Il primo The Surge è stato per tutti gli amanti dei Soulslike un titolo piuttosto controverso. Se da un lato lo sci fi di Deck13 presentava un gameplay con una personalità ben definita rispetto al genere souls di appartenenza, e sicuramente un enorme passo avanti rispetto al pessimo Lord of the Fallen, The Surge esibiva una trama scialba e dimenticabile, una gran povertà di contenuti e un level design molto debole. Inoltre, il primo The Surge mostrava qualche incertezza anche nei combattimenti, con un feeling dei colpi talvolta poco convincente e un’intelligenza artificiale dei nemici da rivedere.
Ascoltando i feedback di critica e giocatori, Deck13 ha tentato di rimediare alle criticità del primo titolo, in parte riuscendo nell’impresa, in parte commettendo degli inspiegabili passi falsi.
Passi avanti, passi indietro
Tracciando un bilancio generale del gioco, The Surge 2 è un titolo che risulta sicuramente migliore del suo predecessore. Quello che non dovresti aspettarti però è un salto qualitativo come quello avvenuto fra l’infausto Lord of the Fallen e il primo capitolo, un passo che se fosse avvenuto avrebbe finalmente avvicinato The Surge 2 alla qualità dei Souls dei titoli di From Software. Passi in avanti riscontrabili in gameplay, quantità di contenuti e level design che purtroppo non trovano conferma in un comparto tecnico, come anche artistico, pessimo. Nonostante l’innalzamento dello standard grafico degli ultimi anni, soprattutto per i titoli tripla A, The Surge 2 risulta persino peggiore del capitolo precedente.
Una delle pecche maggiori del gioco risiede nella sua trama: al posto di Warren, in questo capitolo sarà il giocatore, tramite un editor abbastanza povero, a dare fattezze e un accenno di background al personaggio. Dopo un criptico filmato iniziale in cui vedremo il nostro volo schiantarsi per cause ignote, ci risveglieremo all’interno dell’infermeria di una prigione, senza alcuna memoria di cosa è accaduto dopo l’incidente. Al momento ciò che è chiaro è che la prigione è in totale subbuglio per via dell’attacco di uno stranissimo mostro meccanico che rassomiglia ad un animale. Il nostro primo obiettivo sarà quello di fuggire dalla prigione e di sopravvivere al morbo di particolari naniti violacei che hanno infettato sia macchine che uomini.
La trama
Una volta raggiunta la prima Medbay del gioco (un equivalente del classico falò) e dopo aver recuperato un esoscheletro, il giocatore potrà evadere dalla prigione, ma solo dopo aver affrontato una delle guardie armate come boss finale della zona tutorial. Dopo l’evasione, il giocatore troverà un particolare ammasso di naniti, ed entrandoci partirà una sorta di “registrazione del passato” che darà consapevolezza al nostro avatar di non essere l’unico sopravvissuto. Infatti anche una bambina di nome Athena è riuscita a sopravvivere allo schianto. L’obiettivo, che rimarrà costante del corso della storia, nonostante le tante deviazioni, sarà quello di rintracciare questa bambina, che fin da subito, si intuisce, nasconde in se qualcosa di speciale. Di fatto a farci capire che stiamo proseguendo per la strada giusta nell’intricatissima Jericho City, saranno questi “echi del passato” che non solo ci mostreranno le vicende che hanno coinvolto la bambina, ma ci ricompenseranno con armi davvero spettacolari.
Se le premesse narrative sembrano quantomeno interessanti, è lo sviluppo della trama ad essere profondamente problematico. In The Surge 2 la trama principale si fa nel suo svolgimento sempre più debole, fin quasi a sparire e ricomparire a intermittenza. Questo è un fattore che determina il totale calo di interesse per una storia che c’è e non c’è, un aspetto del titolo che regala la spiacevole sensazione di fare quel che si fa “tanto per”. Ascoltando le critiche mosse al primo gioco, The Surge 2 presenta molti più personaggi secondari, la maggior parte dei quali ci affiderà delle missioni per cui verremo ricompensati con armi e pezzi d’armatura interessanti. Ennesima occasione persa, visto che queste missioni sono delle vere e proprie fetch quest, nelle quali dovremo prendere e riportare oggetti o uccidere persone.
Per via dell’ambientazione urbana ed estremamente dispersiva, The Surge 2 ha inoltre perso quasi del tutto l’atmosfera cupa e oscura che permeava il primo capitolo, in favore di un level design quasi sempre impeccabile e inaspettatamente godibile. In questo caso, un passo indietro e uno avanti.
Un gameplay solido, con qualche riserva
L’offerta più valida che puoi trarre da The Surge 2 è sicuramente nel suo gameplay, vero e proprio cuore di gioco. Se già dal punto di vista del pad alla mano il gioco risultava piuttosto soddisfacente nel primo capitolo, in questa seconda iterazione della serie il gameplay risulta decisamente migliorato e affinato. Oltre ad attacchi leggeri, pesanti e caricati, il ritorno del drone e della meccanica della mira dei singoli arti, vediamo anche l’introduzione della deviazione degli attacchi avversari. Finalmente in questo capitolo il feedback regalato dall’impatto dei nostri colpo contro gli avversari si sente e regala grandi soddisfazioni, così come è un’aggiunta gradita la possibilità di cancellare alcune animazioni degli attacchi nel vivo degli scontri più dinamici.
La meccanica del mirare a differenti parti del corpo nemiche torna in grande stile e ha un peso nel gameplay vero e proprio, visto che colpire le parti scoperte degli avversari ci permetterà di arrecargli più danno. Al contrario, mirare ad arti corazzati renderà lo scontro più arduo, ma ci permetterà di indebolirli per poi reciderli e così guadagnare progetti per nuove parti di esoscheletro da equipaggiare. A questo riguardo è impossibile non menzionare la spettacolarità delle animazioni di queste esecuzioni, impreziosite da un glorioso e truculento rallenty, ognuna diversa in base alla parte del corpo e in base all’arma impugnata.
Meccaniche RPG da premiare
The Surge 2 basa molto del suo gameplay su una struttura che comprende meccaniche RPG molto classiche per il genere. Nonostante la poca originalità rispetto al genere d’appartenenza, c’è da fare davvero i complimenti a Deck13 per la qualità e il buon bilanciamento della componente da gioco di ruolo proposta dal titolo. Il giocatore può contare su una barra della salute, una barra della resistenza e una barra dell’energia, suddivisa in 3 cariche. La resistenza si consumerà per qualsiasi azione compiuta dal personaggio che non sia camminare, mentre l’energia consente di utilizzare le cariche per utilizzare gli impianti equipaggiati. Gli impianti si suddividono in attivi e passivi: nella prima categoria si trovano impianti come l’iniezione di energia (un equivalente delle Estus), mentre fra i passivi si annoverano buff che aumentano i danni alle armature, alle parti scoperte, o resistenza a specifici status.
Per quanto riguarda l’equipaggiamento c’è finalmente maturità da parte dello sviluppatore rispetto al capitolo precedente. La quantità di armi, ma sopratutto di armature è schizzata alle stelle rispetto al ridotto contenuto del primo The Surge, ma anche la gestione dei set e dell’armatura è migliorata in generale. Salendo di livello verranno forniti al giocatore punti per aumentare le statistiche di salute, resistenza e energia, ma sopratutto verrà aumentata la capacità energetica dell’esoscheletro. Infatti in The Surge 2 ogni impianto e pezzo d’armatura consuma energia, quindi per armature più pesanti e con valori di difesa più alti saranno richieste maggiori quantità d’energia. Chiaramente il peso e la grandezza delle armature incide anche sul consumo della resistenza, arrivando a cambiare i movimenti del nostro personaggio. Anche se ogni categoria di arma di solito mantiene lo stesso moveset per tutte le armi di quello stesso tipo, una determinata combinazione di pezzi d’armatura, oltre a dei bonus passivi spesso trascurabili, produce moveset differenti andando a creare un gameplay straordinariamente vario e mai noioso.
Qualche nota fuori posto
Il gameplay, nonostante componga di fatto il fiore all’occhiello di questa produzione, non è esente da alcune criticità. Sopratutto per quanto riguarda la schivata, il gioco soffre di imput lag, un difetto non proprio semplice da digerire per un action RPG difficile e dinamico come questo The Surge 2. Il problema dell’imput lag poi si presenta anche per alcune armi, molto spesso le più lente, andando a penalizzare doppiamente le categorie di armi in questione.
Fastidioso e talvolta estremamente frustrante il tracking di alcuni colpi dei nemici, talvolta in grado di cambiare improvvisamente direzione all’ultimo momento, anche in aria. Questo problema tende a verificarsi più frequentemente con i boss del gioco dotati di dimensioni ridotte, probabilmente uno stratagemma utilizzato per “compensare” la poca portata dei loro colpi, soprattutto considerando quanto lontano dagli avversari possono portare i balzi del giocatore.
Anche le boss fight rispetto al primo capitolo hanno visto si un miglioramento, ma parziale. Sicuramente il loro numero è aumentato, ma la maggior parte sono dei reskin di unità semplici o semplicemente godono di un design piuttosto anonimo e dimenticabile.
Abbastanza deludente anche l’introduzione della deviazione. Cercare di deviare i colpi consuma un quantitativo di resistenza esagerata punendo fin troppo il giocatore in caso di fallimento. Spesso infatti quest’ultimo non avrà la resistenza necessaria per poter arretrare e la deviazione verrà presto sacrificata al posto di un più sicuro balzo all’indietro. Anche perché il rischio non vale la candela perfino in caso di successo: la deviazione semplicemente blocca l’avversario qualche secondo, senza ricompensare adeguatamente il rischio corso dal giocatore.
Deck13, ma cosa mi combini?
Veniamo al tasto dolente di The Surge 2, un passo falso inspiegabile per quello che poteva promettere su carta questo secondo capitolo. Se già per essere un gioco del 2017 il primo The Surge non brillava assolutamente in merito all’aspetto tecnico, il secondo capitolo nel 2019 risulta persino pessimo. The Surge 2 è addirittura peggiorato rispetto al primo capitolo: texture dal caricamento estremamente lento, che non si caricano del tutto oppure direttamente poco dettagliate, non vengono più supportate da una direzione artistica ispirata ma lasciano il passo ad ambienti scarni di dettagli e piuttosto anonimi, salvati a volte da alcune shortcut che mostrano un lavoro piuttosto rigoroso per quanto riguarda il level design. Jericho City non viene ritratta neppure tramite un open world, e vista la discretissima qualità grafica viene da chiedersi perché addirittura propinare ai giocatori dei caricamenti a volte lunghi.
Per quanto riguarda l’ottimizzazione, la versione Steam del gioco si comporta davvero male. Si consideri che il gioco ha deciso in base alle specifiche del mio PC (una 1070 Ti e un I7-8700k) di impostare in maniera automatica la qualità grafica su alto. Subito dopo aver finito il video iniziale, il gioco ha cominciato ad avere dei cali di frame inspiegabili nella stanza dell’infermeria, il primo ambiente proposto dal gioco. Ho provato ad abbassare a medio e persino a basso, ma nulla da fare, in ambienti con troppi dettagli su schermo il gioco aveva dei pesanti cali di FPS. Un problema che purtroppo, in un gioco action, non è possibile non considerare come grave.
Buono il sound design, che non trova la stessa qualità nelle soundtrack di gioco, che conta soltanto un brano in fase esplorativa e una manciata per quanto riguarda le Boss Fight.