiva che si sposa con una fluidità che non cede il passo praticamente mai e neanche nelle situazioni più assurde (occhio al momento in cui sarete entrambi su una moto…). Insomma, assolutamente promosso come è promosso il sonoro, vario quanto è varia la messa in scena, potenziato da un buon doppiaggio in lingua italiana (presenti anche i sottotitoli).