Il genere punta e clicca è forse uno dei più antichi nel mondo dei videogiochi: uno dei titoli più apprezzati della storia che si rifà a questo genere è sicuramente Myst, capolavoro del 1993 creato dai fratelli Robyn e Rand Miller.
Il gioco, oltre ad essere un successo commerciale grazie alle sue circa 10 milioni di copie vendute nel mondo, è stato e continua a essere una fonte d’ispirazione per tutti quegli sviluppatori che sognano di lasciare la propria impronta nella storia videoludica.
Il videogioco The Eyes of Ara, nonostante parta da idee e concept totalmente diversi, strizza l’occhio a quella piccola perla che fu Myst: Ben Droste, level designer e ideatore di The Eyes of Ara, non ha mai nascosto la celata connessione che c’è fra i due titoli e quanto il titolo più anzianotto sia stato d’ispirazione a quello più recente.
Noi di iCrewPlay abbiamo provato la versione per Nintendo Switch di The Eyes of Ara, e in questa recensione non sarà insolito trovarmi a spiegare quello che accomuna questi due punta e clicca, tanto simili e al contempo diversi, entrambi parte di passato e presente dell’industria videoludica.
Non perdiamoci in ulteriori chiacchiere e analizziamo questo titolo.
The Eyes of Myst
L’incipit narrativo di The Eyes of Ara è uno dei più classici: una sorta d’interferenza radiofonica a larga scala disturba persistentemente i segnali elettromagnetici e i ponte radio di qualsiasi tipo di apparecchiatura.
Danneggiata dalla continua assenza di rete, l’azienda Sheey Contracting decide di consultare uno specialista affinché possa risolvere il problema alla radice: il disturbo sembra provenire da un castello abbandonato anni or sono, il quale, a detta di molti, dovrebbe essere infestato dai fantasmi: il nostro tecnico, il quale non pecca di mancanza di coraggio, si addentra in questo antiquato maniero.
Per comprendere la storia di The Eyes of Ara nella sua compiutezza, sarà necessario prestare attenzione e interagire con gli oggetti che riempiono le sale, e poiché la struttura della trama è impostata sulla narrativa ambientale, fogli, libri e appunti di coloro che abitarono quelle mura ci racconteranno, attraverso le loro righe, cosa è successo in quel luogo.
Questo crea nel giocatore un senso di smarrimento che, personalmente, ho apprezzato: esattamente come in Myst, fin dalle prime fasi il gioco concede al giocatore l’idea di essere da solo in un mondo del quale non si conosce praticamente nulla, il che trasmette a chi gioca la voglia di andare oltre il mero compito di riparare il guasto e cercare di carpire la verità più profonda che si cela dietro allo scenario.
Pensa, punta e clicca
In questo titolo, come tutti gli altri giochi che attingono al genere, si dovrà puntare il cursore e cliccare sulla zona desiderata per muoversi: in questa versione per Nintendo Switch basterà premere sullo schermo per riuscire a giocare, il che rende tutto molto più immediato.
Il fulcro principale di The Eyes of Ara sono gli enigmi: dal momento che il titolo tende verso l’esplorazione, la maggior parte di questi saranno ambientali, richiamandoci all’attenzione su tutto quello che ci circonda.
Fin dalle prime battute di gioco, si prende consapevolezza del fatto che gli enigmi impegnativi sono il pane quotidiano in questo titolo: The Eyes of Ara richiede concentrazione e perspicacia, cosa non sempre avvezza in questa generazione videoludica, che potrebbe donare soddisfazione nel risolvere un determinato puzzle, ma al contempo potrebbe risultare frustrante per il giocatore che è alle prime esperienze con il genere e non è abituato a questo tipo di gameplay.
Possiamo dire che, anche se è un mondo esplorabile a piacimento, The Eyes of Ara subisce una sorta di struttura a binari: ogni zona è composta da una stanza centrale con una porta da aprire per proseguire e delle camere secondarie nelle quali si svilupperanno i vari enigmi da risolvere in modo tale da sbloccare la porta.
In ognuno di questi “livelli” sarà possibile reperire dei collezionabili che si suddivideranno in fotografie, monete e action figure: questi saranno opzionali per il conseguimento finale della storia, ma aggiungono un ulteriore divertente senso di sfida, considerato che la maggior parte degli oggetti sarà sapientemente posizionata e ben nascosta.
Tecnicamente non ci siamo
Purtroppo le note dolenti arrivano principalmente dal comparto tecnico: sia chiaro, per essere un progetto indipendente stanziato con i fondi ricavati attraverso il crowfounding, il gioco possiede la sua dignità, ma non possiamo dire che sia completamente esente da errori.
Il comparto grafico, seppur con scorci interessanti soprattutto nelle zone aperte, non brilla particolarmente: all’occhio del giocatore meno attento potrebbe risultare un’ottima grafica, ma che in realtà è dovuta dall’artificio delle zone buie, che oscurano le texture e i modelli poligonali facendoli risultare sufficienti grazie alla penombra.
Per quanto riguarda la colonna sonora, 100 Stones Interactive sceglie di non impegnarsi tanto, inserendo come brani soltanto un accennato sottofondo di musiche prettamente ambientali, senza infamia e senza lode.
Il peggio lo troviamo però nella solidità del prodotto: il gioco non è esente da bug, che a volte hanno addirittura compromesso la mia partita: quando si completa un enigma correttamente e il gioco non attiva il “trigger”, costringendoti a riavviare la partita e incrociare le dita, non si sta certamente discutendo di un buon comparto tecnico.
Nonostante il discutibile valore tecnico, quello artistico non è stato completamente influenzato da questi grossolani errori: l’atmosfera che si respira nel castello è tanto affascinante quanto misteriosa, riuscendo ad avvolgere il giocatore e coinvolgerlo in un’ambientazione obsoleta, ma ispirata.
In conclusione
The Eyes of Ara su Nintendo Switch è sicuramente un buon titolo, che presenta anche delle leggere migliorie rispetto alla versione rilasciata per PC nel 2016.
La sua ripida curva di difficoltà forse potrebbe renderlo meno accessibile al giocatore odierno, grazie agli enigmi ben strutturati ma abbastanza complessi che hanno caratterizzato il genere negli anni ’90.
Pertanto, consiglio l’acquisto agli appassionati o a chiunque abbia voglia d’immergersi nel genere delle avventure grafiche punta e clicca: stiamo comunque parlando di un titolo tutto sommato godibile, seppur con le sue carenze e difetti.