Una delle regole non scritte del videogame è quella che impone di guardare con sospetto ai titoli tie-in, ovvero a tutte quelle produzioni la cui ispirazione è da ricercarsi in un altro medium.
Quando il programma è uno dei più demenziali in circolazione, il risultato non potrà che essere di basso livello, oppure no? Scopriamolo insieme…
Real Fast, Real Furious
Se non lo conoscessi Street Outlaws, il cui titolo italiano è (con poca fantasia) Real Fast, Real Furious, è uno show televisivo prodotto da Discovery Channel, giunto alla sesta edizione. Si potrebbe definire come un mix tra reality show e documentario, che mostra il mondo delle corse clandestine nell’Oklahoma, in cui un nutrito gruppo di piloti si sfida con l’obiettivo di stilare una lista delle 10 migliori vetture di Oklahoma City.
Visto il successo dello show, Discovery Channel ha deciso di regalare agli appassionati un videogame in cui il giocatore dovrà mettersi al volante per scalare la famigerata lista.
Al Volante
Come il programma, nemmeno il gioco ha una trama. Premuto il tasto A, verremo subito catapultati al volante di una vettura, non proprio ultimo modello, per un giro di prova che fa anche da tutorial. Tutto qua, nessun filmato di apertura, niente che introduca il gioco.
L’auto a nostra disposizione ci riporta vagamente indietro nel tempo all’epoca dei primi Driver, sensazione amplificata anche da grafica e giocabilità; troppo povera la prima, troppo old style la seconda, con la risposta delle auto che è sempre la stessa, senza tenere eccessivo conto della specificità dei veicoli.
Per scalare la lista dovremo attraversare la mappa di gioco in lungo e in largo, affrontando le prove che il gioco ci sottopone. Anche qui purtroppo il titolo manca di originalità e varietà: le sfide a nostra disposizione saranno sempre e solo un testa a testa tra due vetture e una serie di giri dei tracciati da fare in solitaria cercando di battere un tempo prestabilito oppure distruggendo un certo numero di oggetti.
Il testa a testa è una semplice gara in accelerazione divisa in step. Si inizia con il mandare su di giri il motore premendo accelerazione e freno insieme, poi si dovrà fare “saltare” la vettura il più vicino possibile alla linea di partenza ed infine si arriva alla prova vera e propria: se avremo eseguito al meglio le prime fasi, la gara sarà già indirizzata a nostro favore, basterà il giusto tempismo nella partenza e nel cambio marcia per far mangiare la polvere all’altro concorrente.
Talvolta dovremo fare testa o croce per decidere da quale lato del rettilineo correre; teoricamente dovrebbe fare qualche differenza, per esempio se un lato fosse più sporco dell’altro, ma nella pratica non cambia assolutamente nulla e la vittoria è sempre ampiamente a portata di mano.
Ogni prova superata ci consente di salire di livello di esperienza che, in maniera per niente originale, è indispensabile per potere utilizzare nuovi pezzi per l’auto o auto nuove più performanti delle precedenti.
Sono quindi disponibili un deposito di rottami, in cui scovare pezzi a prezzi modici e un garage in cui montare le migliorie sia estetiche che meccaniche: si tratta, in entrambi i casi, di modifiche anonime e in numero molto più basso in confronto a quanto si potrebbe pensare per un titolo ispirato ad un programma in cui il tuning la fa da padrone.
La sostanza di Street Outlaws: The List è tutta qui. La formula di gioco, vecchia di almeno un paio di generazioni, è molto lineare: gareggia, sblocca nuovi pezzi e avanza.
Nulla che giustifichi un esborso di 39,99€, per un titolo del tutto anonimo.
Segnali di Stile
Da questo mare di mediocrità non riescono ad emergere nemmeno i comparti grafico e sonoro; la veste grafica, nella versione Switch, potrebbe benissimo appartenere a un titolo di epoca PlayStation 2, con tracciati anonimi e tutti troppo simili tra di loro, così come i veicoli.
Mal riusciti anche il doppiaggio e il sonoro, di scarsa qualità e poco ispirati.