Steelborn è un titolo che sembra rivolgersi agli amanti dei mech, dando loro un run and gun con elementi platform e puzzle. Il risutlato è quindi un mix particolare, in grado unire diverse meccaniche in un loop di gameplay non troppo complesso e, purtroppo, anche con qualche difetto di troppo. Vediamo perché nella nostra recensione della versione PC!
La storia di Steelborn
Steelborn ci mette nei panni di un soldato inviato su un pianeta alieno, dove ha il compito di scoprire cosa sia successo agli esseri umani precedentemente inviati per colonizzare il luogo. Stando alle analisi, infatti, il pianeta dovrebbe essere abitato soltanto da fauna non troppo pericolosa, seppur aggressiva. Giunto sul luogo, però, il protagonista si trova davanti a una vera e propria carneficina e riceve quindi gli ordini di indagare ulteriormente, fino a scoprire la causa di tutto questo.
La trama è quindi decisamente derivativa e poco interessante, visto che richiama semplicemente i classici archetipi sci-fi, qui riproposti praticamente senza colpi di scena, in una struttura narrativa sempre molto prevedibile.
Un mech, un uomo e dei mostri entrano in una stanza…
Il gameplay di Steelborn unisce diverse meccaniche in un mix unico dove queste vengono continuamente alternate. Di base, il titolo è un run and gun con elementi platform, a cui si aggiungono occasionali enigmi ambientali non troppo difficili da risolvere. Tutto questo è poi inserito in grosse aree esplorabili dove si alterna il controllo tra mech e pilota, con conseguenti differenze di gameplay.
Controllando il gigantesco robot, infatti, ci si muove lentamente, con salti non troppo estesi e con uno scatto dalla durata limitata. Allo stesso tempo, però, si accede a una lunga barra della salute, a delle potenti bocche da fuoco e alla possibilità di utilizzare dei pugni meccanici in grado di infliggere grossi danni o di distruggere ostacoli ambientali. Questi ultimi, peraltro, vengono utilizzati anche in altre occasioni, come per effettuare salti più alti – puntandoli sul terreno – o per danneggiare i boss in alcune fasi particolari.
Al contrario, controllando il pilota si accede a movimenti rapidissimi, accompagnati da dash e doppio salto. A questo si aggiunge la possibilità di alternare continuamente attacchi corpo a corpo a varie bocche da fuoco. In questo caso, quindi, il gameplay diventa decisamente più rapido ed è proprio in questi frangenti che le sezioni platform si fanno interessanti.
Queste comprendono infatti diverse piattaforme sospese, a cui si aggiungono ostacoli ambientali da superare, come mostri che emergono dalle (fottute!) pareti o nemici di vario tipo. Mentre queste ultime si dimostrano quindi discretamente divertenti, le corrispondenti parti esplorative a bordo del mech sono molto meno interessanti.
La lentezza del robottone, unita allo sfruttamento eccessivo di alcune meccaniche rende infatti decisamente ripetitive queste parti dell’esplorazione. L’utilizzo dei pugni meccanici per spiccare salti più alti, ad esempio, diventa ben presto fin troppo presente, portando a una sensazione di ripetitività. Lo stesso dicasi per alcune soluzioni di gameplay, che per esempio vedono il pilota uscire dal mech per aprire piccoli passaggi e poi rientrare per proseguire. Al contrario, gli enigmi ambientali, pur non essendo troppo complessi, si dimostrano comunque divertenti e interessanti, grazie a una discreta varietà di idee che si alternano.
I combattimenti di Steelborn sono invece la parte più riuscita del titolo. Proprio come gli enigmi, questi non sono troppo complessi, ma la discreta varietà di nemici e scenari li rende sempre divertenti. Di base, sia a bordo del mech, sia ai comandi del pilota, il gameplay resta quello di un run and gun. La differenza risiede principalmente nei movimenti – più o meno lenti – e nell’arsenale a disposizione, diverso per i due. A loro volta, i boss sono differenti per i due “personaggi”, adattandosi ai movimenti e ai limiti di entrambi.
Proprio questi ultimi, però, risultano fin troppo banali e poco divertenti, per via di moveset prevedibili e meccaniche banali. Tristemente, lo stesso si può dire del level design generale: gli scenari non sono mai troppo complessi e, al contrario risultano spesso banali, lineari e poco interessanti da esplorare.
In sintesi, Steelborn è un titolo non troppo complesso, che presenta un gameplay derivativo e mai troppo interessante. Il suo punto di forza risiede soprattutto nella presenza di due “personaggi” che si alternano nell’esplorazione e nei combattimenti. In entrambi i casi, però, vi è un’evidente mancanza di complessità, che purtroppo non viene risollevata nemmeno dalla possibilità di potenziare progressivamente i due personaggi.
Di base, il loop di gameplay resta praticamente invariato fino alla fine dell’avventura, che comunque resta godibile se non ci si aspetta troppo. L’alternanza tra esplorazione, combattimenti ed enigmi crea infatti un equilibrio in grado di divertire, pur non riuscendo a eccellere. In altre parole, l’esperienza di Steelborn è quella di un gioco carino, ma non bellissimo.
Tecnicamente scialbo
Il comparto tecnico di Steelborn non è troppo elaborato. Anzi. Il titolo presenta sprite abbastanza dettagliati, accompagnati però da animazioni macchinose. Allo stesso modo, gli scenari risultano scialbi e poco dettagliati, anche per via di un level design davvero troppo lineare e poco complesso, che contribuisce a una sensazione di irrealismo.
Allo stesso modo, il comparto artistico risulta generico quanto la trama, per via di un’estetica davvero troppo banale e, a sua volta, derivativa.
Infine, il comparto sonoro si limita a fare il suo lavoro, con effetti e musiche mai troppo memorabili.