The Use of Life è un titolo che parte da premesse molto interessanti: creare un GDR con una struttura aperta, che possa basarsi quasi del tutto sulle scelte del giocatore, le quali dovrebbero modificare in modo consistente lo svolgimento della storia, le scelte possibili e persino lo stesso finale.
Chiaramente premesse di questo tipo sono molto difficili da attuare e inserire meccaniche simili in un GDR non è un compito facile. Di fatto, nonostante il genere si presti particolarmente a rendere le scelte del giocatore parte integrante della narrativa, delineare una struttura che faccia sentire davvero il peso delle conseguenze non è sempre un compito facile.
Per questo motivo, resta da vedere se The Use of Life riesce veramente a sfruttare al meglio l’agency del giocatore, in modo da far percepire le conseguenze di ogni scelta. Vediamolo insieme!
I forti distruggono i deboli
The Use of Life parte da un incipit che sembra richiamare i classici archetipi narrativi di molti anime: tutto inizia quando il villaggio del nostro protagonista viene distrutto da un enorme drago, che uccide tutti gli abitanti del luogo, volando via spazientito per l’estrema facilità con cui tutti sono caduti di fronte alle sue fiamme.
Il protagonista, però, si rifiuta di morire e tutta quella distruzione porta la sua stessa anima a bruciare di rabbia, con un desiderio di vendetta, di vivere e di potere: se fosse stato più forte, nulla di tutto questo sarebbe successo. Proseguendo nella storia, questo tema ritorna diverse volte, anche in molte scelte diverse.
Proprio queste risultano fondamentali per l’esplorazione delle varie tematiche di cui tratta il racconto. Capita spesso di scegliere come approcciare una certa situazione, vedendo la reazione dei personaggi vicini e, in altri casi, alcune scelte richiedono un certo numero “minimo” di una statistica per poter essere intraprese, in modo simile a quanto visto con Esemplare/Rinnegato in Mass Effect.
In certi casi, le scelte “bloccate” dietro queste percentuali (Flame of Life e Flame of Power) consentono di avere informazioni aggiuntive, di rispondere a tono a nemici particolarmente potenti e persino di aumentare ulteriormente certe statistiche. In ogni caso, indipendentemente dalla strada intrapresa, la storia proseguirà (con certe differenze) verso la stessa direzione, esplorando la maledizione del protagonista ed approfondendo il motivo per cui sia sopravvissuto all’attacco del drago.
Menzione d’onore va fatta alle descrizioni dei vari dialoghi, delle scelte stesse e delle sensazioni spesso provate dai personaggi. Queste sono infatti davvero ben scritte e, soprattutto, frequenti. The Use of Life prende quindi in prestito alcune caratteristiche tipiche dei libro game, che si riflettono anche nelle meccaniche di gioco.
The Use of Life: tra dadi, scelte e schivate
Il gameplay di The Use of Life sembra quello di un JRPG, a cui però vengono aggiunte diverse meccaniche che danno un tocco di originalità al tutto, creando un mix che almeno in parte si distacca dalla classica formula del genere.
Di base, la formula di gioco è molto semplice: le partite si svolgono su una mappa divisa in diversi “nodi”, selezionabili solo da quelli adiacenti. Un corridoio, ad esempio, può essere diviso in tre punti diversi, da cliccare per muoversi e proseguire. Ci sono poi anche dei bivi, dov’è possibile selezionare diversi nodi, esplorando quindi direzioni diverse.
Ognuno di questi punti, però, racchiude sempre degli eventi, che spesso propongono al giocatore scelte importanti o eventi casuali. Nell’ultimo caso potremmo imbatterci in nemici, oggetti, denaro e così via. Nel primo caso, invece, ci troviamo a dover gestire situazioni che spesso comportano scelte morali o bivi narrativi.
Questi punti costituiscono una grossa parte del gameplay di The Use of Life, dove la struttura di gioco si espande in quella dei libro game o dei lanci di dadi in stile D&D. Per esempio, potremmo dover sgattaiolare tra un gruppo di nemici – lanciando un dado virtuale che decreta il successo il fallimento dell’azione – oppure potremmo scegliere come togliere di mezzo un folto gruppo di banditi intenti a ballare in un rituale.
In casi come questo, un menù ci mette davanti a varie scelte che, oltre a portare a esiti diversi per l’incontro in corso, permettono di aumentare le già citate due statistiche, le quali sono poi necessarie per ulteriori scelte future. Sono proprio queste a definire i vari bivi narrativi e, successivamente, a portare a finali diversi.
Chiaramente, nonostante le premesse siano ottime, resta da vedere se queste scelte hanno poi un reale impatto nelle fasi molto più avanzate nella storia e, più in generale, come questo influirà sul finale nel gioco completo.
In ogni caso, il gran numero di esiti possibili per ogni evento e i vari modi per risolvere le situazioni (dadi e scelte di ogni tipo che comprendono anche l’uso di oggetti) rendono l’esplorazione sempre interessante. Per esempio, infiltrandosi nell’accampamento dei banditi nel primo dungeon è possibile trovare una chiave, che poi può essere utilizzata per aprire una porta in un nodo successivo.
Nonostante i limiti dell’esplorazione astratta basata sui nodi, quindi, The Use of Life riesce a creare dungeon interessanti e credibili, ma anche in questo bisogna vedere se questa qualità verrà mantenuta fino alla fine della produzione completa.
A tutto ciò si aggiunge infine un comparto ruolistico di tutto rispetto, che permette di potenziare il nostro personaggio in molti modi diversi. Combattendo, concludendo i vari eventi e trovando certi oggetti si ottengono punti maledizione, punti esperienza e punti abilità. Questi possono essere utilizzati per aumentare le statistiche, ma anche per migliorare le abilità delle varie classi disponibili.
Chiaramente, le due cose vanno a braccetto. Per esempio, possiamo scegliere di potenziare la classe del Samurai, sbloccando abilità specifiche che diventano più potenti potenziando due statistiche specifiche. Al contrario, utilizzando il Mago abbiamo bisogno di altre statistiche e lo stesso dicasi per le altre classi presenti.
E’ quindi possibile costruire vere e proprie build, che permettono di personalizzare il protagonista con varie classi – le quali vantano meccaniche uniche – e privilegiando certe statistiche piuttosto che altre. Nonostante questo sia molto buono sulla carta, troviamo però alcuni sbilanciamenti davvero evidenti.
Per esempio, classi come il Mago sono poco utilizzabili, per via di un consumo estremamente alto di MP, che si rigenerano fin troppo lentamente. E’ poi possibile potenziare troppo facilmente le classi, arrivando alla fine del primo dungeon con abilità potentissime, in grado di distruggere facilmente persino il primo boss. Servono quindi dei piccoli ritocchi, visto che le meccaniche base funzionano molto bene.
Il sistema di combattimento, poi, si dimostra complesso e interessante. Ogni classe di The Use of Life vanta infatti abilità specifiche, da utilizzare in una serie di tre attacchi in un sistema di combattimento a turni. A ogni turno si selezionano quindi tre abilità, che poi vengono utilizzate in sequenza consumando CP – per quelle di tipo fisico – ed MP – per quelle di tipo magico.
I nemici, da parte loro, possono attaccare con una serie di tre attacchi, che possono essere schivati grazie alla pressione di un tasto. Quando un colpo nemico arriva, infatti, su schermo appare una freccia, da premere con un tempismo perfetto per schivare perfettamente ed evitare l’intero danno. Tempismi meno precisi portano invece a danni più o meno gravi, in base all’errore.
Si aggiungono poi varie meccaniche, come la possibilità di aumentare il tempo di schivata, di utilizzare abilità specifiche delle varie classi, o di sfruttare le debolezze elementali dei nemici avvalendosi di magie dell’elemento opposto. Anche stavolta siamo davanti a un ottimo punto di partenza, che però lascia alcuni dubbi.
La meccanica di schivata è infatti molto interessante, ma può essere facilmente abusata senza un adeguato bilanciamento. Inoltre, senza sottomeccaniche che possano dare varietà ai QTE su schermo, questi rischiano di diventare ripetitivi nel corso di un GDR completo.
The Use of Life si mostra quindi come un GDR decisamente interessante, che vale sicuramente la pena tenere d’occhio. Ci sono però alcuni dubbi, che riguardano principalmente un lavoro di rifinitura ancora necessario prima di arrivare a un prodotto finale fatto e finito. I vari problemi riscontrati nell’anteprima possono infatti essere risolti, dando agli sviluppatori il giusto tempo.
Bello ma non bellissimo
Il comparto tecnico di The Use of Life parte molto bene, ma presenta varie mancanze. Il gioco vanta infatti schermate statiche, con sprite animati e pochi effetti visivi. Il risultato finale è sicuramente piacevole, ma ancora acerbo. Mancano, per esempio, le animazioni degli sprite nemici, che contrapposti alle ottime animazioni del protagonista risultano poco convincenti.
Il comparto artistico è invece eccellente. Gli ambienti sono disegnati davvero bene, portando a un risultato davvero soddisfacente. I personaggi e i mostri sono poi molto belli da vedere e il mondo di gioco sembra mostrare uno stile tutto suo.
Infine, il comparto sonoro si dimostra eccellente, grazie a musiche ed effetti sempre adatti alle varie occasioni.