Ormai da alcuni anni i giochi in realtà virtuale non sono più una novità; tuttavia, l’unica azienda che sembra crederci realmente, per quanto riguarda le console, è Sony che supporta la categoria con la seconda generazione del suo visore VR.
A ben vedere, la ragione è evidente dal momento che tranne rari casi, la maggior parte dei titoli VR è di qualità medio-bassa.
Senza girarci particolarmente intorno, è questo il caso di The Foglands, opera prima dello studio indipendente Well Told Games che anche giocato senza il supporto della realtà virtuale, rimane uno dei titoli peggiori che abbia giocato negli ultimi anni.
Ma facciamo un passo indietro e scopriamo The Foglands.
Nebbie e mostri
L’idea alla base di The Foglands, come dichiarato dagli stessi sviluppatori, risale al 2015; anno in cui un gruppo di studenti universitari produsse un breve cortometraggio in 3D di un action in terza persona, che recava già il titolo definitivo del gioco.
Due anni più tardi, nel 2017, con l’avvento di PSVR l’intero titolo venne ripensato per essere compatibile con questa nuova tecnologia. Ed eccoci quindi davanti a The Foglands, uscito dopo alcuni ritardi e slittamenti che sembravano mettere a repentaglio l’effettivo completamento del titolo.
La storia del gioco è molto semplice: in un mondo pseudo post-apocalittico, la superficie del pianeta non è più vivibile e quindi l’umanità si è dovuta spostare sotto terra. Non proprio una storia originale insomma.
Sia come sia, per la sopravvivenza si sono anche scavate delle miniere attraverso le quali si muovo i runner, gli unici coraggiosi che attraversano cunicoli e anfratti bui per trasportare merci e altro.
Nei panni di uno di essi, Artyom… ah no Jim Jack o come si chiama, il nostro primo giorno di lavoro si trasformerà in un incubo quando verremo attaccati da una specie di verme gigante che, oltre a mettere a rischio l’intera esistenza delle colonie sotterrane, dopo avere eliminato il nostro mentore frà uno spuntino anche con il protagonista.
Ma, per nostra fortuna, ci risveglieremo in un misterioso vagone ferroviario che ospita un ancor più misterioso (e vagamente mefistofelico) soggetto che si fa chiamare Lo Straniero e che ci garantisce la possibilità di tornare in vita ogni volta che verremo eliminati, purchè continueremo la lotta contro tutte le creature che infestano il sottosuolo.
Ovviamente lo Straniero non opera per altruismo, ma il suo scopo inizialmente ci interessa ben poco per cui non potremo che accettare l’offerta e iniziare la battaglia.
Il gameplay di The Foglands
Se il concept di The Foglands prova a proporre qualcosa di diverso in un genere, quello degli FPS roguelite, in cui abbiamo già visto di tutto, una volta preso in mano il pad tutti i nodi vengono al pettine.
Il gioco è noioso e non fa niente per nasconderlo: ci troveremo a vagare per ambienti spogli e per lo più bui alla ricerca di risorse e nemici da eliminare. Spesso, per non dire sempre, non abbiamo idea di quello che dobbiamo fare e girare in tondo alla ricerca di quell’elemento che non abbiamo notato ma è fondamentale per proseguire è tutt’altro che un’eventualità remota.
Le risorse da cercare consistono principalmente in munizioni e rottami, questi ultimi utili per acquistare migliorie e armamenti; la loro gestione è lasciata alla nostra iniziativa dal momento che potremo accumularli per acquistare quanto troviamo dai mercanti nelle miniere oppure mandarli tramite condotti all’hub principale ed utilizzarli una volta morti.
Questa è sicuramente la soluzione ideale dal momento che, ammesso di trovarli, i mercanti hanno in vendita soltanto tre oggetti (uno dei quali la stessa pistola che in teoria non abbandoneremo mai) quasi mai realmente utili per la partita.
Non è tutto rose e fiori neppure nell’hub, dal momento che c’è un evidente squilibrio tra le risorse reperite nei livelli e il numero richiesto per acquistare i potenziamenti necessari per andare avanti nella nostra avventura.
Per affrontare i livelli abbiamo a disposizione solo 4 slot, attivabili con i tasti direzionali, in cui il gioco convoglia tutti gli oggetti che troviamo all’infuori di quelli immediatamente lanciabili come lattine o sassi. Ne consegue che dovremo fare delle scelte, ponderando attentamente cosa raccogliere e cosa lasciarci indietro.
Non che la cosa abbia un effettivo impatto, dal momento che i combattimenti sono ampiamente insoddisfacenti: oltre ad essere limitati a poche zone in cui troviamo pochi o molti nemici, la IA delle creature è abbastanza imbarazzante. Spesso tendono a muoversi a casaccio finendo per incastrarsi tra di loro o negli elementi del livello, o comunque si muovono in maniera talmente stereotipata da essere facilmente prevedibili.
Potremo affrontarli sia a mani nude che con armi da corpo a corpo e pistole varie senza ricavare tuttavia la minima soddisfazione. Per mirare veniamo agevolati dal fatto che una volta mirato al nemico, la sua sagoma si contornerà di rosso, elemento che torna utile considerato come i colpi inferti non abbiano un particolare feedback.
Tra l’altro anche il loro effetto appare abbastanza casuale: capita che un nemico venga eliminato dopo un solo colpo, così come è possibile che pure con una scarica di proiettili un mostro “base” rimanga ancora in piedi.
Anche per quanto riguarda la varietà dei nemici c’è ben poco da dire: sono praticamente tutti identici con piccole differenze come il tono del colore, eccezion fatta che per i boss.
Questi ultimi sono creature di dimensioni importanti, che si caratterizzano principalmente per essere delle spugne di proiettili. Talvolta non avremo nemmeno le munizioni necessarie per combatterli, ma onestamente cambia poco perché sono tutt’altro che memorabili.
Per fortuna, gli sviluppatori hanno prodotto un titolo abbastanza contenuto con 3 biomi da esplorare che può essere completato con una speedrun di 50 minuti. Mal che vada, visto che spesso gireremo a vuoto, il tutto non dovrebbe durare più di 5-6 ore.
Ammesso che riusciate a finirlo.
Grafica e sonoro
Questa volta è abbastanza superfluo parlare di “segnali di stile”, in quanto inesistente.
Il comparto grafico, che probabilmente risente dell’origine come gioco in VR, è abbastanza scialbo tra nebbia che ricopre l’intera area di gioco (bel trucco, ci avete provato) e ambientazioni spoglie.
La cura riposta nell’ideare il mondo di gioco è abbastanza bassa e onestamente il tentativo di richiamare quello stile un po’ gotico/grottesco già visto altrove fallisce miseramente.
Più in generale appare chiaro come pur essendoci un’idea di fondo, la realizzazione sia del tutto raffazzonata: texture pasticciate, superfici rese malamente e mal costruite (talvolta si notano dei buchi nei pezzi di scenario) o con elementi buttati li a casaccio non rendono per niente piacevole la partita.
Anche i nemici spesso appaiono posizionati in maniera totalmente incongruente con l’ambiente circostante.
Discorso leggermente diverso per il sonoro, che appare un po’ migliore con un sottofondo quasi sempre di carattere country con armoniche e chitarre ad accompagnarci, creando anche un leggero crescendo nelle fasi più concitate. Ma chiaramente non può e non deve bastare.