Non si scommette sulle idee perchè queste sono infide, arrivano quando vogliono e sono difficili da concretizzare. Se c’è un posto in cui queste fanno veramente la differenza però è quello in cui ci sono bassi investimenti, gli sviluppatori sono prima di tutto appassionati e i poligoni sono pochi: il mercato dei videogiochi indie. In questa magica cornice tutto può accadere, parliamo infatti di un mondo capace di sfornare un capolavoro come “Cuphead” e allo stesso modo donare la vita a “Tree simulator”.
I ragazzi di FarSky Interactive però un’idea l’hanno avuta e, una volta equipaggiata con tuta alare e un guanto spara-rampini, l’hanno spinta con tutta la loro forza in modo che potesse liberarsi dalle leggi del mercato in cui era incatenata.
E’ da qui che nasce The Free Ones: dalla voglia di provare a fare qualcosa di nuovo.
Minando si impara: The Free Ones
Il protagonista dell’avventura è Theo, un ragazzo dal passato oscuro, che viene rapito e rinchiuso su un’isola sperduta. L’isola sembra abitata esclusivamente da prigionieri costretti ai lavori forzati e senza apparenti vie di fuga. Per sua fortuna però Theo troverà all’inizio dell’avventura un messaggio accompagnato da uno strano guanto capace di farlo fuggire dalla miniera. Qualcuno lo vuole fuori da lì e quel qualcuno sarà il motore di tutta la vicenda.
Scopriremo infatti che Theo è il tassello mancante per il piano di fuga organizzato da Lana, una schiava nata sull’isola che non ha mai potuto vedere la terra ferma. Il gioco è strutturato in quattro grosse macro aree ognuna finalizzata al compimento di uno specifico incarico. Gli obiettivi saranno però solo un pretesto per farci spostare dal punto A al punto B e lo stesso può essere detto per gli eventi messi in scena dagli sviluppatori.
E’ chiara la volontà dei ragazzi di FarSky Interactive di creare tramite la storia un mero pretesto per il gameplay, vera sostanza del gioco. Detto ciò qualcosa in più sul piano narrativo sarebbe potuto essere stato fatto: The Free Ones è molto scarso sotto questo aspetto e porta con se una fra le peggiori boss fight, se possiamo definirla tale, mai viste in un videogioco.
Mangia, prega, plana
Passiamo alla sostanza: il Gameplay. Il gioco è una sorta di platform 3D in prima persona capace di mettere a dura prova i riflessi del giocatore. Fin da subito ci verrà dato un rampino che ci permetterà di agganciarci agli oggetti e di effettuare balzi sovrumani, questo verrà poi potenziato permettendoci di lanciare 3 ganci per salto e, oltre a ciò, ci verrà fornita una tuta alare per allungare ulteriolmente il tempo passato in aria.
Il nostro compito sarà quello di superare le ambientazioni concatenando dei salti pazzeschi da effettuare con precisione certosina. Se ciò non bastasse sappiate che i ganci si potranno attaccare soltanto agli oggetti di legno e che quest’ultimi, nella stragande maggioranza dei casi, si sposteranno di continuo.
Tutto ciò si traduce in un sistema di movimento veramente fuori dal comune necessario ad affrontare degli scenari altrettanto fuori dal comune. Vera peculiarità del gioco infatti è l’ambientazione che dovremo “affrontare” salto dopo salto e dico “affrontare” perché è lei la vera nemica dell’avventura. Un’ostile isola abbandonata dalla vegetazione lussureggiante ricca di macchinari, treni, corsi d’acqua e gallerie.
Sull’oasi vengono trasportati continuamente i minerali estratti dagli schiavi attraverso fiumi, cavi e quant’altro. E’ questo l’escamotage che ha permesso agli sviluppatori di creare degli ambienti dominati da un movimento perpetuo di oggetti e casse, setting perfetto per permetterci di concatenare salti e planate da capogiro.
Riuscire a superare i vari stage risulta esaltante e impegnativo, è vero che a volte si sfiora la frustrazione, ma la consapevolezza che permane, morte dopo morte, è che stiamo migliorando continuamente. La struttura è quella del trial and error e, alla lunga, le soluzioni ludiche e il design dei livelli tendono a ripetersi ma l’epicità di molte situazioni messe in scena è encomiabile. Interessante anche come, in ogni area, venga sempre aggiunta una nuova meccanica che svecchia l’andamento del gioco non discostandosi mai troppo dal core di conoscenze che abbiamo acquisito in precedenza.
Ultima aggiunta è la presenza di alcuni collezionabili in-game: sparse per le mappe ci saranno delle bandiere infuocate da poter raccogliere. Questa sembrerebbe un extra da nulla se non fosse che i posti in cui si trovano le bandiere risultano estremamente difficili da raggiungere. Questi collezionabili diventeranno quindi una vera e propria sfida per chi si appassionerà al gioco e vorrà completarlo al 100%.
Ruscelli e montagne
Parlando della direzione artistica il gioco si difende dignitosamente. Le ambientazioni sono dettagliate e belle da vedere, l’illuminazione fa la sua parte e le texture sono quasi sempre di buona qualità. Tutt’altra storia invece per quanto riguarda i volti e le espressioni facciali dei personaggi che risultano un po’ troppo grezze.
Il gioco ha il grande merito di riuscire a trasmettere la sensazione di velocità e vertigine durante i nostri pericolosi spostamenti. Il lavoro grafico e sonoro svolto in questo senso è ottimo e alla base della riuscita di un gioco come questo.
Dal punto di vista del sonoro il gioco tende a essere molto silenzionso e a lasciar risuonare gli effetti ambientali come lo scorrere dell’acqua e il rumore dei passi del protagonista. In alcuni specifici frangenti entrano in scena dei brani musicali veri e propri che accompagnano l’azione esaltandola. Peccato che questi segmenti di gioco siano pochi dato che la soundtrack è curata e molto piacevole da ascoltare. Il doppiaggio dal parte sua è di qualità altalenante rompendo a volte l’immersione nel gioco, stessa cosa vale per le cut-scenes e tanti altri dettagli stilistici che risultano solo abbozzati.
Tutto sommato le magagne tecniche e visive non sono pochissime ma non riescono mai ad inficiare l’andamento del gioco. Detto ciò, The Free Ones, per essere un prodotto sviluppato quasi interamente da sole 2 persone e per il prezzo contenuto a cui viene venduto mostra molte più idee originali di tanti altri titoli moderni.