Sviluppato e pubblicato da Red Barrels, The Outlast Trials è un survival horror votato alla cooperazione da 1 a 4 giocatori e che funge da prequel dell’omonima serie horror. Noi abbiamo affrontato le sfide di questo nuovo capitolo su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto ad affrontare nuovi e incredibili orrori?
The Outlast Trials cambia forma ma conserva alcune radici
The Outlast Trials nasce come progetto “minore” e intermedio tra Outlast 2 e Outlast 3 (già annunciato dagli stessi sviluppatori). Ma non solo, il titolo protagonista di questa recensione funge anche da prequel dell’intera saga focalizzando le vicende sulla Murkoff Corporation.
Per chi non lo sapesse, la Murkoff Corporation, o semplicemente Murkoff, è una società transnazionale americana nonché antagonista principale del primo capitolo della saga. E parlando di ambientazione, The Outlast Trials è ambientato nel 1959, durante la Guerra Fredda con tanto di progetti ed esperimenti poco etici sugli umani.
In tutto questo, chi siamo noi? Noi siamo un anonimo senzatetto che, attratto da una pubblicità poco chiara e palesemente ingannevole, viene forzatamente trascinato in una spirale di orrore e follia da cui sembra impossibile uscire. L’introduzione di The Outlast Trials, infatti, ci ricorda le abilità comunicative di Red Barrels e di quanto sono bravi a utilizzare il genere horror.
Senza scendere nei dettagli, la fase iniziale, seppur breve, oltre a fungere da tutorial, ci illude un po’ sulla tipologia di gioco che è The Outlast Trials, ricordandoci i primi capitoli con un percorso semi-lineare e con momenti tanto gore quanto spaventosi e imprevedibili. Questi ultimi due elementi purtroppo tendono a sbiadirsi gradualmente ma lo vedremo approfonditamente nei successivi paragrafi.
Tornando a focalizzarci sulla narrazione, questa è frammentata e si adatta a quello che è a tutti gli effetti un gioco multiplayer cooperativo dalla forte componente online. A conti fatti, si tratta di un titolo suddiviso in missioni che a loro volta sono delle sfide che andranno anche a ripetersi, mutandone unicamente livello e mostri.
Il filo narrativo, seppur flebile, è comunque presente ed è duplice. Il primo riguarda l’anonimo protagonista di cui potremo decidere aspetto e sesso, oltre che abbigliamento. Potremo poi cambiarne i tratti dallo specchio della nostra stanza-cella oltre a cambiare gli abiti una volta sbloccati tramite il successo in missioni o con bonus di vario genere.
Il nostro ruolo all’interno di The Outlast Trials sembra inizialmente passivo, succube. L’hub di gioco, unica zona sicura, è una sorta di carcere convertito in laboratorio di ricerca segreto. Alle innumerevoli stanze si alternano pareti inaccessibili dietro cui scienziati avvolti in camici e col volto celato da occhiali e cappucci ci osservano silenziosamente prendendo appunti.
Ci sono anche personaggi con cui poter interagire e che hanno un ruolo attivo nella crescita ludica del nostro eroe. L’obiettivo ultimo che ci viene prefissato da una voce misteriosa che appare su uno schermo e che ci fa anche da “presentatore” per le missioni atroci che saremo chiamati a svolgere, è quello di completare “la terapia” per diventare un essere “migliore”.
Tale terapia è composta da una serie di missioni a sblocco graduale che ci vedrà impegnati a eseguire azioni veramente atroci: dall’eliminare una spia trascinandola su una sedia fino a fulminarla, al triturare dei corpi sedati e appesi tipo salame. Purificare i colpevoli, eliminare prove e testimoni… il tutto girovagando in luoghi devastati, putridi, pieni di sangue e ammantati costantemente da un tangibile alone di morte.
Se la missione principale affidata al nostro anonimo e sventurato senzatetto è una palese scusante, potenzialmente eterna, che si adagia perfettamente sulla natura multiplayer di The Outlast Trials, la lore del titolo è un elemento che sorprende e appaga. Si tratta di una serie di documenti sparsi in giro per le missioni da localizzare e raccogliere.
Questi file, divisi in sezioni, offrono uno spaccato intrigante sulla natura della Murkoff, sulle loro azioni e quindi sui loro macabri e crudeli esperimenti. Niente di rivoluzionario e non è neanche poi nuovo nella saga ma la loro presenza si inserisce in modo coerente, andando a rafforzare una narrazione altrimenti molto fumosa, frammentaria e marcatamente “misteriosa”.
Volendola classificare, infatti, The Outlast Trials ha una “storia” da horror psicologico dove il reale e l’illusione, l’orrore immaginario e quello reale, si scontrano di continuo sullo schermo, giocando con la nostra mente e approfittandone per mostrarci scene decisamente disgustose e splatter e sinceramente non adatte agli stomaci deboli.
Come sopravvivere alla terapia
The Outlast Trials è un survival horror in prima persona fortemente votato alla cooperazione. Lo diciamo subito, il titolo può essere giocato in solitaria ma è palesemente studiato per essere giocato in compagnia. Dal level design, agli incarichi e persino alle creature, ogni elemento del titolo dà il meglio di sé in co-op.
Piccola nota prima di approfondire l’aspetto ludico, abbiamo affrontato il titolo prima dell’apertura totale dei server e quindi non abbiamo avuto modo di vivere l’avventura con quattro persone in contemporanea. In compenso, grazie ai codici forniti, abbiamo sperimentato il gioco sia in solitaria che insieme a un altro giocatore.
Prima di tutto, partiamo dall’hub, unica zona sicura del titolo. Qui è dove potrai incontrare gli altri utenti e sfidarli a un minigioco semplice: braccio di ferro. Un passatempo fugace e dimenticabile. L’hub in realtà, oltre a essere il luogo in cui potrai leggere i dossier raccolti, studiare le sfide da affrontare e personalizzare il tuo avatar, è anche il posto in cui potrai potenziarti convertendo i tuoi sudati successi.
Dopo aver risolto alcune sfide, infatti, salirai di livello e questo ti permetterà di fare la conoscenza di Cornelius Noakes, un tizio bizzarro e tendenzialmente depresso (ma d’altronde, dato il luogo, come non si può esserlo?) che ti introdurrà agli artefatti.
Questi arnesi sono strumenti sperimentali riutilizzabili che ci aiuteranno ad affrontare la terapia e le sue sfide. Tali artefatti hanno un tempo di ricarica automatica che si attiva dopo il loro utilizzo e possono essere di vario genere: c’è quello offensivo che stordisce i nemici, quello curativo che ricarica un po’ d’energia all’utilizzatore e ai compagni vicini e anche un artefatto-mina che può creare utili trappole per rallentare gli inseguitori dando vita a un’esplosione fumogena e accecante.
Infine, c’è anche un artefatto che ci permette di “guardare” oltre le mura, permettendoci di vedere i nemici e prevederne gli spostamenti. Un notevole boost ma, potrai portare con te un unico artefatto alla volta. Senza contare che, ogni artefatto, può a sua volta essere potenziato investendo i ticket che potrai ottenere superando le varie sfide.
Agli artefatti, col tempo, si affiancheranno prima le ricette e poi gli stimolanti. Le ricette migliorano le nostre abilità in modo passivo (come aggiungere una scivolata alle nostre mosse) e possono essere acquistate dalla pigra e poco vivace farmacista Emily Barlow. Una volta acquistato il bonus, questo non può essere più cambiato e considerando che i ticket sono merce rara, occhio a quel che scegli.
Gli stimolanti, invece, sono potenti specializzazioni che possono agevolare non poco la nostra esperienza. Questi verranno introdotti più avanti e potrai ottenerli dalla stravagante Dorris di cui non anticipiamo nulla ma che potrai incontrare in giro. Artefatti, stimolanti e ricette sono la base per personalizzare il tuo protagonista e rendere le sfide più o meno accessibili.
Inutile dire che, soprattutto per gli artefatti, è bene variare in base a quelli scelti dai propri compagni. Banalmente: essere due armati di potere “stordente” offre meno possibilità. Meglio coprire ogni “classe”, d’altronde: l’unione fa la forza, no?
Più poteri = meno spaventi
Inutile girarci intorno, The Outlast Trials è meno spaventoso dei due capitoli principali. Sì, l’atmosfera macabra e malata è intatta e restare al buio circondato da versi e deliri di vario genere crea sempre un certo effetto, soprattutto se si è da soli, ma questa volta è diverso.
Questa volta non siamo da soli e soprattutto, l’orrore fa meno paura perché abbiamo più mezzi a disposizione. No, non potrai uccidere le varie creature mostruose che invadono le aree di gioco ma potrai scappare, scivolare e nasconderti in molti posti e soprattutto, potrai stordirli lanciandogli bottiglie e mattoni.
In solitaria la sensazione di ansia e fragilità viene in parte mitigata dalla possibilità di tornare in vita in caso di morte (e il numero di “resurgo” è ampliabile se recuperi in giro delle particolari pillole), oltre all’utilizzo degli artefatti e al buon numero di oggetti in nostro soccorso da localizzare in giro. Non mancano bottiglie di energia vitale di varie dimensioni, boost temporanei di velocità e delle batterie.
Queste servono a ricaricare il visore notturno che ci è stato letteralmente inchiodato in testa. I luoghi bui, infatti, non mancano e sono quelli riusciti meglio. Vero marchio di fabbrica della saga. Ma come detto, l’orrore spaventa poco. Il motivo è anche un sovrannumero di creature che vanno ad aumentare man mano e che ben presto diventano anche prevedibili.
Il gioco è diviso in macro aree, ogni area ha una missione principale e delle piccole sfide secondarie. Ogni sfida ha una durata che varia e che può anche sforare un’ora, soprattutto se giocato da solo. Il level design è quasi sempre un labirinto di stanze, recuperando l’atmosfera claustrofobica del titolo originale ma mutandone le location e sbizzarrendosi negli orrori estetici.
Gli amanti del gore troveranno di tutto, teste mozzate, corpi sbudellati, sangue a litri e tanto, tanto altro. Ti basti pensare che alcune chiavi le recupererai scavando letteralmente all’interno di corpi mozzati. Il problema, ancora una volta, è che nella continua ripetizione di tali attività, come l’orrore, anche l’effetto disgusto viene mitigato e l’effetto iniziale sfuma.
In compenso, The Outlast Trials è divertente. Sinceramente divertente. E se in solitaria alla lunga può stancare, in co-op il peso della ripetitività ludica di fondo viene meno. Parliamoci chiaro, lo scopo è pressoché sempre lo stesso: eseguire un’azione partendo da A e cercando B, smarrendosi spesso e volentieri. Successivamente, tornare presto da B ad A e concludere il tutto.
In mezzo troviamo i nemici di vario genere, che non brillano, purtroppo, per intelligenza artificiale. Alcuni possono localizzarci anche se perfettamente mimetizzati mentre altri potrai facilmente bypassarli dandoti a una corsa spericolata. Tra questi, ce ne sono alcuni dotati di gas che possono portarti all’instabilità mentale.
Questo valore è interessante e ci porta a essere perseguitati da una strana “entità” oltre a ritrovare lo schermo invaso da un effetto blur con tanto di ondeggiamento che incita al voltastomaco. Effetto ben riprodotto ma da cui è possibile riemergere sia superando un TOT di tempo sia utilizzando un antidoto che troverai in giro.
Ovviamente, anche in questo caso, collaborare con un amico agevola il tutto. Questo perché The Outlast Trials offre molteplici possibilità d’azione: un amico può distrarre un nemico mentre l’altro indaga sulla risoluzione di semplici enigmi ambientali o libera la zona da varie trappole. O ancora, alza la saracinesca permettendo all’altro di passarci velocemente sotto.
Inutile dire che potete anche passarvi gli oggetti e sfruttare i rispettivi artefatti in modo da poter giungere alla fine sani e salvi. E a tal proposito, abbiamo già parlato dei documenti da trovare in giro ma il titolo ha sparso nei livelli anche dei poster propagandistici che potrai strappare per avere ulteriori bonus di valutazione finale.
Concludiamo l’analisi del versante ludico citando il “programma settimanale”. Questo consiste in una serie di test, ossia le sfide MK (che sono le sfide ad aree semplici, non quelle “principali”), con modificatori di vario genere. Banalmente sono le stesse sfide delle terapie normali ma con alcuni divieti o con bonus e malus specifici come l’eliminazione di artefatti o l’obbligo di poter portare solo un oggetto alla volta nel proprio inventario (già di suo abbastanza limitato).
Queste sfide settimanali mirano a potenziare la permanenza degli utenti all’interno di The Outlast Trials ma ammettiamo che ci hanno coinvolto abbastanza poco. Ne abbiamo vissute un paio ma lasciano il tempo che trovano. Confidiamo in futuri aggiornamenti più corposi e soprattutto in nuove aree e creature da cui sfuggire. La base è buona, tocca potenziarla e supportarla nel tempo.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, The Outlast Trials si conferma accattivante e con un’ottima atmosfera. Il suo essere macabro e votato al gore è palese e confermato ovunque. Presenti i nudi integrali, tanto famosi nella saga, e torture di ogni genere e che faranno la gioia degli appassionati di Saw e dei torture movies in generale.
I dettagli, quindi, non mancano e sono riprodotti abbastanza bene. Il titolo però soffre un po’ di un riciclo palese di asset ambientali oltre che delle stesse creature. Non mancano poi scene trash e un po’ gratuiti come la visione di un poliziotto che si trastulla dandosi delle scosse ai gioielli di famiglia col manganello.
Ottimo il sonoro, ben studiato e che riesce già di suo a immergerci in un mondo malato. Il doppiaggio in inglese fa il suo dovere mentre è da evidenziare come il titolo sembra strizzare l’occhio a Bioshock e Fallout introducendo interfacce e propagande in stile molto simile ai due titoli citati.
Da segnalare, infine, la gradita presenza della lingua italiana, utile soprattutto nella lettura dei dossier segreti che, ancora una volta, sono essenziali per ampliare la già buona lore di una saga survival horror che ha ancora tanto da raccontare e condividere.