Sviluppato e pubblicato da Blue Brain Games, The House of Da Vinci è un gioco ad enigmi 3D ma con esplorazione “fissa” in stile recente Amerzone o titoli del passato, di quelli punta e clicca dove l’obiettivo essenziale è interagire con l’ambiente. Ecco, nel titolo in esame interagiremo unicamente con l’ambiente e in particolar modo con le ingegnose creazioni di Da Vinci stesso in una vicenda che ti porterà a spremere le meningi come si deve. Noi abbiamo inseguito il genio Italiano su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione.
The House of Da Vinci da un enigma a un altro
Prima di affrontare la narrazione di The House of Da Vinci è bene evidenziare che parliamo di un titolo pubblicato inizialmente nel 2017 e che, allo stato attuale, è il primo capitolo di una trilogia completata nel 2022. Quella che abbiamo recensita è la versione next gen di un titolo uscito anche su mobile e di cui non sono state effettuate modifiche di sorta rispettando fedelmente l’opera originale da inizio alla fine.
Sul versante narrativo, The House of Da Vinci presenta giusto una “motivazione” che prova, nel suo piccolo, a spingerci di capitolo in capitolo, ossia: la ricerca del maestro Da Vinci. Noi impersoniamo un suo anonimo apprendista e, attraverso documenti e lettere di vario genere, il nostro caro maestro ci guida in una storia lineare e dal ritmo decisamente compassato e diluito, spezzato da continuo enigmi che possono impegnarci anche per ore e ore, portando di fatto la narrazione in secondo piano.
In realtà, nelle vicende ci sono anche momenti più “adrenalinici” ma sono sprazzi comunque abbastanza dimenticabili e assolutamente secondari rispetto a quello che il titolo propone ludicamente. Il fulcro pulsante di The House of Da Vinci, infatti, sono gli enigmi, la loro composizione a “catena” e la loro complessità gradualmente sempre più ostica e arzigogolata, mostrando affascinanti macchinari estremamente difficile da prevedere come e quando svelarli. E in effetti, più che la storia, a catturare l’attenzione nel gioco sono proprio le macchine e come esse si incastrano tra loro per aprirci il passaggio al prossimo capitolo.

Enigmi su enigmi su enigmi
The House of Da Vinci è un’avventura a enigmi in 3D ad esplorazione fissa e in prima persona. Si procede quindi a schermate stando al comando di un puntatore la cui forma muta in caso di oggetto o elemento di scenario con cui è possibile interagire. Il tutto funziona discretamente bene con un’interfaccia a schermo molto intuitiva e dei comandi che, neanche a dirlo, sono studiati più per un computer che per un pad ma che, almeno nei momenti base, funzionano abbastanza bene.
Il problema è quando si passa all’interazione con i vari arnesi e macchinari. Il titolo, infatti, prova a essere più interattivo e chiede all’utente di girare manovelle, abbassare leve, togliere dei pezzi e/o ruotarli e quant’altro. Tutto questo viene affidato alla rotazione e a specifici movimenti degli analogici del pad. Ebbene… tali movimenti sono poco intuitivi e afflitti da un feedback non istantaneo e che anzi, rallenta o riceve male il nostro comando. Questo si traduce in fasi imprecise e che rallentano l’esperienza stessa, considerando quanto spesso saremo chiamati a interventi del genere.

Quando non ci viene chiesto di usare l’analogici per futili interazioni con ambiente o con gli oggetti stessi, The House of Da Vinci funziona bene. Gli enigmi, infatti, sono discretamente complessi e molto originali. La struttura stessa del titolo è traducibile in una continua carrellata di enigmi a incastro. Banalmente, ogni capitolo ci presente determinati luoghi infarciti da stravaganti arnesi che andremo man mano a svelare. Il nostro scopo è intuire con quale iniziare a interagire, risolvere i vari puzzle e intuire quando passare ad altri macchinari.
Bisogna incastrare cronologicamente ogni macchinario svelando la linea immaginaria di puzzle previsti dal titolo fino alla sua conclusione, in un percorso che, per chi non è abituato al genere, può risultare persino snervante visto che non tutto è facilmente intuibile e non tutto è facilmente localizzabile. Ci sono porzioni piccolissime di scenario che non vedi neanche e su cui devi obbligatoriamente passare il cursore per svelare la loro esistenza. Per fortuna dei neofiti, ma non solo, il gioco ha un sistema di indizi temporanei a tappe ossia una sfera in alto che si illumina dopo un determinato lasso di tempo.
Premendo tale sfera, essa ti fornirà un piccolo indizio sul prossimo passo da compiere. A seconda del tipo di enigma, potrebbero esserci una o più indicazioni ma dovrai sempre attendere un dato lasso di tempo per poterlo svelare. Può quindi capitare che, esausti, ci si ritrovi ad attendere l’illuminazione… letteralmente. Detto ciò, al sistema del titolo tutto sommato poco originale nella sua struttura ludica, si aggiungono due elementi che provano a rendere il tutto più identitario.

Un gioco di lenti
Il titolo aggiunge due lenti attivabili coi dorsali e che donano al titolo una sorta di filtro. Alcuni enigmi, infatti, svelano la loro soluzione solo e solamente se sotto l’effetto di uno o dell’altro filtro con tanto di indicazioni a schermo o mini giochi da risolvere. Uno dei due, infatti, quello temporale, richiede una sorta di disegno a schermo da completare (elemento palesemente di natura mobile e touch). Tale sistema di lenti va a inserirsi in un mosaico di enigmi sempre più complesso ma in grado di regalare non poche soddisfazioni in caso di autonoma risoluzione.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, The House of Da Vinci risulterebbe abbastanza anonimo e piatto se non fosse per i macchinari di Da Vinci. Questi e il loro rispettivo svelamento, sono l’elemento migliore del titolo, mostrandosi nelle fasi finali in modi difficilmente immaginabili e che regalano non poco compiacimento. Purtroppo, invece, il resto è abbastanza poco ispirato, seppur ben dettagliato, oltre a prestare il fianco all’età stessa di un titolo dal budget originario sicuramente non elevato ma che si difende comunque bene.
Il sonoro è sufficiente e poco memorabile, spesso assente o comunque poco invadente, lascia spazio alla concentrazione dell’utente e ad eventuali imprecazioni di quelli meno pazienti. Infine, da segnalare la gradevole presenza dei sottotitoli in lingua italiana, utilissimi soprattutto nella comprensione dei vari indizi testuali oltre che per la sporadica lore narrativa.