L’arrivo di The Last of Us Parte 2, ultima fatica di Naughty Dog, ha inevitabilmente diviso il pubblico in maniera decisiva, come spesso accade di fronte a opere di questo tipo. In certi casi dopotutto il confronto tra noi appassionati non può che nascere spontaneo, specie se si parla di videogiochi come questo, dal carattere indiscutibilmente forte.
Le scelte ardite messe in atto dal team di sviluppo sotto l’immancabile guida di Neil Druckmann, hanno fatto sì che il gioco percorresse binari ben precisi, portandoci in piú di un’occasione a essere semplici spettatori inermi, nei confronti di quello che sarebbe capitato di lì a poco.
https://youtu.be/TXl9GI1p_Os
Stiamo parlando di un titolo costruito sulle basi di una precisa idea autoriale, proprio come potrebbe essere questo mio speciale di oggi che, te lo anticipo già, non ha la minima intenzione di lasciare spazio a critiche a dir poco sterili, come ad esempio quelle di chi apprezzerebbe vedere una certa petizione prendere piede. Se non hai la benché minima idea di quello a cui mi sto riferendo, ti basti pensare che oltre 54.000 individui, dopo aver presumibilmente giocato The Last of Us Parte 2, hanno avuto la presunzione di pretendere una riscrittura completa del suo impianto narrativo.
No, questo mio articolo si manterrà a una certa distanza da queste oscenità, che dal mio personale punto di vista hanno esattamente lo stesso peso del capriccio di un infante. Quello che farò sará invece cercare di rivolgermi a un’altra fetta di giocatori, tanto appassionati quanto meritevoli d’attenzione, che dopo aver concluso The last of Us Parte 2 potrebbero essersi effettivamente trovati spiazzati.
Può non piacere, non vi è alcun dubbio
Prima di addentrarci un po’ più a fondo nella questione, sottolineando ovviamente che sconsiglierei la lettura di quanto segue a chiunque non dovesse avere ancora finito il gioco, ci tengo a precisare che nonostante dal mio punto di vista The Last of Us Parte 2 non sbagli quasi nulla a livello narrativo, lo scopo di questo speciale non è quello di importi la mia visione come unica verità assoluta. Mi piacerebbe invece porre le basi per una sana discussione, che possa in qualche modo contrastare la tendenza di muovere critiche senza preoccuparsi delle argomentazioni valide.
Detto ciò, se dovessi trovare un lato positivo a tutto lo schifo letto in rete, sarebbe che le opinioni e critiche degne di nota hanno finito con il risultare ancora più stimolanti. Tra queste, mi è capitato ad esempio di imbattermi in commenti che additavano l’opera di Naughty Dog come priva di mordente, proprio a causa di un finale che buttava alle ortiche quanto di bello costruito fino a quel momento.
Da molti, la decisione di Ellie è evidentemente stata vista come un passo indietro tra il forzato e il senza senso, che porta a vivere l’arrivo dei titoli di coda in maniera piuttosto distaccata, sentendosi quasi presi in giro all’idea di un finale tutt’altro che al cardiopalma. Per quanto tutto questo possa essere comprensibile, ammetto di sentirmi più vicino alla visione di George Orwell.
“La vendetta è un atto che si desidera compiere quando si è impotenti e perché si è impotenti: non appena il senso di impotenza viene meno, svanisce anche il desiderio di vendetta”.
Ma non è detto che abbia difetti
Nonostante io l’abbia vissuto in maniera totalmente diversa, capire il perché di certe opinioni non mi risulta affatto difficile. Non stiamo parlando né di un videogioco adatto a tutti, né tanto meno di una storia che punta al darci esattamente ciò che vorremmo. The Last of Us Parte 2 compie delle scelte molto coraggiose, sia a livello di trama che di puro game design ed è quindi inevitabile che da parte del pubblico giocante, si possano avere dei verdetti opposti o contrastanti.
In fin dei conti, molte persone non l’hanno apprezzato proprio a causa di queste decisioni. La morte di Joel a inizio gioco e il dover vestire per gran parte di esso i panni della sua carnefice, non rappresentano certo la strada più facile nel tentativo di sviluppare una storia coinvolgente. Con The Last of Us Parte 2 sono stati corsi diversi rischi e tralasciando il fatto che personalmente vorrei vederlo fare anche più spesso, il suo finale può non convincere ma trovo assurdo vederlo come un pessimo azzardo.
Nè tanto meno che sia inconcludente
Ellie non decide di risparmiare Abigail di punto in bianco, né sceglie di farlo perché convinta di aver sbagliato. Per quanto la vendetta, all’interno di The Last of Us Parte 2, ricopra palesemente un ruolo fondamentale, una volta raggiunte le ultime fasi di gioco essa non è più il motore di ogni cosa. Rabbia e desiderio di rivalsa hanno ceduto il passo alla depressione, la stessa che spinge Ellie ad abbandonare il proprio nido, nel disperato tentativo di superare un trauma che non le da tregua.
Il momento in cui ci riesce è rappresentato in maniera sublime, attraverso un contrasto tanto netto quanto introdotto con delicatezza. Nell’istante più intenso di quel faccia a faccia tra le due, nella mente di Ellie la morte di Joel lascia spazio a un ricordo diverso: l’ultimo momento positivo condiviso insieme a lui. A quel punto, la rivalsa nei confronti di Abby non ha più alcuna importanza, dato che abbiamo appena assistito a una vera e propria elaborazione del lutto.
The Last of Us Parte 2 si chiude con quel preciso ricordo, seguito da Ellie all’orizzonte che si allontana dalla chitarra di Joel. Al di là del magnifico simbolismo che permea l’intera scena (la falena rivolta verso la luce ed Ellie che si lascia alle spalle il passato), a me è sembrato un finale costruito davvero a regola d’arte. Forse, permettimi la provocazione, se non l’hai apprezzato è perché sei abituato/a a personaggi meno complessi o magari, proprio come Ellie prima di te, devi ancora superare una delle cinque fasi del lutto.