Sviluppato da IC Games e pubblicato da Ratalaika Games, The Bounty Huntress è un metroidvania in stile retrò decisamente classico, nonché minimalistico (tanto graficamente quanto ludicamente). Abbiamo affrontato l’avventura di Rhea, la cacciatrice di taglie, su Xbox One e questa è la nostra recensione.
The Bounty Huntress: un castello da esplorare e persone da trovare
Siamo nella città di Vaunard, dove una terribile sciagura si è abbattuta sui cittadini. Questi, infatti, sono spariti. O meglio, rapiti e condotti nel misterioso, nonché inquietante, castello di Aresdale. Chi potrà salvarli? Chi è pronto ad affrontare l’ignoto? Chi è così coraggioso da affrontare orde di terrificanti mostri? Noi, ovviamente!
Per l’esattezza, siamo Rhea, una cacciatrice di taglie pronta a tutto per portare a termine la sua missione. Saremo onesti, la protagonista non ha un gran carisma. Come gran parte dei personaggi che incontreremo, salvo una misteriosa creatura incappucciata che potrete intravedere sbirciare dalla finestra già nello stravagante prologo: l’unico personaggio che riesce a spiccare un po’ di più col suo fare enigmatico.
E parlando del prologo, ossia dell’arrivo in città di Rhea, c’è da dire che non colpisce se non per alcune situazioni involontariamente comiche. Tra tutte, la corsa sul posto della protagonista, che inizia a correre… spostandosi però in netto ritardo o restando a correre sul posto finché non sfuma la scena.
Purtroppo, la narrativa di The Bounty Huntress, interamente in inglese (assenti i sottotitoli in italiano, ma i testi che ci attendono sono pochi e semplici), non decolla e offre davvero poco di originale. Il panorama dei metroidvania è decisamente vasto e alcuni di questi hanno delle trame spaventosamente articolate, ma non è questo il caso. La trama infatti è una banale scusa per infilarci in un castello pieno di mostri da uccidere e segreti da svelare.
Gameplay poco sorprendente
Anche nel gameplay, The Bounty Huntress non sorprende. In quanto metroidvania, ci ritroveremo a vivere un dedalo in 2D composto da pedane da saltare, percorsi da esplorare, trappole da schivare e, ovviamente, nemici da ammazzare. Tuttavia, gli sviluppatori hanno fatto il minimo sindacale da questo punto di vista: quindi ecco una rudimentale minimappa, abbastanza precisa seppur poco approfondita.
Troviamo anche un sistema di pozioni (energia e mana) che potrai recuperare devastando alcuni elementi dell’ambiente (come le torce). Sempre rompendo elementi dello scenario, potremo raccogliere le monete utili per potenziare la nostra mercenaria e non solo.
Sarà presente anche un sistema a livelli basato sull’esperienza che si ottiene eliminando mostri e raccogliendo le loro anime. Salire di livello va a potenziare la nostra eroina (oltre a ricaricarne istantaneamente energia e mana): Rhea dispone di tre statistiche “status”, forza, vitalità e intelligenza, nonché altre due statistiche “combat”, ovvero attacco e difesa. Le statistiche possono essere influenzate anche dall’equipaggiamento che decideremo di utilizzare. Rhea, infatti, può equipaggiare un’armatura, degli stivali, un’arma, un amuleto e due anelli. Oltre alle cinque statistiche prima elencate, l’equipaggiamento può influire anche su HP e MP.
Il combattimento in The Bounty Huntress è decisamente standard, immediato ma poco accattivante e originale: abbiamo l’attacco con le armi in una serie di combo prevedibili e semplici; coi tasti direzionali potremo invece scegliere quale delle due pozioni utilizzare (mana o energia). Le cose diventano più interessanti con l’utilizzo delle magie, affidate al tasto Y e che potrai cambiare con i direzionali “in alto” e “in basso”. Gli incantesimi rendono i combattimenti un po’ più accattivanti, ma non rivoluzionano granché.
A conti fatti, infatti, The Bounty Huntress non sorprende praticamente mai. Anche i nemici sono terribilmente standard, monotoni e, appresi i pattern d’attacco, anche abbastanza facili da affrontare. Andiamo da scheletri soldato a gargoyle volanti, passando per i classici pipistrelli e zombie. Sì, ci sono i boss ma anche questi non sono tutti ben riusciti e sono davvero pochi quelli memorabili.
Il livello di sfida complessivo non è elevato, anzi bastano un po’ di pazienza e un minimo di strategia per uscire indenni da buona parte degli scontri. I meno esperti del genere, comunque, potrebbero trovare in The Bounty Huntress un buon allenamento in vista di metroidvania sicuramente più complessi e articolati.
Grafica e sonoro
Graficamente The Bounty Huntress soffre di mancanza di identità: apprezzabile lo stile pixel retrò, ma non c’è anima. Inoltre, gli artwork dei personaggi risultano stranamente sfocati oltre che terribilmente anonimi. Questo influisce sull’identità dei soggetti a schermo che vanno risultano mere comparse dimenticabili e incapaci di lasciare il segno. Stessa sorte per i nemici e buona parte dei livelli. Infine, lo abbiamo già citato per il prologo: le animazioni non sempre funzionano.
Il sonoro ha buoni effetti, ma anche qui niente di veramente unico o originale, nonché memorabile. Alcune sonorità inoltrea rischiano di diventare anche monotone a lungo andare, ripetendosi più volte.