Terraforming Earth è un platform puzzle game indie, che prende a piene mani dai classici del genere rogue like, come Lost Vikings, dove impersoneremo 3 robot dotati di poteri unici, uno riuscirà a sollevare oggetti, l’altro potrà volare e l’ultimo avrà l’abilità di teletrasportarsi da un punto all’altro. Dovremo far uso di queste skill per superare gli ostacoli proposti nei livelli e portare a termine gli obiettivi di missione.
La trama
Tutto ciò è ambientato in un futuro non troppo lontano dove la vita, come la conosci, è sparita. Niente più umani, piante o qualsiasi altro essere: non c’è più nulla. Gli unici ad essere rimasti sul pianeta sono dei robot. Nei panni Opi, Curi e Spiri, i tre androidi che impersoneremo, dovremo riuscire a riportare la vita sulla terra, ricercando materiali e altri strumenti utili alla causa. Ogni macchina che controlleremo ha la sua personalità, Opi non è il più scaltro del trio, ma ha dalla sua un’impressionante forza. Curi, come suggerisce il nome, sarà quello con la personalità più curiosa del terzetto. Spiri invece è il più schivo ed egoista penserà molto di più a sé stesso che non alla causa comune. Tre personaggi molto differenti tra di loro, con abilità uniche, che però dovranno imparare a giocare di squadra per portare a termine la missione che consiste nel costruire il Terraform uno strumento utile a riportare la vita sulla terra.
Il gameplay
Avrai ben capito che il compito di Terraforming Hearth è quello di usare i tre robot contemporaneamente, scambiandoli tra di loro ogni volta grazie all’ausilio di un tasto, riuscire a raccogliere più risorse possibili, con le quali costruire il terraform e portare a termine la missione. Come nei classici del genere, ogni androide avrà le proprie peculiarità senza le quali non riusciremo a portare a termine gli stage proposti. Avremo bisogno delle abilità di tutti per procedere nel gioco e per non andare incontro ad un rovinoso game over. Opi ha dalla sua un buon salto accompagnato dalla forza bruta che gli darà la possibilità di sollevare oggetti e i suoi stessi compagni. Con Curi potremo volare e di conseguenza esplorare i livelli con più facilità. Spiri invece ha il potere di teletrasportarsi su brevi distanze e quindi raggiungere punti inaccessibili agli altri due protagonisti.
Tra un livello e l’altro, infine, potremo costruire copie di ogni robot in nostro possesso. Questa meccanica fungerà per darci delle vite extra, aumentare i limiti di produzione e migliorare la ricerca. Tutto sommato le meccaniche di gioco funzionano, ma sono troppo limitate. Perché non aggiungere dei power up di sorta nel bel mezzo dei livelli? Tutto ciò rende il gioco divertente le prime ore, ma stancante e monotono nel lungo periodo. A risollevare questo aspetto, tuttavia, c’è la formazione procedurale dei livelli che in parole spicce significa che gli stage di gioco vengono creati randomicamente, quindi ogni partita che andremo a giocare sarà diversa. Lo scopo principale dei livelli sarà collezionare materiali, tipo plastica e metalli, da poter impiegare per creare ulteriori robot e per superarli sarà necessario, spesso, trovare chiavi e switch che ci faranno accedere a zone altrimenti irraggiungibili. In più quest’ultimi saranno suddivisi in due categorie: livelli indoor e outdoor. Negli stage ambientati all’esterno avremo modo di ragionare di più perché la nostra energia robotica verrà caricata dai raggi solari mentre nei livelli ambientati all’interno di edifici avremo a disposizione delle batterie che ci daranno una barra della vita. Dovremo completare lo stage prima che questa scenda allo zero altrimenti dovremo, inesorabilmente, ripetere l’intero livello.
La grafica e il sonoro
Per quanto riguarda il discorso tecnico i robot protagonisti non sono male, tuttavia qualche animazione in più nei movimenti dei personaggi non avrebbe guastato, però i nemici che si pareranno davanti hanno tutti il medesimo design. Avrei preferito una maggiore varietà e non sempre i soliti che si ripetono continuamente. Gli stessi fondali, i quali sembrano disegnati a mano, alla lunga stancano sia per la loro scelta cromatica che per la loro ripetitività. Il grigiore, i pochi colori che, per colpa dell’ambientazione post apocalittica, continuano a susseguirsi non fanno per nulla gridare al miracolo.
I suoni tuttavia riescono a calarci nell’atmosfera sci-fi del titolo, con effetti che ricordano veramente qualcosa di robotico, però le musiche sono da rivedere. Queste, come i livelli, sono generate randomicamente e capiterà più di una volta di ascoltare un motivetto che ha davvero poco a che fare con lo stage che stiamo cercando di passare.
Concludendo
Terraforming Earth, non è tutto sommato un brutto gioco, soffre purtroppo della sindrome del né carne, né pesce. Potrà divertire per qualche ora, ma nulla di più, tecnicamente sufficiente con una grafica accettabile, ma nulla che possa restare nella memoria dei giocatori. E, nonostante i livelli siano generati casualmente, la noia e il sapore del già visto arriva abbastanza presto. Tutto questo non da a Terraforming Hearth lo sprint per poter emergere dall’etichetta di titolo discreto a gioco da provare a tutti i costi.
Consigliato solo sei un fan in astinenza di giochi tipo The Lost Vikings o Trine.