Dopo essere uscito nel 2013 per PC, ecco che dopo ben 8 anni The Dark Eye: Memoria, fa capolino anche sulle console più recenti come Xbox Serie S/X e Nintendo Switch (versione da noi provata). Un punta e clicca di stampo estremamente classico di quelli che oserei definire “di una volta“.
Ma prima un po’ di background su questo titolo, che non nasce come videogioco, ma come gioco di ruolo carta e penna. The Dark Eye ha avuto, tra gli appassionati del genere, un buon seguito, tanto da riuscire a rivaleggiare, in alcune parti del mondo, anche con opere ben più blasonate come Dungeons ‘n Dragons. Il fatto di appartenere ad un mercato così di nicchia, ma soprattutto di non essere riuscito a sfondare nei mercati che contano (AKA USA e Regno Unito), ha fatto si che quest’opera fosse sconosciuta ai più o comunque a chi non ha mai fatto una partita ad un Gioco di Ruolo su Carta.
Tuttavia Daedalic Entertainment prova a trasporre questa opera tramite il medium videoludico, ovvero una forma di divertimento molto più mainstream, rispetto a quella da cui nasce. È stato fatto un buon lavoro? Questo The Dark Eye: Memoria diverte? Prosegui nella lettura per avere una risposta a queste domande.
Un sequel di The Dark Eye: Chains of Satinav
The Dark Eye: Memoria è un sequel di un altro titolo, anch’esso uscito recentemente per Nintendo Switch, ovvero The Dark Eye: Chain of Satinav. Il gioco, infatti, narra degli avvenimenti accaduti subito dopo il precedente capitolo, focalizzandosi sulla storia di Geron il protagonista che dovrà ritrovare la sua fata Nuri, la quale è stata catturata mentre cercava di scoprirne di più sul mistero dietro la sparizione della principessa Sadja.
In The Dark Eye: Memoria la struttura della trama è divisa in due. Da una parte avremo gli avvenimenti del presente dove impersoneremo Geron, un contadino che è riuscito ad imparare l’arte della magia. Il suo scopo sarà quello di aiutare la sua amata Nuri, una fata la quale è stata trasformata in un corvo alla fine di The Dark Eye: Chain of Satinav.
Nella sua avventura, Geron, incontra un mercante di nome Fahi il quale promette al protagonista di riuscire a ripristinare la forma umanoide di Nuri, a patto che lui risolva il mistero sulla principessa Sadja, regnate di Fasar, vissuta ben 450 anni prima. A questo punto faremo un salto indietro nel tempo e prenderemo il controllo proprio della principessa.
Gameplay che può non piacere a tutti
Come detto ad inizio recensione The Dark Eye: Memoria è un punta e clicca classico, di quelli vecchio stampo dove saremo bloccati in una schermata e dovremo cercare di risolvere enigmi tramite l’ausilio di indizi. Avremo un’interfaccia pop up, richiamabile tramite la pressione di un tasto, in cui ci saranno gli oggetti in nostro possesso, utilizzabili in base al puzzle proposto. Insomma nulla di nuovo per chi è nato a pane e Broken Sword.
Il sistema di controllo di The Dark Eye: Memoria, come ti ho spiegato, è quanto di più classico si possa pensare e non aggiunge nulla ad un genere molto statico il quale difficilmente riuscirà a catturare l’attenzione di un giocatore che non si è mai approcciato a questo tipo di videogiochi. Tuttavia si sa, i punta e clicca non cercano di avere chissà quale giocabilità, ma usano tutte le loro carte sulla trama che possono offrire.
The Dark Eye: Memoria, da questo punto di vista, fa un buon lavoro e a questo affianca degli enigmi ben congegnati. Il difetto è semplicemente che The Dark Eye: Memoria non da niente in più ad un genere che difficilmente saprà rinnovarsi, relegando questo titolo al classico né carne, né pesce.
Piccolo appunto per la versione Nintendo Switch, nel caso giocassimo nella sua versione portatile, potremo tranquillamente utilizzare lo schermo touchscreen della console, peccato che così facendo diventa quanto di più impreciso si possa pensare, con controlli poco reattivi e in questo modo si raggiungono livelli di frustrazione altissimi.
Se infatti noi proveremo ad aprire il menù degli oggetti, la console prenderà un comando totalmente diverso. Il consiglio è che se stai giocando in in modalità portatile, di utilizzare comunque i tasti, sono nettamente più comodi e precisi.
Graficamente buono
The Dark Eye: Memoria da un punto di vista visivo resta in linea con i canoni standard ovvero con fondali statici in 2D, dove si muovono dei personaggi stilizzati che ricordano un cartone animato. Gli sfondi sono ben disegnati con una tecnica che ricorda più un dipinto piuttosto che un videogame (non che questo sia un difetto capiamoci).
Da un punto di vista sonoro, abbiamo ad una buona recitazione, per quanto riguarda il doppiaggio, ma soprattutto un utilizzo dei rumori su sfondo che da un buon coinvolgimento all’interno dell’avventura.
Concludendo
The Dark Eye: Memoria non è proprio malaccio, anzi. Tuttavia non posso davvero consigliarlo a tutti. Un giocatore attempato, magari cresciuto a pane e Broken Sword, potrà apprezzare il lavoro svolto dal team tedesco Daedalic Intertaiment.
Per un giocatore di primo pelo, avvezzo a ritmi nettamente più serrati tipo un FPS, difficilmente riuscirà a farsi piacere la struttura vintage di questo The Dark Eye: Memoria. Da un punto di vista narrativo, vero punto di forza dei giochi punta e clicca, il plot generale si presenta in maniera interessante con un buon uso del trucchetto della storia nella storia. Questo riesce a far capire al giocatore di più degli avvenimenti proposti. Tecnicamente nulla da dire, con fondali molto ben disegnati ed un sonoro che aiuta a calarsi perfettamente all’interno della storia.
Se senti il bisogno di un gioco estremamente lento, che predilige mettere alla prova la tua materia grigia, piuttosto che l’azione nuda e cruda puoi far tuo The Dark Eye: Memoria e anche il suo prequel, se invece sei alla ricerca di ritmi serrati e per te videogiocare vuol dire mozzare teste e far morti a destra e manca, lascia perdere, troverai The Dark Eye: Memoria, totalmente inadatto a te.