Terraforming Earth è un puzzle-platform che, anche se non lo dimostra per niente, ha una grossa componente roguelike con molti elementi che vengono generati proceduralmente. L’obiettivo è chiaro nel momento in cui si definisce il gioco un incrocio tra titoli più recenti come Portal e Braid (che ha chiaramente ispirato anche la resa grafica) e vecchi classici rimasti nella memoria di tutti come Lost Vikings e Trine (ma a me ha ricordato molto anche Lemmings). Il focus è soprattutto sulla parte puzzle piuttosto che su quella platform, ma il gioco sarà riuscito a rimanere fedele alle proprie aspirazioni?
Terraforming Earth è il primo progetto di Lost Robots, studio indipendente ungherese che ruota intorno ad una sola persona: Andras Csibi. Questo voleva creare un gioco che fosse sia difficile che ingegnoso e che spingesse i giocatori a pensare fuori dagli schemi. La sua idea ha poi affascinato gli artisti di Noppa Design, che hanno curato la parte grafica, e il compositore Gabor “Anorganik” Deutsch. Dalle sue prime anteprime, Terraforming Earth ha raccolto diversi premi e riconoscimenti e anche noi di iCrewPlay lo avevamo recensito al tempo, ma ora che è uscita la versione completa e definitiva, la valutazione sarà cambiata?
La Terra è Morta
Terraforming Earth parte dalla fine. Letteralmente. In un futuro lontano, infatti, una misteriosa pandemia di nanobot ha portato all’estinzione di tutta la vita nel sistema solare. Esseri umani, animali, piante, tutto si è estinto. Su un vicino satellite artificiale è però ancora attiva una colonia di piccoli robot semi-senzienti che, guidati da un’operatore dall’identità sconosciuta, hanno ora il compito di riportare la vita sulla Terra. Per farlo, dovranno recarsi sul pianeta, erigere il Terraform, raccogliere le risorse necessarie sia a farlo funzionare che a moltiplicarsi e portare avanti le ricerche per scoprire cosa ha causato la fine di tutto ed evitare che succeda di nuovo.
I robot si dividono in tre tipologie differenti, ognuna con un suo carattere: il forte, ma ottuso Opi, il curioso e spericolato Curi e lo schivo ed egocentrico Spiri. Davanti a loro un mondo brullo e ormai morente da riportare in vita ed un esercito di altri robot che, a causa della pandemia di nanobot, sono ora impazziti e non desiderano altro che distruggere chiunque si avvicini. Il compito che li attende è tutt’altro che semplice, ma è l’unica strada percorribile per riportare la vita nel sistema solare.
L’Unione fa la Forza
Terraforming Earth si divide in due fasi distinte. La prima è una specie di “gestionale” molto semplice. Dalla nostra base potremo o selezionare il laboratorio o il razzo per andare in missione. Nel primo potremo sfruttare le varie risorse a nostra disposizione per creare più Opi, Curi e Spiri, ma anche per ricercare nuove tecnologie (abilità) con cui dotare i nostri robot e per portare avanti il lavoro di ripopolazione della Terra. I robot, infatti, rappresentano le nostre “vite” all’interno del gioco. Nel corso delle missioni potremo morire solo un certo numero di volte in base ai robot a disposizione, fallendo automaticamente nel momento in cui uno dei tre si esaurisce. Bisogna inoltre fare molta attenzione perché ridurre un quantitativo di robot a zero, riduce la fiducia di questi nell’operatore e può portare ad un definitivo game over (quest’ultima opzione può essere tuttavia disattivata prima di iniziare una nuova partita).
Passata la fase di “sviluppo”, si può scegliere il missile per ritrovarsi davanti ad una mappa del mondo con una percentuale di quanto è stato terraformato fino a quel momento. Qui potremo scegliere una delle missioni disponibili. Queste si dividono in tre gruppi: quelle di raccolta delle risorse (metallo/plastica) necessarie a costruire più robot; quelle che servono ad aumentare la potenza di produzione o a scoprire nuove tecnologie e quelle che prevedono la raccolta dei dati relativi alla pandemia da nanobot. Svolgere una missione impiega un giorno e ogni giorno ne appare una nuova sulla mappa. La varietà sicuramente non manca e raramente ti troverai senza nulla da fare.
Le missioni rappresentano la seconda fase del gioco, quella puzzle-platform. I livelli vengono generati proceduralmente e l’obiettivo da completare varia a seconda della missione scelta. Le risorse possono in realtà essere raccolte in tutte le missioni, ma in quelle specifiche ce ne saranno di più. Nelle missioni di ricerca dati, dovremo portare Curi ad analizzare delle nuvole di nanobot. Infine, nelle missioni di scoperta e raccolta dovremo, infine, esplorare strutture sotterranee e raccogliere dei contenitori da riportare alla base. Queste sono le missioni più difficili visto che i robot avranno una batteria limitata lontani dalla luce del sole e, se non le completeremo velocemente, falliremo in automatico perdendo tutti i robot inviati (anche questa opzione può essere disattivata prima dell’avvio di una partita).
I livelli saranno comunque popolati da tantissimi dettagli e ostacoli aggiuntivi. Si va da vari tipi di porte che possono essere aperte o usando delle chiavi da raccogliere o usando dei pulsanti/leve o sfondandole in qualche modo fino ai numerosi pericoli che possono distruggere i nostri robot. Torrette laser, spunzoni retrattili (disattivabili con pulsanti e leve), getti d’acqua e scariche di corrente elettrica si alternano a numerosi varianti di cyborg che non vedono l’ora di farci a pezzi, ma che dovremo anche sfruttare per completare la nostra missione. Per esempio, i robot dotati di lame rotanti possono essere usati per saltare più in alto e quelli volanti per farsi trasportare a giro. Inoltre, tutti i robot possono fungere da “cassa” per tenere un pulsante premuto.
Per completare ogni livello, dovremo o alternarci al comando dei vari robot o chiedere a due amici di giocare insieme a noi per raggiungere i vari obiettivi e fare si che tutti raggiungano il traguardo perché la missione sia considerata un successo. Ogni robot ha un’abilità di partenza diversa. Opi può saltare e sollevare gli oggetti, Curi può levitare e analizzare i dati dei nanobot e Spiri può teletrasportarsi a breve distanza. Completando varie ricerche nel laboratorio si possono sbloccare anche altre abilità, come quella utilissima di Spiri di sfruttare i nanobot nell’atmosfera per esplorare l’intero livello da una distanza di sicurezza e vedere quali pulsanti/leve influiscono su cosa. Quando non si comanda un robot, questi è protetto da un campo di forza, ma in alcuni casi (tipo se Opi lo sta sollevando) ciò non basterà ad evitare la sua distruzione.
Se credi che Terraforming Earth sia un gioco semplice, cambia idea. All’inizio si è molto disorientati dal non capire bene cosa si deve fare per andare avanti e anche una volta che lo si è capito, si passerà un sacco di tempo a pensare a come muoversi e cosa fare. La stessa curva di apprendimento del gioco è decisamente ripida. Fin dalle prime missioni saranno richieste decisioni rapide e comandi precisissimi. Quest’ultimo fattore è un grosso problema visto che tutti i robot tenderanno a “scivolare” sulle piattaforme e (troppo) spesso ci si troverà a perdere un robot per questo. Non aiuta neanche che a volte non è chiaro cosa possa distruggerci e cosa no. A oggi non ho ancora capito perché alcune volte che saltavo sui robot volanti dal terreno, il mio Opi scoppiasse a caso come se ci si fosse schiantato da davanti (peccato che avevo saltato da dietro).
Un Procedurale che non Sembra Tale
A livello grafico Terraforming Earth non sembra ASSOLUTAMENTE un procedurale. Se non lo avessi letto nella scheda del gioco non avrei mai pensato che i livelli che mi sono ritrovato ad affrontare fossero stati generati casualmente, tanto erano ben progettati ed ingegnosi. Il level design è davvero fantastico. La grafica 2D stessa, per altro, ricorda non poco lo stile utilizzato in Braid. Un titolo con cui per altro Terraforming Earth condivide lo stile grafico cartoonesco, ma anche molto serio e “grezzo” nel tratto.
Purtroppo la cura nella grafica dei livelli non regge però il passo del già citato gioco. Se ho apprezzato il fatto che, con il proseguire della terraformazione, i livelli si facessero più verdeggianti e luminosi, allo stesso tempo non ho potuto che constatare una brutale ripetitività negli scenari (d’altronde sono procedurali) e, soprattutto, l’assenza di un buon stile grafico nell’evidenziare i dettagli rilevanti. Spesso e volentieri gli elementi necessari al gameplay e al completamento delle missioni sembreranno parte dello sfondo. Giuro che mi sono accorto di alcune cose solo quando mi ci sono fermato davanti per caso e mi è apparsa l’opzione di premere un tasto per interagirci.
Parlando dei robot, ho davvero apprezzato il loro design, sia per quanto riguarda i tre protagonisti che per tutto il cast di robot nemici. Hanno un aspetto originale, curato e ben in linea con l’ambientazione che strizza l’occhio ad una certa giocosità da cartoon, ma che ricorda anche la fantascienza più sporca e oscura tipica di autori come Dick o Asimov. Il risultato è decisamente adatto per un gioco che affronta l’apocalisse con un tono molto ironico. Tutti i robot, anche i più pericolosi e cattivi, hanno un certo sottofondo di “pupazzosità” che li rende davvero godibili alla vista.
Se ho davvero apprezzato il comparto grafico, però, non posso dire lo stesso di quello musicale. Come i livelli, le musiche di sottofondo vengono generate proceduralmente, ma al contrario del precedente caso, qui si nota. Il risultato è un insieme di sinfonie discordanti e quasi fastidiose. Non è raro che un livello di un certo tipo abbia una musica di sottofondo completamente fuori luogo ed inadatta. Lo stesso problema si riscontra anche negli effetti sonori che, oltretutto, sono anche calibrati male. Il rumore dell’esplosione dei robot, per esempio, è molto più alto di qualsiasi altro effetto e questo si accusa particolarmente tanto (credo di aver perso parecchi anni di vita per gli infarti ottenuti durante le esplosioni).
Un Buon Tentativo
Terraforming Earth non è un brutto gioco, ma un giocatore deve sapere cosa va ad affrontare. La premessa è affascinante e la realizzazione grafica è attraente, ma dietro a queste due apparenze, si nasconde un gioco estremamente punitivo e difficile che genererà livelli enormi di stress e frustrazione, non sempre legittimati. Gli altri piccoli difetti presenti, principalmente legati al comparto sonoro e alla realizzazione procedurale dei livelli, impallidiscono davanti alla rabbia che può prendere possesso di un giocatore nel momento in cui fallisce per l’ennesima volta una missione perché il proprio robot, durante un salto, è leggermente scivolato da una piattaforma, manco questa fosse piena di sapone.
Terraforming Earth è attualmente acquistabile su Steam per 12,49 euro. Un prezzo più che accettabile se pensi a quanto questo titolo potrà tenerti impegnato, ma che lo diventa molto meno se ci devi aggiungere il costo di uno psicanalista a seguito delle crisi di nervi. Insomma, se sei un amante dei puzzle-platform e cerchi una sfida davvero, davvero impegnativa, Terraforming Earth è un ottimo acquisto e sicuramente riuscirà a soddisfarti pienamente. In qualsiasi altro caso, non credo ne valga la pena per il semplice motivo che è un gioco rivolto a chi già apprezza ed è esperto di questo genere.