Sviluppato da Nibb Games e pubblicato da Ratalaika Games, The Psychoduck, da non confondere con l’innocente Pokémon Psyduck, ma è un semplice stealth game che ci chiede di eseguire una semplice azione: assassinare coloro che portano in testa una corona. Noi abbiamo fatto una strage sulla nostra Nintendo Switch e siamo pronti a condividere la recensione! Pronto ad accoltellare pennuti?
The Psychoduck e la follia delle corone
La trama di The Psychoduck è tanto breve quanto folle, quanto accessoria. Un’anatra gialla poco sana di mente decide di voler assassinare tutti i portatori di corona. Lui vuole quante più corone possibili e non si fermerà dinanzi a niente. Armato di un solo coltello (o qualcosa di molto simile), inizia un’avventura fatta di attese e tanta, tanta follia. Fondamentalmente non c’è altro nel plot narrativo dell’opera dei Nibb Gams e ci saremmo aspettati più follie o quanto meno qualche battuta… insomma qualcosa che potesse smorzare l’inevitabile monotonia in cui presto l’opera va ad affossarsi.
Gameplay
The Psychoduck ha un gameplay che offre tutto (o quasi) in tempi brevissimi. Già dal primo livello si capisce che non ci saranno grandi differenze e, purtroppo, è così (almeno finché non cambierai arma). Il gioco ha comandi semplici e molto intuitivi ma non perfetti. Il protagonista è armato (temporaneamente) di un coltello ma non lo userà mai se non alla fine. Non c’è un comando d’attacco e siamo quindi costantemente indifesi. Il gioco, infatti, è uno videogioco stealth nudo e crudo. Molto nudo e molto crudo.
Crudo perché non troverai varietà, se non cromatica, in quasi tutti gli scenari che ti ritroverai ad esperire nella breve esperienza offerta dal titolo (se si è bravi, lo si può completare in una serata). Come detto i comandi stessi sono poveri: si cammina, ci si accovaccia e infine, quando si è abbastanza vicini all’obiettivo corona-munito, si potrà premere il tasto d’attacco e porre fine al livello con un rapido omicidio (o anatricidio). Tutto qui.
Nonostante la pochezza del gameplay questi è comunque flagellato da diversi problemi… che possono stancare e spingere ad abbandonare prima del dovuto l’opera dei Nibb Games. Perché? Semplice: non si capisce quando si è realmente nascosti. Nel corso del livello, infatti, ci saranno delle guardie ranocchie che seguiranno dei movimenti prestabiliti e ciclici (come nei più classici degli stealth game). Queste rane se ci vedono, porranno immediatamente fine al gioco e il livello ricomincerà dal principio.
Fin qui niente di grave se non fosse che è complicato capire fin dove riescono a vedere le rane e quanto siamo realmente nascosti e quindi al sicuro. Chiariamoci, se procederai a camminare in posizione eretta (e più veloce), sarai beccato quasi subito. Viceversa, se procedi accovacciato (decisamente più lento), le rane non ti vedranno subito ma in alcuni casi… ti vedranno comunque! Quali casi? Bella domanda. Non è chiarissimo. Capiterà di essere accovacciati e fermi dietro a un cubo ed essere notati diagonalmente da rane ben distanziate. Così come capiterà di camminare (sempre accovacciati) lungo percorsi paralleli completamente inosservati.
Più volte ci siamo ritrovati a risolvere livelli in modi inaspettatamente semplice… e altrettante volte ci siamo invece bloccati in fase che ritenevamo in piena sicurezza (non fidatevi delle coperture dei cubi). Le cose provano a complicarsi man mano che si avanza nel gioco con l’introduzione di coni di luce (da evitare assolutamente che a quanto pare, potenzia il raggio visivo delle guardie rane) o di cubi da spostare per avere coperture mobili. Un ulteriore passo avanti lo si ha con l’introduzione della fionda, utile per distrarre le guardie, colpendo determinati cespugli e spingendo le guardie ad andare a controllare – liberando così il percorso.
E in quest’ultimo caso… occhio. A quanto pare le rane notano che i cubi si muovono… ma solo a una certa distanza. Quale distanza? Altra bella domanda. Non si capisce se non con diversi tentativi. Il gioco richiede una certa pazienza e una cosa è certa, di errore in errore, ci si abitua e si riesce perfino a immaginare quanto una guardia può beccarci o meno ma avremmo apprezzato un sistema più chiaro e preciso, in modo anche da potenziare la strategia che in questo caso non c’è, costringendoci a prime run completamente alla cieca.
Da segnalare la presenza di una tipologia di collezionabile presente in ogni livello: una lumaca. Questa, quasi sempre, richiederà una permanenza nel livello leggermente più lunga del previsto. In pratica, per raggiungere il collezionabile, bisognerà seguire (non sempre) un percorso diverso (e quindi nuovi rischi). Niente d’impossibile ma è comunque un’aggiunta gradevole e utile a un’eventuale rigiocabilità (molto poco probabile).
Grafica e sonoro
Graficamente, The Psychoduck fa il minimo indispensabile, offrendo una grafica minimal e decisamente ripetitiva, nonché povera di contenuti. Come già detto nel paragrafo precedente, non tutto funziona come dovrebbe, soprattutto i cubi la cui affidabilità vacilla in diverse occasioni. In sostanza, visivamente parlando, l’anatra killer non rimarrà impressa a lungo e si poteva fare decisamente di più.
Anche il sonoro non regala niente di memorabile, relegandosi al ruolo di modesto accompagnatore e con qualche fase ripetitiva ma, per fortuna, niente di troppo fastidioso.