Ok, lo ammetto: sono di parte.
Sono di parte ogni volta che c’è da parlare di The Last of Us. Perché da quando lo giocai, con colpevolissimo ritardo, nella primavera del 2015 diventò subito tra i miei giochi preferiti in assoluto, e con 40 primavere alle spalle e una carriera videoludica che trova le sue origini nel Commodore 64, ho la presunzione di sostenere che qualche gioco, in vita mia, l’ho visto e giocato.
Il senso di smarrimento che ho provato subito dopo la memorabile quanto discussa scena finale del primo capitolo del titolo Naughty Dog la potrei paragonare, da fruitore di prodotti audiovideo, a quella che mi colse dopo l’ultima puntata di Breaking Bad, serie televisiva che, detto senza timore di iperbole, mi ha letteralmente sconvolto.
E’ facile immaginare, quindi, l’uragano di emozioni che mi travolse nel 2016 quando The Last of Us Part II fu presentato al mondo con quel meraviglioso reveal trailer, e come possa aver passato questi quattro anni di attesa, tra rinvii, posticipi e problemi nello sviluppo.
Ho cominciato il gioco giusto ieri facendo le prime due ore della campagna, e non dirò nulla a riguardo perché un’opera simile merita di essere goduta e ammirata senza che trapeli nessun tipo di indiscrezione.
La stampa di tutto il mondo ha letteralmente osannato l’ultima opera di Neil Druckmann, accordandogli voti e giudizi che si ritrovano una, massimo due volte nel corso di una generazione di console, perché vuol dire che la perfezione, se non toccata, è quantomeno a portata di mano.
E’ con un profondo senso di giustizia che oggi voglio puntare il dito contro una di quelle ignobili parti dell’animo umano, delle quali in realtà non si conosce l’origine ma che con puntualità svizzera è capace di emergere e dare il meglio di sé in vari ambiti, in particolare nell’era dei social in cui ciascuno si sente in diritto/dovere di dare il proprio giudizio, preferibilmente denigratorio se non offensivo.
L’ultimo triste esempio di questa abitudine ci arriva dalla media voto che il pubblico sta attribuendo a The Last of Us Part II su Metacritic, il celebre sito che aggrega i giudizi di critica e pubblico su album musicali, film e videogiochi.
Se il “Metascore” (ovvero la sommatoria dei giudizi e recensioni degli addetti ai lavori) ci consegna un totale numerico di 95 su 100, a balzare agli occhi è la media assegnata dagli utenti, che al momento si attesta ad un incredibile 3.4 su 10.
La stranezza di questo dato, accompagnato da recensioni per lo più denigratorie, trova la sua ragion d’essere nel fatto che il gioco è disponibile da 24 ore, e considerato che la durata media per completarlo si attesta sulle 30 circa, va da sé che risulta quasi impossibile che chi ha giudicato molto negativamente il titolo con ogni probabilità non solo non lo ha finito, ma probabilmente non l’ha nemmeno giocato.
Perché The Last of Us Part II è preso di mira dagli utenti?
Qual è allora il motivo di questi giudizi tanto negativi di una parte del pubblico? Le ipotesi che si possono fare sono diverse, e alcune probabilmente sono anche collegate alle polemiche che hanno accompagnato The Last of Us Part II nei mesi precedenti la sua uscita, per via di alcune tematiche affrontate nel gioco e che sono state oggetto di discussioni anche molto accese.
Oltre a questo, è possibile che le ire di alcuni tra questi utenti fossero mosse al titolo in quanto alfiere della console Sony, e sappiamo molto bene che nella console war la stupidità della gente trova molto spesso terreno assai fertile.
Non voglio arrivare a conclusioni affrettate o non suffragate dai fatti, quello su cui voglio soffermarmi è l’idiozia di una certa parte della community dei giocatori, evidentemente bisognosa di sfogare le proprie frustrazioni infangando quello che è senza dubbio un vero e proprio atto d’amore di Naughty Dog per il mondo videoludico, non solo in quanto tale, ma anche come tentativo (secondo me riuscitissimo) di consacrare il videogioco a vera e propria forma d’arte audiovisiva, come e più del cinema.
Purtroppo sappiamo bene che la stupidità e l’ignoranza sono parte integrante dell’animo umano, e che qualunque forma di sensibilizzazione avrà vita dura nell’estirparle, ma un primo passo in quella direzione può essere compiuto da quelli che, e sono la stragrande maggioranza, amano questo fantastico mondo e lo difendono a spada tratta anche dai vili attacchi degli imbecilli.