The King’s Bird, la fiaba del volo.
Alcuni videogiochi accompagnano delicatamente il giocatore attraverso un’esperienza narrativa, offrendoti tutto ciò di cui hai bisogno senza barriere e trambusti di alcuna natura. Il movimento è libero, l’ambiente circostante un alleato, addirittura non esiste pressione, fallimento o tempo da tenere in considerazione.
Poi c’è The King’s Bird.
Gli sviluppatori di Serenity Forge hanno tirato fuori dal cilindro un precision platform che non manca di sfide e richieste di abilità. I più smanettoni qui si sentiranno a casa, anche se ci sono alcune pieghe interessanti che portano The King’s Bird a distinguersi da altri titoli assimilabili allo stesso genere, specie nel segmento indie e a non essere quindi un gioco troppo derivativo.
Canto, ergo volo
La nostra avventura inizia quando una sagoma femminile, non è dato sapere altro sulla protagonista, si sveglia dopo una forte esperienza onirica sul volo metafora di libertà e ha un breve ed accalorato scontro con una figura paterna dall’aspetto regale; o almeno si presume sia così, dal momento che i dialoghi sono riprodotti tramite effetti musicali (come se fossimo in un capitolo di Fantasia, ad esempio) e nessun testo accompagna lo scambio di vedute.
Qualche indizio sulla trama sottostante può essere trovato nei murales che compaiono talvolta come sfondo, o analizzando le condizioni in cui si trova il mondo in cui ci muoveremo man mano.
Animata da un sano spirito di ribellione e da una innata voglia di libertà la nostra protagonista, l’uccello del titolo, conquista in breve una sciarpa bianca fluttuante, insieme al potere del volo (o sarebbe meglio dire planare) ed è questo oggetto che le infonde il coraggio necessario ad intraprendere il proprio viaggio.
Il tutorial iniziale ci offre delle sezioni dove fare pratica con le meccaniche di gioco, insieme ad alcuni pittogrammi sui muri che forniscono delle indicazioni sull’utilizzo dei pulsanti e le posizioni migliori da tenere per affrontare gli ostacoli. La nostra protagonista è in grado di correre sopra le sporgente, saltare i muri, scivolare lungo le pendenze o i soffitti inclinati.
E’ un gioco dove lo slancio, il tempismo, è tutto: va costruito, mantenuto e padroneggiato.
Correre, saltare, planare
La protagonista può correre premendo RZ e planare a mezz’aria con LZ, queste due sono le azioni più importanti e fondamentali; è da queste due mosse che si apre il suo repertorio e il giocatore dovrà concatenare i comandi per attraversare i livelli che seguiranno man mano.
L’azione di planare funziona molto bene, in qualche modo è simile al mantello di Super Mario World e costituisce al tempo stesso il fulcro di The King’s Bird: riuscire a raggiungere una certa velocità e lanciarsi nel vuoto, sterzando con attenzione sopra e sotto gli ambienti di gioco offre un vero e proprio brivido di emozione. The King’s Bird cerca di distaccarsi da altri platform proprio con questa meccanica, ma c’è anche un’altra caratteristica interessante, data da un movimento più discreto: non solo la protagonista può scavalcare i muri, ma se utilizza la corsa a contatto con un muro, riuscità in qualche modo a correre sul muro stesso.
Questa abilità va usata costantemente per attraversare i livelli e man mano che aumenta l’altezza può essere combinata con la planata in un gameplay non più orizzontale, ma verticale. La filosofia che alimenta il design dei livelli è quella che porta a legare il doppio salto al contatto con un muro, e questa distinzione consente di raggiungere dei picchi di sfida intensi nel corso dell’avventura.
Il giocatore potrà mettere a frutto la padronanza di questi movimenti lungo quattro mondi, o Reami: Foresta, Lago, Cielo e Cascate. Ciascuno di questi mondi è provvisto di una sorta di hub dove si aprono una serie di porte che conducono a piccoli gruppi di livelli; ogni quattro che ne superiamo si apre un nuovo ingresso, fino a quando non raggiungeremo il Santuario di zona, che aggiunge un frammento alla storia e conduce all’area successiva.
Lo schema si ripete per ogni livello, con uno scopo molto semplice: raggiungere l’obiettivo finale.
L’unico avversario del giocatore è sé stesso, dal momento che non ci sono personaggi nemici. La morte avviene per mano di fossi senza fondo, acqua o gli immancabili spuntoni che ricoprono gli ambienti di gioco. Per fortuna i checkpoint sono numerosi e il respawn pressocchè immediato.
Ad un osservatore esterno i lampioni che fungono da checkpoint sembreranno esageratamente vicini; basta prendere in mano il joy-con per rendersi conto di come si possa solo essere grati per la presenza di ogni singolo lampione, visto che la morte è sempre nelle vicinanze, complice un gameplay molto esigente e punitivo.
Un altro aspetto del gameplay è costituito da alcuni collezionabili chiamati Spirit Birds, che popolano i vari livelli. Quasi invisibili, per dimensioni e colori, una volta toccati ci seguiranno per tutto il livello, costituendo una vista piacevole quando ne avremo raccolti parecchi. Il problema è appunto che sono molto piccoli, paragonati ad una protagonista già di per sé piccola ed è facile perderli di vista sullo sfondo, specie per quelli più luminosi.
In ogni caso non è un grande problema, la loro raccolta non influisce sul progredire, serve semplicemente ad aggiungere un’ulteriore livello di sfida alla partita; per molti si tratterà di un elemento troppo fastidioso per preoccuparsene.
Nelle ultime sezioni non solo dovremo sconfiggre la gravità, ma affrontare una figura femminile nella battaglia finale per la conquista del regno; alcuni segmenti non lasciano praticamente spazio al fallimento e potranno servire molti, troppi tentativi per superarle.
Voglio essere sincero, per completare questo gioco ci saranno da sudare le proverbiali sette camicie, ma impare a ridere di alcune morti assurde oppure dell’insistenza dei comandi nel compiere azioni opposte a quelle che indichiamo può essere un buon modo per alleggerire la tensione. Per quanto ampio, ogni ambiente nel gioco ha una sola via d’uscita e sta a noi giocatori escogitare il metodo giusto per raggiungerla, tramite il caro vecchio (mai troppo odiato) prova e sbaglia o trial and error, per dirla con la lingua d’Albione.
Questo sistema sarà causa di più di un mal di testa; i comandi, abbastanza precisi in conformità al tipo di gameplay lo sono a volte fin troppo, con il risultato che se non vengono impartiti con tempismo perfetto daranno vita a movimenti completamente diversi da quelli che avremo pensato di compiere.
C’è una bella ancora di salvataggio che merita di essere menzionata, un elemento che aggiunge una nuova dimensione al gioco: la modalità assist.
Attivabile dal menù di pausa, è indirizzato a coloro i quali vogliono un’esperienza più semplice, sono bloccati in un passaggio complicato e necessitano un piccolo aiuto dal momento che vengono cambiati alcuni parametri di gioco. Si può scegliere se attivare planate più lunghe, diventare invulnerabile agli spuntoni o addirittura avanzare al checkpoint successivo; ci sono più opzioni da attivare o meno, combinandole a discrezione del giocatore così da creare un’esperienza su misura a seconda del livello di sfida gradito.
Insomma, la modalità assist è la ciliegina sulla torta di quella che altrimenti sarebbe stata un’esperienza faticosa, anche se nonostante tutta l’assistenza possibile è probabile riscontrare alcuni problemi con l’area finale, in cui viene cambiata l’intera formula di gioco.
Segnali di Stile
Nonostante il tema portante dei vari regni sia differente, il gioco mantiene un approccio minimalista ai dettagli grafici e al peso della narrazione. La palette limitata, i contrasti importanti nelle visuali sono la tavola apparecchiata per una dieta ferrea a base di planate, corsa e traiettorie di salto da cui il giocatore non può e non deve distrarsi. Il design è molto asciutto, in modo particolare in alcune aree, ancor di più verso la fine del gioco.
L’impressione generale, comunque è quella di assistere ad una storia che si dipana miniata su un antico tomo orientale o su un arazzo, molto piacevole in combinazione al sonoro.
The King’s Bird presenta una colonna sonora godibile, ricca di melodie malinconiche che non sopraffanno mai quanto avviene sullo schermo, ma accompagnano la nostra protagonista con una selezioni di ottimi arrangiamenti. Specie nelle fasi iniziali la musica riesce bene a comunicare il sentire della protagonista, il suo dolore nel rimanere confinata in città e la sua voglia di libertà.