Sviluppato da RMAL in sinergia con EastAsiaSoft (gli stessi di Pretty Girls Klondike Solitaire PLUS di cui puoi recuperare la nostra recensione) e pubblicato da questi ultimi, The Prisoner of the Night è un platform game single player a scorrimento orizzontale in salsa horror e fortemente incentrato su trappole che si susseguono a ripetizione. Noi siamo scampati agli orrori insieme a Nartide su PlayStation 4 e questa è la nostra recensione.
The Prisoner of the Night un orrore in tanti sensi
The Prisoner of the Night è un piccolo indie brasiliano fortemente attaccato al proprio folklore. Il titolo, infatti, si presenta come una sorta di grottesca favola con tanto di narratrice ad accompagnarci durante la discesa negli incubi più impensabili e crudeli. La protagonista indiscussa di questa epopea è una bambina di nome Nartide che, da una vita tranquilla, stretta ai propri familiari, si ritrova a scivolare in percorsi dolorosi e terrificanti.
I 159 livelli che compongono l’avventura rigorosamente single player di The Prisoner of the Night sono una continua alternanza tra realtà e follia, con la prevalenza di questi ultimi. In effetti, dalle aree placide e sicure di casa, l’atmosfera va a mutare divenendo sempre più pericolosa e letale.
A conti fatti, questo graduale mutamento, spesso repentino in alcuni casi mentre più subdolo e graduale in altri, è tra gli elementi migliori dell’opera che presenta comunque un’atmosfera discreta e che fa di tutto per essere discretamente disturbante. Un esempio di quanto descritto è il graduale passaggio nel mondo scolastico che vede la protagonista passeggiare per il salotto di casa, salotto le cui parete presentano piccoli disegni infantili.
Ecco, proprio quei disegni, dopo un forte bagliore, diventano sgorbi mostruosi: bulbi oculari, volti sofferenti e quant’altro. Ma non solo, i tavoli e le sedie della dimora di Nartide diventano gigantesche gomme da cancellare e i mobili si trasformano in enormi tagliacarte in grado di decapitare con un solo colpo la povera e terrorizzata bambina.
La narrazione di The Prisoner of the Night è quindi prettamente visuale, non sempre coerente, molto surreale, quasi favolistica. Una sorta di Fratelli Grim senza però elementi particolarmente memorabili o cruciali. La narratrice stessa non riesce a coinvolgere quanto dovrebbe anche a causa di un gameplay costellato di orrori ed errori tecnici.
Un platform vecchio stile e che non perdona
The Prisoner of the Night è un platform a scorrimento orizzontale in 2.5D dove la cosa che faremo più di tutte sarà saltare. Nartide, infatti, si ritrova impegnata in un susseguirsi di livelli collegati grossomodo tra loro costellati di trappole di vario genere. Lo scopo è quello di arrivare dal punto A al punto B senza morire, cosa per niente facile.
Nartide, infatti, muore al minimo colpo subito e la sua morte ci riporta all’inizio del percorso con conseguente e inevitabile frustrazione. Questa è alimentata dal fatto che spesso morirai per colpa del gioco. I salti di Nartide non sono perfetti, risultando spesso imprecisi. Senza contare i bug come trappole posizionate a chilometri di distanza che riescono impensabilmente a colpirci.
Non migliorano i livelli dove veniamo inseguiti, in cui può capitare di restare incastrati fra pezzi di pavimento cedibile che non è ceduto per bene. Anche le trappole presentano bug di vario genere come alcune che si attivano prima di essere passati sul pulsante di attivazione o la cui attivazione e rispettiva animazione a schermo non è visibile ma ci ammazza lo stesso.
Tutto ciò è ulteriormente complicato dall’abilità di Nartide stessa di poter cambiare abito. La protagonista, infatti, in stile un po’ alla Super Mario, ottiene dei poteri a seconda dell’abito che le faremo indossare. Il primo, ad esempio, è quello da principessa e le garantisce di poter fluttuare in aria. Per cambiare abito basta la pressione di un tasto ma spesso, e soprattutto nelle fase più concitate dove sostituire un abito e usare la rispettiva abilità è una necessità, tale cambiamento avviene troppo lentamente.
Restando sul primo abito, il “potere di fluttuare” è un qualcosa di scomodissimo e gestito veramente male tant’è che abbiamo preferito abusare del salto standard rispetto a quello dell’abito principesco che, come se non bastasse e in modo del tutto inspiegabile, rallenta tantissimo la camminata della protagonista.
Nei livelli, che su carta sono 159 ma che a conti fatti sono “spezzoni” di macro aree intervallati da acchiappasogni attivabili, la cosa che colpisce di più in positivo sono le strutture delle trappole. Queste, seppur esteticamente ridondanti, sono ben studiate e varie. Ci sono trappole a tempo, trappole che si concatenano ingegnosamente tra loro e altre che mixano più elementi come inseguimento di un grosso nemico con trappole a tempo da schivare.
L’ingegno quindi è da premiare ma la realizzazione tecnica no. Discorso analogo per la curva di difficoltà: The Prisoner of the Night è un titolo che non perdona e richiede una pazienza enorme per essere affrontato da inizio alla fine. Vuole essere un po’ Limbo ma fallisce su tutta la linea.
I capelli, quei dannati capelli
Lo abbiamo già detto, tecnicamente il titolo è molto arretrato e presta il fianco a innumerevoli critiche di vario genere che vanno a zoppicare un gameplay che vuole essere anche ostico e impegnativo, rendendo tutta l’esperienza tanto difficile quanto frustrante. Ma tra tutto questo c’è un elemento che vogliamo evidenziare: i capelli di Nartide.
Non si sa per quale assurdo motivo, ma i capelli della protagonista sembrano avere un focus particolare. Realizzati in modo discutibile, questi mostrano animazioni ragdoll proprie, sventagliando in aria, eseguendo piroette discutibili e incastrandosi nel volto stesso della protagonista dando vita a scene veramente dell’orrore.
Evidenziamo questo perché, di base, capelli a parte, la grafica volutamente retrò non sarebbe neanche troppo malvagia, risvegliando una sorta di vaga nostalgia. Anche le atmosfere, come anticipato, sono intriganti e il mix di realtà deformata in orrore con conseguente introduzione di trappole impensabili e altre più prevedibili è interessante ma mal supportato.
Grafica e sonoro
Graficamente, The Prisoner of the Night è un mezzo disastro, complici i già citati problemi tecnici che azzoppano anche il suo vago tentativo di reclamare una sorta di nostalgia dei tempi andati. Quasi nulla si salva se non alcune creature frutto di un folklore non molto noto e discretamente affascinante.
Il sonoro non brilla particolarmente mentre il doppiaggio, unicamente brasiliano, aiuta quanto meno a rafforzare l’identità del titolo. Da segnalare l’assenza dei sottotitoli in lingua italiana, non una grave mancanza considerando che i testi a schermo sono molto pochi e semplici da comprendere.