Leggendo The Dark Eye: The Book of Heroes i fan dei giochi di ruolo da tavolo avranno sicuramente sorriso. “Uno sguardo nel buio” è un gioco da tavolo tedesco che in Germania superò addirittura Dungeons & Dragons nelle vendite. Nato quasi 40 anni fa, ha avuto 4 edizioni (una quinta dovrebbe uscire a breve), The Dark Eye creò un vero e proprio universo attorno a sé. Libri, altri giochi di ruolo da tavolo ma soprattutto una ventina di videogiochi, di cui il più famoso sicuramente resta Drakensang.
The Dark Eye: The Book of Heroes è (anzi sarà, visto che la sua data di uscita è fissata per il 9 giugno) l’ultimo erede della saga teutonica. Noi lo abbiamo giocato in anteprima ed eccoti, tra dubbi e perplessità che ci ha lasciato, la nostra dettagliata scomposizione del titolo targato Wild River Games.
Una Lore all’altezza, ma la grafica…
Il preambolo è fatto relativamente bene. Tra musiche, immagini e voice over ci si trova da subito catapultati in quell’atmosfera D&D style che i fan di questo tipo di giochi, in fondo, cerca sempre. Tutto molto classico ovviamente, niente di sconvolgente o particolarmente innovativo, ma la lore di The Book of Heroes risponde completamente a quel desiderio di confortevolezza che si vuole trovare in un titolo del genere. E lo fa già dal caricamento iniziale. Il gioco non è al momento disponibile in italiano, ma questo non è un ostacolo insormontabile per la comprensione del gioco, essendo composto (come tutti i videogames tratti dai giochi da tavolo) da parole e testi consultabili.
La grafica, purtroppo, non regala le stesse emozioni delle musiche che permeano un po’ tutte le fasi del gioco.
Stiamo parlando di un GDR punta e clicca, che quindi deve dare risalto non tanto ai personaggi in sé quanto al dungeon ove i PG si devono muovere. In un contesto del genere è normale non aspettarsi un Horizon, ma neanche un Baldur’s Gate II (giocone con una grafica all’avanguardia… per essere del 2000 però). La parte del menù in stile “disegnato” non è fatta per nulla male, ma tutto quello che concerne la modellazione 3D non esalta per nulla. E da un gioco che tra i requisiti consigliati citava un processore i7, una GTX 960 o una Radeon R9 era lecito aspettarsi molto di più.
Creazione del personaggio e personalizzazione, il vero plus del gioco
Il sistema di creazione del personaggio, così come quello di personalizzazione generale all’interno del gioco, è il vero punto di forza di The Dark Eye: The Book of Heroes. Attraverso uno serie di carte è possibile scegliere tutto del proprio character: tipo (Human, elf, ecc…), skills (Warrior, wizard, ecc…), professione (white mage, black mage, ecc..), le origini, Il background, gli ideali e la missione intrinseca che si vorrà compiere. Sette scelte che determineranno lo scopo, le missioni e dove il nostro personaggio verrà inserito all’interno del meta plot di The Book of Heroes. Ah e ovviamente anche la dettagliatissima scheda del PG.
Anche la parte di creazione fisica del personaggio 3D (anche se, come detto, molto lontano dalle potenzialità delle attuali GPU) è molto variegata, e permette di modificare qualsiasi tipo di parametro a nostro piacimento. Unica cosa non modificabile? Il nome. Quindi, tra un Olgar Buttersword e un Layrus Haglusyiun ci troveremo a premere sul dado di generazione casuale del nome molte volte per trovarne uno che ci possa piacere.
Gameplay tra classicità e aggiunte da rivedere
Gameplay… Ecco, qua veniamo alla parte più complessa di questo Book of Heroes scomposto. Come già detto, è un GDR punta e clicca, con molti elementi Idle RPG. Tutto incomincia nella taverna. Dopo il tutorial verremo buttati nelle prime quest del gioco. Ben descritte, sensate e che sembrano contribuire molto bene all’evoluzione del personaggio e all’inserimento di esso nella lore del gioco. In questa alpha version ovviamente tutta la parte multiplayer non è presente (anche se sarà centrale nel gioco stesso), ma il single player sembra bastare ed avanzare per capire le dinamiche del gioco anche in PvP.
Prima di avventurarsi in un dungeon o in una quest si potrà ingaggiare fino ad altri 3 personaggi all’interno della taverna di gioco. Il nostro team di quattro personaggi verrà catapultato in dungeon tutti molto simili ma al contempo complessi. Strutturati bene, con un looting e un’esplorazione abbastanza intriganti. Diciamo che il problema del gameplay di Book of Heroes non è la costruzione dei dungeon, ma dei combattimenti.
I personaggi “terzi”, se vogliamo definirli così, non sono praticamente controllabili: non gli si può dare alcuna indicazione se non di seguire genericamente il personaggio. Non è un JRPG, ok, ma almeno lo scegliere stili di combattimento differenti avrebbe permesso all’utente di sentirsi più parte del gioco e non succube degli eventi attorno a lui. Insomma, l’unico PG su cui avremo il controllo sarà il nostro PG. E qui, sono altri problemi.
Il nostro PG ha delle caratteristiche (come avrai potuto notare nelle immagini relative alla creazione del personaggio). Sono tante e dettagliate. Tutto molto bello, no? Lo sarebbe, se avessimo la percezione di tali caratteristiche durante i combattimenti. Ogni volta che attaccheremo lanceremo un dado, e lo stesso farà il nostro nemico. L’esito dei due lanci determinerà l’esito dell’attacco o della parry. Tutto cose che ovviamente gli amanti di D&D non hanno bisogno che venga loro spiegato. Il problema non sta tanto in questo che, a mio avviso me dovrebbe essere relegato ai giochi da tavolo (ma è una semplice opinione personale), potrebbe anche starci, il problema sta nell’algoritmo dietro tutto ciò.
Sembra tutto puramente casuale. I danni non sembrano variare gradualmente insieme al cambiamento delle statistiche, o contro nemici differenti, dai mostri casuali trovati nel dungeon ai boss di fine quest.
E a tutto questo si aggiunge anche la difficoltà del gioco stesso: il looting, per quanto sia fatto molto bene (è possibile visionare diverse cose all’interno dei dungeon, dai bauli, alle librerie, passando per le scrivanie) non permette di ottenere chissà quali oggetti “utili” (come le pozioni) all’interno del gioco. La pozione più comune (e per comune intendo che se ne possono trovare tipo 4 all’interno di un dungeon), permette di ripristinare 1 HP. Se a questo si aggiunge un White Mage che fa un po’ quello che vuole e un sistema di fighting molto più casuale di quanto si possa pretendere da un GDR, ti ritroverai più volte a evitare i fight (che dovrebbero essere la parte clou del gioco).
The Dark Eye: The Book of Heroes, conclusione
The Dark Eye: Book of Heroes è un gioco dalla base più che rispettosa del genere ma che lascia sapori contrastanti: da una parte musica, struttura e disegni che ti fanno pensare all’attenzione nei dettagli, dall’altra un gameplay un po’ grossolano e un sistema 3D troppo retrò che invece sembrano dirti che qualcosa andava fatto in maniera diversa. Questo titolo è e resta un titolo di nicchia, che può piacere e non poco agli appassionati del genere, che non ha la pretesa di rivoluzionare il genere ma che forse si è seduto troppo sulle certezze che queste genere ormai ha consolidato da anni. Ecco a voi il nostro pensiero su The Dark Eye: The Book of Heroes