TERRORHYTHM è un indie molto originale, che unisce i rhythm game con i beat ’em up, creando un gameplay che propone un mix divertente. Tuttavia, nonostante le ottime premesse iniziali, il titolo non è perfetto e alcune piccole ingenuità abbassano inevitabilmente la valutazione finale.
La trama?
TERRORHYTHM non ha una vera e propria trama, ma soltanto un contesto che fa da collante per gli stage che compongono la modalità campagna. Quest’ultima è ambientata in un futuro lontano e distopico, in cui il mondo è caduto sotto il dominio di un governo totalitario che ha deciso di proibire la musica per legge. In una città gettata nel silenzio totale, il giocatore impersonerà l’avatar di un uomo che cerca di lottare per riportare la musica in auge.
Come accennato, non si tratta di un vero e proprio intreccio, ma solo di una giustificazione per ogni livello in cui lottiamo a ritmo di musica. Peraltro, nulla di tutto questo viene approfondito nel gioco, quindi è chiaro come il punto focale di TERRORHYTHM sia il gameplay.
La lotta diventa una danza
Il gameplay di TERRORHYTHM unisce il genere dei beat ’em up con quello dei giochi musicali. Per fare ciò, il titolo impone al giocatore di lottare a ritmo di musica, unendo la necessità di seguire le note con quella di linciare orde di nemici. Ecco quindi che il nostro avatar si trova al centro dello schermo, con ondate di avversari provenienti dai lati. Attorno al nostro personaggio vediamo un’area blu. Quest’ultima è la zona in cui i nostri attacchi vanno a segno, colpendo i nostri avversari. Attaccare troppo presto o troppo tardi significa subire danno e perdere il ritmo. In pratica, quest’area è il classico punto dei rhythm game in cui le note vanno premute.
In ogni partita il nostro protagonista è fermo e l’unico compito del giocatore è quello di attaccare i nemici prima che possano raggiungere il personaggio. Tutto questo va fatto a ritmo di musica, cercando di far combaciare ogni singola azione con i beat musicali udibili in sottofondo. Ogni avversario, di fatto, è una nota da colpire con il giusto tempismo, in modo da coniugare la necessità di non farsi attaccare con quella di muoversi a tempo.
I controlli di gioco sono molto semplici. Abbiamo due tasti dorsali assegnati ai colpi nella direzione corrispondente (quindi, L a sinistra ed R a destra) e altri due comandi.
Il primo ci permette di aumentare la già citata area blu, dando ai nostri attacchi un raggio maggiore e facilitandoci la necessità di seguire il ritmo.
Il secondo consente di caricare l’attacco successivo, al fine di infliggere danno doppio e di uccidere eventuali nemici vicini al bersaglio. In alcuni casi è necessario utilizzare questo tasto per contrastare degli avversari particolari.
Di fatto, i nemici affrontati sono di tipologie diverse. Questa scelta dona un pizzico di profondità alla componente beat ’em up, che sarebbe altrimenti lasciata in secondo piano. Possiamo vedere bruti che richiedono due colpi per essere abbattuti, nemici con lo scudo che impongono di usare (o di non usare) l’attacco caricato oppure piccoli mostri che si teletrasportano nella direzione opposta a quella di arrivo. La varietà sembra non mancare nei primi momenti di gioco (quando si scoprono pian piano le meccaniche), tuttavia dopo qualche livello si avverte una certa costanza nei mostri che, in fondo, si reiterano sempre.
In alcuni casi i nemici uccisi rilasciano delle armi che modificano parzialmente lo stile di gioco. Per esempio, la spada consente di infliggere più danni o i chakram permettono degli attacchi a distanza. Ciononostante, la componente beat ’em up sembra comunque meno rilevante rispetto a quella da rhythm game ed è minata dal limitato numero di armi e avversari. Il gameplay risulta comunque divertente, soprattutto durante le prime ore, ma a lungo andare potrebbe annoiare i giocatori più esigenti.
In ogni caso, l’interfaccia di gioco è molto intuitiva e aiuta moltissimo a unire i due generi, rendendo leggibili anche le situazioni più concitate. Ogni mostro, infatti, è accompagnato da linee che aiutano a identificare immediatamente l’azione da svolgere per contrastarlo: il nemico base ne ha solo una, il bruto due e così via.
Purtroppo anche la parte puramente musicale di TERRORHYTHM non è esente da difetti. Anche in questo caso, infatti, siamo di fronte a una penuria di contenuti: gli stage disponibili sono pochi e alcuni di essi riutilizzano la stessa canzone più volte. Non è tutto: per sbloccare i livelli successivi occorre ripetere più volte quelli precedenti, al fine di accumulare dei punti. Una scelta discutibile, che aumenta la ripetitività in un titolo già minato da questo difetto.
In poche parole, il gameplay di TERRORHYTHM è divertente e immediato durante le prime ore, grazie all’originale mix di generi che lo contraddistingue. Tuttavia, la carenza di contenuti e la ciclicità di alcune meccaniche fanno abbassare il suo appeal molto in fretta, regalando ben presto una spiacevole sensazione di “già visto”.
La realizzazione tecnica
Questa è sicuramente la parte migliore del titolo. Il comparto tecnico è eccellente e gestisce in modo egregio anche grandi numeri di nemici su schermo senza nessun calo di frame. Inoltre, le animazioni sono davvero curate e rendono ogni scontro molto bello da vedere.
Il comparto artistico è ottimo e presenta al giocatore degli scenari splendidi e un protagonista stiloso. Lo stesso, purtroppo, non si può dire dei nemici, troppo simili tra loro.
Chiude il cerchio un comparto sonoro ottimo, ma non eccellente, composto da canzoni orecchiabili (nonché perfette per il gameplay), ma molto similari tra loro.
In sintesi
TERRORHYTHM è un buon gioco, che vanta un gameplay formato da un mix originale. Purtroppo, nonostante l’idea alla base della struttura sia ottima, alcuni difetti riducono inevitabilmente la valutazione finale. In primo luogo, i contenuti proposti sono troppo pochi: nemici, armi, canzoni e stage.
Il comparto tecnico è sicuramente molto curato e il titolo diverte, come detto, per le prime ore di gioco. Tuttavia, a lungo andare rischia di essere monotono.