Sviluppato da Demagog Studio e pubblicato da Untold Tales in sinergia con Gamersky Games, The Cub è un platform a scorrimento orizzontale che si presenta come rievocatore dei platform SEGA seppur dotata di un sistema moderno, sia grafico che ludico. Noi abbiamo affrontato il futuro distopico su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione!
The Cub – il mondo non ci vuole più
“Il Libro della Giungla incontra l’Armageddon”, è con questa frase che viene presentato The Cub un’opera distopica che prova a raccontare una storia seguendo e migliorando quanto già fatto nella precedente opera dei Demagog Studio: Golf Club Wasteland. The Cub, in effetti, è ambientato nello stesso mondo. Ne richiama i colori, le architetture, l’atmosfera e approfondisce e migliora tutto.
Lo fa con una narrazione che è prima di tutto visiva, estetica, con scenari decadenti dove la natura sta riconquistando il dominio con una certa brutalità, tra serpenti giganti impossibili da superare e ricci letali. Ma la narrazione si evolve anche e soprattutto grazie alla radio. Sì, The Cub ha una sorta di radio che ci accompagnerà praticamente per tutta l’avventura.
In effetti, l’idea di una radio con tanto di interviste, intermezzi musicali e un presentatore in grado di ammaliarci, non è inedito nel mondo dei Demagog Studio ma qui assume un ruolo ancora più rilevante ricoprendo due ruoli ben distinti: il primo è quello di dettare il sottofondo musicale della nostra avventura mentre il secondo è quello di regalarci una lore approfondita del mondo e dell’universo stesso.
Se la colonna sonora, essendo slegata all’attività ludica ma dettata dai tempi radiofonici, non è sempre perfettamente idonea con l’azione a schermo, la narrazione, le interviste, gli interventi e persino alcune battute del presentatore e degli ospiti, coinvolgono così tanto che più volte ci siamo fermati per poterci soffermare sui dialoghi, surclassando l’azione a schermo.
Ma di cosa parla The Cub nel dettaglio? Il protagonista è un bambino, un sopravvissuto, spesso in fuga e/o braccato, in una Terra desolata e devastata dopo l’avvento di quella che è stata denominata come “Grande Catastrofe Climatica”. Questo disastro di scala globale ha rischiato quasi di far estinguere il genere umano che si è diviso in due fazioni: i ricchi (o ricchissimi) che son fuggiti con un razzo verso Marte e i disperati che sono rimasti sulla Terra pronti all’inevitabile fine.
Eppure c’è chi è inaspettatamente sopravvissuto, chi, come il protagonista, ha trovato in un branco di lupi la salvezza, adeguandosi alla natura, spostandosi fra liane e muovendosi fra rovine antiche che richiamano la nostra attuale quotidianità. E tra questi ruderi e tra i cadaveri di esploratori spaziali tornati sulla Terra per chissà quale motivo, il protagonista di The Cub recupera un casco spaziale da cui può ascoltare la radio di un altro mondo.
Corri e salta
The Cub non fa mistero del suo gameplay: è un platform a scorrimento orizzontale che rievoca i fasti del genere degli anni 90′, e non solo. Nel giocarci, infatti, abbiamo riscontrato delle vibrazioni simili a titoli come Inside. Questo perché in The Cub ti ritroverai spessissimo a morire. In effetti, l’intera avventura è composta da trial and error di vario genere.
Il motivo è che il protagonista non ha alcuna energia, basta un colpo e sei morto. Nelle fasi più concitate, quindi, dovrai memorizzare bene l’oscillazione della liana, il raggio di attacco dei ricci letali, la posizione delle punte velenose che fungono da vegetazione e tanto altro. Questo perché il mondo di The Cub è un concatenarsi di salti e trappole, nonché di passaggi in cui insinuarsi e nemici da cui sfuggire.
Perché saremo spesso inseguiti così come ti ritroverai a cercare percorsi alternativi, piccoli anfratti segreti e buche ben celate in cui poter reperire collezionabili di vario genere. Tutto mirato ad approfondire il mondo di gioco, un mondo prevalente muto, ricordiamo, infatti, che le parole sono affidate al DJ radiofonico che ci parla dal casco e che ha poco a che vedere con quello che viviamo a schermo.
Non mancano fasi sott’acqua con tanto di schermo che si oscura man mano che l’ossigeno del protagonista si avvicina al limite critico. Presenti anche piccoli enigmi ambientali e momenti decisamente più frenetici, alternati ad altri più sereni e compassati. Nel complesso, il ritmo di The Cub è molto buono e l’unica cosa che possiamo segnalare è la quasi totale assenza di innovazione ludica.
Quanto farai a schermo è già visto in altri titoli, con pochi sprazzi innovativi. Manca lo stupore e l’ingegno di un già citato Inside o la difficoltà elevata e soddisfacente di Limbo. In compenso The Cub è un titolo solido, godibile e che si difende dietro un’atmosfera evocativa e ben riuscita, seppur non completamente originale.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, The Cub ricalca un po’ quanto già visto in Golf Club Wasteland migliorando e ampliando il proprio immaginario. Dove splende però, sono le animazioni, molto curate e che spiccano quasi come se fossero un cartone animato. Certo ci sono innegabili ricicli (come il serpentone impossibile da superare) ma fa anche parte di un effetto nostalgico palesemente dichiarato.
Il sonoro è molto buono e curato fin nei minimi dettagli, basti pensare all’effetto audio ovattato della radio se iniziamo a nuotare sott’acqua. Sì, le tracce sonore non sono sempre in linea con quanto avviene a schermo e alcune interviste sono estremamente noiose o banali ma l’idea funziona, ha ritmo ed è sufficientemente variabile anche se ammettiamo che potrebbe non piacere a tutti.
Da segnalare, purtroppo, la totale assenza dei sottotitoli in lingua italiana (presenti in inglese). Questo può risultare un ostacolo non di poco conto considerando che leggere sottotitoli mentre si salta da un punto all’altro evitando nemici mortali non è comodissimo. Infine, da segnalare che The Cub si difende bene in entrambe le modalità dell’ibrida Nintendo anche se noi consigliamo la versione portatile, solida, comoda e che regala un gradevole feedback immediato.