The Boys è stata una delle serie rivelazione degli ultimi anni, tratta da un fumetto scritto da Garth Ennis (autore anche di Preacher), è la storia di un gruppo di “cacciatori di super-eroi”. In precedenza avevo parlato di quanto mi piacerebbe un adattamento videoludico di The Shining, questa volta mi soffermo invece su The Boys, che secondo me si presterebbe a essere tradotto in videogioco. Il fatto che anche Karl Urban, l’attore che interpreta Butcher, abbia fatto speculazioni in merito a come dovrebbe essere un videogame basato sulla serie mi fa sentire meno solo. In fondo, sia il fumetto che la serie, che tornerà presto per la seconda stagione, sono stati un successo: potrebbe esserlo anche un videogame.
The Avengers, Batman, Suicide Squad… e allora perché non The Boys?
I fumetti, ancor prima delle serie tv, sono stati saccheggiati per tirar fuori prodotti da proporre sul mercato degli altri media. Marvel e DC, certo, ma guardando soprattutto a tv e cinema (butto lì un paio di esempi, The End of the F***ing World e A History of Violence) le case editrici che hanno dato l’ok per adattamenti delle loro opere sono moltissime: il panorama si è sempre più arricchito, tanto da aprire la strada anche a materiale originale non strettamente appartenente al così detto mainstream.
Tornando su The Boys, anche se il successo di fumetto e serie tv potrebbero suggerire altrimenti, ci troviamo davvero di fronte a un prodotto atipico che potrebbe offrire spunti interessanti anche per il panorama videoludico.
The Boys, la satira come fumetto e serie tv… e come videogame!
In The Boys, la vena satirica di Garth Ennis colpisce nel segno con una metafora semplice ma tagliente: chi vive sul Monte Olimpo, si occupa dei comuni mortali solo nella misura in cui ciò tiene viva la loro adorazione, adorazione tramite la quale i privilegi e lo strapotere degli dèi vengono mantenuti o addirittura accresciuti.
Che gli abitanti dell’Olimpo siano Zeus & Co., i vip, gli ultra-ricchi o… i “supereroi”, questo meccanismo di fondo, nell’ottica di Ennis (che, linciami pure, io in gran parte condivido) non cambia. Ora, a patto di considerare il videogioco un media adulto – e per me non ci sono dubbi – la satira non può che rientrare nel ventaglio delle idee che esso può e deve esprimere e rappresentare.
Il Videogame, la Compassione e la Satira
Come già scritto in un mio articolo circa Hellblade: Senua’s Sacrifice, una delle peculiarità del media videogioco è quella di permettere un grado di coinvolgimento che, potenzialmente, può risultare di gran lunga superiore a quello di altri mezzi d’espressione. Faccio un esempio: una coppia sta passeggiando durante un appuntamento romantico, i dialoghi fanno intuire il loro amore sincero, in un attimo lui, che la stava tenendo per le mani, la vede esplodere e si ritrova letteralmente con gli avambracci di lei in mano, di fronte alla poltiglia sanguinolenta che resta della ragazza.
https://www.youtube.com/watch?v=06rueu_fh30
Bene, questa è una scena già fortissima. Leggerla su un libro spinge a immaginarsela, su un fumetto ci si ritrova di fronte a un pugno allo stomaco veloce e spietato, tramite un media audiovisivo il sonoro e il movimento possono rendere più viva l’azione… Ma pensa se fosse l’introduzione di un videogame, pensa se tu avessi gustato la loro passeggiata in prima persona, potendo fissare i capelli di lei e il sole che li fa brillare, distraendoti per un cagnolino che gioca con una bambina, pensa se tu avessi scelto la frase romantica con cui portare avanti il dialogo, e tu avessi visto il suo sorriso allargarsi, magari non aspettavi che una risposta dolce prima di un bacio, e invece… BOOM! Avambracci mozzati che ti restano in mano, sangue e pezzi di lei di fronte a te.
Ecco, pensa al livello di immedesimazione che si ottiene tramite un videogioco in prima persona, un livello tanto alto da portare a uno stato di compassione (nel senso letterale del termine) tra il giocatore e il protagonista, qualunque videogiocatore sa di cosa parlo. Chi non lo sa perché non è un videogiocatore, dovrebbe iniziare a chiedersi quale stigmate, addirittura ritardo sociale – formula che uso senza intenti offensivi, ma come mera definizione di un reale atteggiamento disfunzionale – lo tiene lontano da un media così ricco di potenzialità.
E a me, per tornare al titolo dell’articolo, fa sorgere appunto questa domanda: perché non si muovono a fare videogame su The Boys? Il suo messaggio, la sua satira, non riuscirebbero a raggiungere ancora di più il fruitore?
“The Boys, il videogame”, qualche angolo da smussare..?
Leggendo il fumetto e guardando la serie, si ha spesso la percezione che il gruppo di anti-eroi (in tutti i sensi) protagonisti della serie abbiano sì qualità super-umane, ma tutte riconducibili a forza e resistenza. Cosa diversa per gli antagonisti, i super-eroi, quegli esseri eccezionali celebrati dal popolo, che dispongono di un maggiore diversificazione riguardo poteri e costumi. Questo per me, non è un vero aspetto negativo, nel senso che ha un significato: i “Boys”, nell’impianto satirico di Ennis, sono una forza rivoluzionaria, capace della stessa ferocia dei loro nemici – la satira non risparmia nessuno, nemmeno la rivoluzione – ma che si distingue da essi non solo per i valori, ma anche per una certa omogeneità, una sorta di embrionale egalitarismo se vogliamo.
Però stiamo parlando di videogiochi, e il videogiocatore medio potrebbe desiderare un gamma di opzioni più ampia. Certo, sarebbe bello che anche il videogiocatore medio, di fronte a un elemento che non lo convince fino in fondo, fosse capace di analizzarlo e magari capirne il motivo e l’effetto, prima di rifiutarlo – e devo dire che questo inizia a succedere sempre più spesso.
Altro punto “critico” è il taglio nudo e crudo che Ennis ha dato alla sua opera. Non parlo solo della violenza in sé, ormai sdoganata nel media videogioco, e nemmeno dell’elemento sessuale presentissimo nel fumetto (seppur non in modo tanto esplicito da renderlo vietato ai minori), anche se tali caratteristiche, posizionando un eventuale prodotto come adatto ai bambini o meno potrebbero avere ricadute sul rating.
Il punto di cui sto parlando è la totale libertà e laicità nel dipingere gli aspetti negativi dell’umanità senza fare sconti.
Faccio una premessa, l’opera originale di Ennis venne pubblicata nel 2006, in quel periodo, pur essendo già presente la consapevolezza riguardo alle battaglie per i diritti civili, l’idea di quello che era “politically correct” era forse diversa, e per strano che possa sembrare anche la satira risultava più libera. La butto giù dura, sperando di non irritarti né di perdere la tua attenzione: per Ennis, non importa che tu sia etero, omosessuale, appartenente a un’etnia o all’altra, che tu non creda o che tu abbia una religione, che tu sia uomo o donna… se sei un personaggio negativo – per usare un termine tecnico, un “pezzo di cacca” – lo sei e basta.
Faccio questa riflessione, puramente personale e che potrebbe – anche giustamente, perché no – rendermi bersaglio di critiche, perché adesso molte major, per cavalcare battaglie in cui ci sarebbe da capire quanto credono, si danno limiti e regole in parte opinabili. Cerco di farmi capire con un riferimento a una serie che amo: oggi, Boris, un’opera i cui autori hanno potuto tratteggiare le miserie umane di un ambiente celebrato, criticando liberamente tutte le figure che lo compongono senza escluderne nessuna, ovvero rappresentando anche un’attrice come superficiale, spregiudicata e incapace (“cagna maledetta”), perché non tutte le donne per solo il motivo di essere donna sono sono automaticamente capaci, forti e indipendenti, o inserendo in un episodio un portatore di handicap che banalmente è un viscido, raccomandato e antipatico, perché non tutti i portatori di handicap per il fatto di essere portatori di handicap sono automaticamente Iacopo Melio, ecco, una serie così forse oggi non si farebbe, o si farebbe solo dopo molte correzioni. Per questo, la vena tagliente del fumetto di Ennis potrebbe essere un problema. Già nella serie di Amazon, disponibile su Prime Video, sono state edulcorate certe cose, tipo l’elemento sessuale, e alcune scelte prese hanno cambiato le carte in tavola.
Ad esempio un personaggio molto negativo, Stormfront, da superuomo creato dai nazisti poi riciclato per far parte di un gruppo di “eroi” senza che lui fosse in qualche modo migliorato ma solo perché dotato di poteri tali da rivaleggiare con Homelander, il “cattivo” della storia nonché l’essere più potente del pianeta, è stato rivisto e inserito nella prossima stagione diventando una super-eroina femminista, personaggio “empowering” secondo gli autori, che diventerà un avversario molto pericoloso per Homelander, e ciò in ragione del fatto (sempre secondo gli autori) di riuscire a colpirlo nelle sue insicurezze maschili.
Tutto questo pippone per di che, attualmente, le major che hanno le risorse per produrre un videogioco su The Boys, potrebbero essere tentate di limitarne, o quanto meno cambiarne, la carica satirica libera, tagliente e laica.
E quindi, che facciamo?
Beh, al netto di qualche timore, mi piacerebbe molto vestire i panni di Butcher e dei suoi compagni, riempire di cazzotti tutti i super-eroi del multiverso e buttare all’aria i piani di corporazioni avide e di individui privi di scrupoli. Se ne potrebbe tirar fuori un gioco che in qualche modo riprenda gli elementi tipici della serie Arkham, proprio perché i protagonisti spesso finiscono in scontri a mani nude. Non mancano neppure spunti per approfondire gli aspetti investigativi, dato che l’intelligence e lo spionaggio sono presenze costanti nella vicenda. Ancora, non escluderei un gioco stile Telltale, perché la parte narrativa è di prim’ordine, e già quella, insieme a un gameplay snello e non invadente, funzionerebbe alla grande. A pensarci bene, il materiale si presta a diverse tipologie di adattamento videoludico. Per riallacciarmi a quello che dicevo prima, l’aspetto che più vorrei fosse presente, è la vena satirica dell’opera: chissà quali nuovi spunti potrebbe offrire “vivere” una vicenda piena di satira invece di limitarsi a leggerla o a vederla.
Ok, siamo arrivati alla conclusione. Ribadisco che The Boys è materiale di prim’ordine, e che un videogame sviluppato a partire da tale materiale avrebbe un valore aggiunto invidiabile. Non resta che sperare. Se non hai letto il fumetto o visto la serie, ti consiglio entrambi. Ma ricordati, la satira non risparmia nessuno. Proprio come Butcher.