Jhon Tanner, the Wheelman, agente dell’FBI sotto copertura ed ex pilota automobilistico. Uomo di poche parole ma capace di seguire un’indagine in coma su un letto d’ospedale, protagonista della saga di Driver e personaggio affascinante ed enigmatico, pieno di luci e ombre.
No, in realtà è soltanto un tipo su una macchina. A malapena caratterizzato nei primi due capitoli di Driver e completamente sconvolto nell’ultima fatica della serie. Praticamente un avatar del giocatore a malapena abbozzato ma con “vera benzina che pompa nelle vene”.
Nell’ispirazione fondamentalmente cinematografica della serie, però, Tanner e tutta l’estetica di Driver si avvicinano anche molto alle nuove generazioni di videogiochi, profondamente ispirati da cinema e letteratura e puntati verso una più alta considerazione, quasi culturale, del medium.
Torniamo nell’universo di Driver, allora, e conosciamo un po’ più da vicino il buon Tanner.
Driver: la serie
La serie viene inaugurata nel 1999 da Reflections Interactive (poi acquisita ed assimilata da Ubisoft nel 2006) e si propone come un’esperienza di simulazione guida a metà strada fra GTA (ancora la suo secondo capitolo) e Need fo Speed (già avviato verso la maturità con Hot Pursuit e Road Challenge).
Driver, però, si distingueva per una prospettiva open world 3D in terza persona sconosciuta ai titoli di Rockstar e EA. Pur senza la possibilità di scendere dal veicolo, il primo capitolo di Driver permetteva la libera esplorazione di quattro diverse città americane (Miami, San Francisco, Los Angeles e New York), ricostruite con dettaglio, in 3D, seppur nei limiti grafici dell’epoca.
La novità del titolo, più che altro, risiedeva in un approccio più cinematografico dell’esperienza di gioco, spettacolare ma non troppo inverosimile.
Driver prendeva spunto da tutto un genere poliziesco/ automobilistico piuttosto vivo tra gli anni ’70/ ’80 (primo fra tutti The Driver: l’Imprendibile, ma anche la storica serie Tv Supercar e i vari Miami Vice, Beverly Hills Cop, Magnum P.I.) che raccontavano di agenti sotto copertura e boss della malavita sullo sfondo delle grandi città americane negli anni ’80.
All’origine: Driver e Driver 2: Back on the streets
Ne primo capitolo il protagonista Jhon Tanner è un ex pilota automobilistico in forza all’ FBI, universalmente considerato uno dei migliori, che riceve l’incarico di infiltrarsi nell’organizzazione criminale del boss Castaldi. Tra inseguimenti spericolati, fughe dalla polizia, e corse contro il tempo Tanner scopre affiliazioni sospette da parte dell’FBI con la famiglia Castaldi e decide di rinunciare al proprio distintivo dopo aver sventato i piani di Castaldi.
Piatto come una frittata e tanto taciturno da avere a malapena una decina di linee di dialogo, Tanner esce comunque di scena da vero sbirro integerrimo ed insofferente alla disciplina, abbozzando finalmente un minimo di carattere giusto in tempo per i titoli di coda.
Nel secondo capitolo, invece, il nostro è ancora nelle forze dell’ordine e si ritrova a sventare una probabile guerra tra gang in quel di Chicago. Il contabile Pink Lenny ha tradito il boss Salomon Caine per passare al misterioso Vasquez, boss emergente brasiliano che nessuno ha mai visto di persona. Alla ricerca di Lenny, Tanner e il partner Tobias Jones si infiltrano nell’organizzazione di Caine per arrivare a Vasquez e arrestare tutti.
Nonostante il gameplay quasi invariato e ancora abbastanza divertente per l’epoca, tuttavia, il secondo capitolo non brilla per logica e narrativa. Dopo un indagine in lungo e largo per il mondo, Tanner e Jones arrestano il temibile Pink Lenny, personaggio probabilmente più sfigato ed innocuo della storia videoludica, e lasciano liberi Caine e Vasquez, potenti boss della malavita e responsabili di omicidi e traffici illegali. Il doppiaggio italiano, inoltre, merita una menzione d’onore per i livelli di qualità piuttosto imbarazzanti ma il buon Tanner, almeno, comincia a distinguere un minimo di caratterizzazione e spessore.
Driver 3: videogioco su pellicola
Nel terzo capitolo, infine, l’estetica e l’ispirazione cinematografica della serie risplendono finalmente di massimo fulgore.
Il doppiaggio viene affidato, in originale e in italiano, ad un cast dai nomi importanti, che modellano anche aspetto e caratterizzazione dei personaggi (Michelle Rodriguez, Micheal Madsen, Mickey Rourke) e c’è anche maggiore cura nell’identità e nella caratterizzazione, mai troppo approfondita o intensa ma comunque sufficienti ad un minimo di carisma.
Tanner è ancora un agente dell’FBI a Miami ma non è esattamente un modello di disciplina. Non esita ad impugnare ed usare la pistola, agisce spesso d’istinto ed è deciso ad arrivare fino in fondo nell’indagine. Ed è ancora il miglior volante in città.
In Driver 3 si infiltra in una banda di ladri d’auto, i South Beach, ritrovando una vecchia conoscenza (Jericho, guardia del corpo di Caine e nemesi del nostro), finendo poi su un letto d’ospedale apparentemente in fin di vita.
Con un elettrocardiogramma piatto, quindi, sembra concludersi la parabola di Jhon Tanner, infallibile autista e personalità tutt’altro che memorabile nell’ economia della saga (se non per il fatto di essere il protagonista) ma anche personaggio esemplare di un certo cambio di paradigma nell’industria videoludica.
Il personaggio ombra.
Perché, allora, dedicare un capitolo della nostra rubrica ad un personaggio senza grandi risvolti narrativi come il nostro Tanner? In effetti, fin dall’inizio, Tanner e soci si presentano più come pretesti narrativi di contorno al gameplay, tanto più che non hanno approfondimento, background o vera e propria evoluzione. Cos’ha di tanto affascinante il nostro “Wheelman”?
Per rispondere dobbiamo tornare indietro ad un’epoca e ad una tradizione fondamentale per il gaming, che Driver riprende ed aggiorna e che tramonta definitivamente negli stessi anni del titolo di Reflections Interactive
All’epoca di Metal Slug e Tekken, di Doom e Super Mario i videogiochi non avevano bisogno di narrativa e complessità, personaggi e profondità; i grandi cabinati o le prime consolle casalinghe ci gettavano in pasto ad un mondo di puro intrattenimento e divertimento, tra decine di gettoni scambiati in sala giochi e TV a tubo catodico grandi quanto una lavatrice. All’epoca storie e personaggi erano soltanto pretesti per massacrare nemici o salvare principesse ed il protagonista poco più di un avatar tra le mani del giocatore.
Nel primo capitolo Tanner viene a malapena inquadrato sul volto, parla poco e non scende mai dall’auto. Nel secondo può cambiare auto e passeggiare liberamente per la città. Nel terzo può addirittura sparare, correre e saltare. Già in una veloce panoramica delle possibilità di gameplay del personaggio si legge l’evoluzione del genere all’epoca: Tanner è un personaggio a metà fra epoche diverse, personaggio-ombra dell’epoca Arcade e poi protagonista dal taglio più cinematografico e dinamico, a cavallo tra una narrativa sottomessa al gameplay ed una narrativa integrata al gameplay.
Come accennato, poi, Tanner ricorda tantissimo una tradizione western/ poliziesca di giustizieri al volante senza scrupoli e senza compromessi di grande successo all’epoca ed arrivata, per altro, fino a tempi recenti nella pellicola Drive di Refn o nella saga Transporter con Jason Statham.
San Francisco: la nuova era
Il successo di GTA e di Need for Speed, negli anni, ha migliorato e potenziato gli elementi di fondo dell’identità di gioco del titolo di Reflections Interactive (simulazione di guida su strada, ambientazione urbana e taglio cinematografico), sviluppando dinamiche più divertenti e affascinanti rispetto al più ingessato gameplay di Driver.
Nel 2006, però, Ubisoft acquisisce Reflections Interactive e decide di rivitalizzare il franchise.
Dopo la parentesi Parallel Lines, che riprende il gameplay originale ma si concentra su un nuovo protagonista, la serie torna su Tanner, puntando sulle turbolente strade di San Francisco in un capitolo che ripensa radicalmente tutta la narrativa della serie.
Ancora una volta Tanner si ritrova a seguire le tendenze, diventando più leggero e meno serioso, quasi più giovane e scanzonato rispetto ai tempi dei South Beach, e anche abbandonando un pò il taglio più poliziesco ed integerrimo dell’agente sotto copertura. Non perde, però, l’abitudine ad agire di testa propria, l’abilità al volante e l’insofferenza per regole e disciplina, oltre che per la morte (considerando che di nuovo si risveglia dalla morte praticamente illeso.)
In seguito ad un incidente d’auto e all’evasione di Jericho (si, sempre il buon vecchio Jericho ma ancora più brutto e cattivo) Tanner finisce in coma e, dal coma, riesce a seguire l’indagine e la ricerca di Jericho fino alla resa dei conti finale dopo il risveglio.
Grazie all’accoglienza non del tutto negativa del titolo, Ubisoft Reflections sembra ben disposta a riprendere in mano la saga, inizialmente con una serie TV cancellata e in seguito con probabili nuovi capitoli, ma è difficile prevedere il comportamento della casa di produzione a seguito delle ultime vicissitudini.
Senza dubbio, però, Tanner e Driver rappresentano un capitolo fondamentale della storia videoludica e alla luce del restyling sviluppato nell’ultimo capitolo in tanti si augurano un ritorno del Wheelman sulle strade di Playstation e PC.