Una delle principali caratteristiche del settore dei videogiochi indie è la costante ricerca di innovazione. Spesso questa rasenta il paradossale al punto che si cerca di essere originali ad ogni costo. Ci sono poi quelle idee talmente folli e assurde che sembra incredibile che qualcuno abbia pensato di realizzarle davvero.
Struggling è indubbiamente uno di questi casi, ma, nel suo essere bizzarro all’inverosimile, ha indubbiamente un suo fascino che riesce ad attrarre l’occhio del videogiocatore alla costante ricerca di nuove sfide. Tuttavia un conto è risultare affascinante a colpo d’occhio, un altro è poi sedurre una volta superata la superficie del titolo. Ci riesce Struggling?
Prima di fornire la nostra risposta, però, andiamo con ordine. Struggling è un platform game MOLTO particolare realizzato da Chasing Rats Games, studio indie che ha sede in Montreal e che dichiara di volersi concentrare nel creare giochi fuori dagli standard, qualcosa che non poteva essere immaginato prima. Indubbiamente con Struggling hanno tenuto fede alle loro promesse.
Ad occuparsi della distribuzione troviamo invece i veterani di Frontier Foundry che hanno prima rilasciato il gioco su Steam e poi, visto la buona risposta del pubblico, hanno deciso di estendere l’offerta anche alle console di ultima generazione, ovvero Xbox One e PlayStation 4. Ma, entrando nel vivo della nostra recensione, come è Struggling?
La vita è dolore e sofferenza…
La leggenda alla base di Struggling narra di due eroi che avrebbero dovuto salvare i reietti e il mondo dal dominio di un crudele tiranno… questi però non apparvero mai. I secoli passarono e, all’insaputa di tutti, i due eroi alla fine nacquero davvero, ma solo a seguito di uno strano esperimento in un laboratorio e fusi in un solo contorto e sofferente essere di carne tumorale. Nonostante l’aspetto ben distante da quello di un epico eroe, la creatura di nome Illyo (o Troy in originale) è destinata a compiere il suo cammino, anche se in un modo decisamente più “sofferto” rispetto a quanto previsto. Riuscirà nell’impresa o morirà a seguito della sua fuga dal laboratorio in cui è nato per sbaglio?
Se sei un fan di cartoon americani, più alla Futurama e alla Rick & Morty che altro, riconoscerai subito l’atmosfera dietro Struggling. Un Black Humor becero e citazionista che fa del disgusto e dell’offesa alla moralità le proprie armi. Non siamo qui a discutere sulla qualità di questo tipo di offerta, ma è indubbio che, nel momento in cui si sceglie un simile tema portante, si divide il mercato a cui ci riferiamo tra coloro che l’apprezzeranno e coloro che lo giudicheranno superficialmente perché non amano questo stile. Personalmente non sono un amante del genere, ma ho comunque apprezzato la storia irriverente dietro Struggling… meno i versi orripilanti simili a rutti e peti che si sentono di continuo nel gioco, ma presumo faccia tutto parte di quel disgusto ricercato a forza.
Va inoltre detto che, per quanto sia lecito aspettarsi abbondanti dosi di nonsense da una simile storia, questa si perde anche troppo velocemente per strada. Senza fare spoiler, ci ritroveremo negli ultimi livelli ad andare avanti perché sì e ad affrontare dei boss perché sono lì, ma non capiremo più davvero cosa sta succedendo e sembrerà tutto così insensato e forzato da risultare davvero demotivante. Avrei preferito un minimo di coerenza narrativa, anche perché questa è presente nella 1° parte di gioco e non capisco perché non deve esserlo nella 2°.
Quando te le vai a cercare…
Se un videogiocatore si avvicina a Struggling, non è certo per la storia, ma per il gameplay “particolare.” Struggling è indubbiamente un platform game 2D in cui dovremo avanzare attraverso ostacoli, piattaforme, fiumi di acido e nemici, ma, per farlo, dovremo usare un personaggio che non può muoversi, né saltare. L’unica cosa che Illyo può effettivamente fare è allungare le braccia e stringere le mani… beh, può anche suicidarsi o staccare le proprie braccia per farle ricrescere in realtà, ma hai capito l’antifona.
Con i due analogici del joypad spingerai quindi le braccia verso una direzione mentre con due tasti stringerai le rispettive mani per afferrare oggetti e, beh, rotolare o lanciarti in una data direzione dopo esserti ancorato a qualcosa. Se ti vuoi particolarmente male, puoi coinvolgere un altro amico per giocare in co-op. Ognuno guiderà un braccio e tanti auguri perché il risultato è ciò che di più simile esiste all’inferno.
Anche il semplice atto di muoversi in Struggling è pura sofferenza. Camminare e saltare è puro dolore psicologico e spesso ci troveremo a incastrarci in noi stessi, passando minuti a contorcersi cercando di liberarci solo per finire per puro caso addosso a un qualche ostacolo e morire. Fortunatamente il gioco è generoso di checkpoint che hanno l’aspetto di grosse bocche carnose che… beh, ci ruttano fuori ad ogni rigenerazione.
Nel nostro avanzare un livello dopo l’altro, la fisica si rivelerà importantissima. Calcolare i rimbalzi, la velocità con cui stiamo roteando le braccia o il momento giusto in cui afferrare o lasciare qualcosa sono tutti elementi fondamentali per evitare una morte precoce del nostro eroe. Ad “aiutarci” ci sono cartelli roteanti, corde elastiche, ingranaggi semoventi e molto altro, ma ogni “aiuto” può essere anche la causa nella nostra morte nel momento in cui sbagliamo un minimo movimento e finiamo su qualcosa di appuntito o peggio.
Struggling infatti ha una curva di apprendimento ripidissima ed il gioco diventa difficile fin da subito. E’ stato progettato d’altronde per essere così e non esito a considerarlo uno dei giochi più frustranti su cui abbia mai messo mano. Questo è un difetto? Solo fino ad un certo punto perché il vero problema è che spesso l’esito delle nostre azioni è eccessivamente casuale.
A volte non basterà prendere il giusto movimento ed il giusto tempismo per superare un ostacolo e, per pura sfortuna, magari perché abbiamo sfiorato un pixel di troppo, ci troveremo comunque a dover ripetere una sezione di livello a dir poco infernale. La quantità di rabbia e ansia che questo gioco può creare è incredibilmente elevata ed è inevitabile che alieni una grossa fetta di mercato che cerca titoli più accessibili.
Dove però Struggling brilla davvero è nelle boss fight… o meglio, nelle effettive boss fight. Struggling presenta infatti due tipi di “eventi speciali.” Uno dove siamo inseguiti da qualcosa e dobbiamo agire in fretta ed uno dove affrontiamo effettivamente dei boss. Le prime sono le fasi più terribili e angoscianti del gioco.
Le ho odiate per ogni minuto che le ho giocate e le ho ripetute spesso per ore e ore cercando di superarle, spesso fallendo a pochi millimetri dal checkpoint per una piccola svista. Immagina di dover fuggire a un’orda di ratti invincibili e velocissimi o dover guidare una moto usando quei controlli di cui ti ho parlato prima che sono tutto tranne che precisi e infallibili. Pura follia.
Viceversa, però, le effettive boss fight di Struggling sono qualcosa di meraviglioso. In queste gli sviluppatori hanno dato completamente fondo alla loro creatività e pazzia creando delle esperienze tra il mistico, l’assurdo ed il dannatamente divertente. Si, so che dovrei spiegarti in cosa consistono, ma davvero non me la sento, perché una delle poche motivazioni che mi hanno spinto ad andare avanti in questo calvario è stato proprio lo scoprire cosa avrebbe riservato la successiva boss fight.
Sappi solo che vanno ben oltre la tua immaginazione e che, purtroppo, sono solo tre/quattro (le ultime due sono di seguito e non so se considerarle una intera o meno). Avrei preferito più boss fight e meno inseguimenti e fasi platform.
Ogni volta che si batterà un boss, inoltre, si otterrà anche un nuovo potere. Nulla di troppo classico ovviamente, siamo sempre nel campo del non-sense più assurdo. Si va così dallo staccarsi le braccia e farle muovere come se avessero vita propria al poter rallentare brevemente il tempo per tutto ciò che ci circonda.
Questo apre ovviamente campo a tutta una serie di nuove sezioni platform dall’elevata difficoltà. In pratica i power-up, più che aiutarci, renderanno il gioco ancora più difficile e complesso. Gli ultimi livelli sono forse una delle cose peggiori che la mente umana abbia mai programmato in un videogioco. Quanto sadismo in questi sviluppatori.
Direttamente dal più becero dei cartoon…
Passando al comparto artistico, qui è dove probabilmente il pubblico si dividerà di più. Personalmente non ho apprezzato la resa grafica che fa chiaro riferimento ai già citati cartoon americani, non solo perché questo è un genere che non mi ha mai attratto per la sua eccessiva volgarità, ma soprattutto perché, proseguendo nei livelli, ho notato un diminuire costante dei dettagli in favore di un pigro ripetersi dei vari elementi grafici.
Le ultime aree sono davvero anonime e tutte uguali al punto che risulta anche facile perdersi e non si prova alcun sense of wonder. Tutto è troppo piatto e simile a quanto già visto.
Viceversa, però, il level design ed il comparto musicale sono due dei maggiori punti di forza di Struggling. Il primo è straordinario nel suo progettare ostacoli che sembrano banali, ma che in realtà risultano difficilissimi proprio per la natura del gameplay del gioco.
Spesso, per superare delle aree e raggiungere il successivo checkpoint, dovrai pensare fuori dagli schemi e fare caso ad ogni singolo dettaglio. Per altro ogni sezione nasconde delle aree segrete con dei collezionabili che altro non sono che dei “cappellini” da far indossare a Illyo.
Quanto al comparto musicale, non mi riferisco certo ai suoni, quell’amalgama di rutti e suoni flaccidi non sono davvero nelle mie corde, ma alla soundtrack stessa di Struggling che è a dir poco azzeccata, soprattutto nelle già citate boss fight, sia stavolta che si tratti di inseguimenti o dei veri e propri scontri. Si va da tracce di assoluta frenesia e follia a melodie profonde, drammatiche ed epiche. Struggling non si risparmia minimamente in questo senso e vorrei davvero poter acquistare la colonna sonora a parte, tanto merita l’ascolto.
Mai nome fu più adatto di questo…
Tirando le fila della nostra recensione, Struggling tiene indubbiamente fede al suo nome ed è un platform game che è un’assoluta sofferenza per il giocatore. Nonostante ciò, però, il fatto che questo sia voluto dagli sviluppatori, combinato con i molti elementi positivi, rende il risultato finale meritevole se non altro di un tentativo.
Certo, Struggling non è esente da difetti, la già citata realizzazione grafica, l’eccessiva casualità dei risultati delle nostre azioni, la storia che un po’ si perde per strada ed anche qualche occasionale e fastidioso glitch, soprattutto verso la fine del gioco.
Nonostante ciò resta però un titolo impossibile da bocciare, per quanto sia chiaro che non è per tutti. Dubito lo regalerei ad un amico… a meno di non volergli davvero male. Un’altra nota positiva è per altro la traduzione del titolo in un italiano a dir poco perfetto che riesce anche ad adattare i molti giochi di parole presenti (tra cui il nome del protagonista).
Come già detto in apertura, Struggling è disponibile su PlayStation 4, Xbox One e ovviamente Steam, ma merita quei 10/15 euro che costa a seconda del negozio online a cui accediamo? Si e no perché la risposta a questa domanda dipende tutta dal tipo di videogiocatore che tu sei.
Se ti piacciono le sfide, sei una persona paziente e non facile a perdere i nervi, reggi bene l’ansia e lo stress, ami il black humor e adori i cartoon americani alla Rick & Morty, Struggling per te sarà quasi un capolavoro e non puoi perdertelo. Viceversa? Pensaci bene. Se ti mancano almeno due dei suddetti gusti, probabilmente non riuscirai ad essere completamente soddisfatto di questo titolo. Finirai solo per odiarlo alla quarantesima volta che dovrai ripetere una zona per un semplice fortuito caso.