Ci sono alcune opere nella storia dell’umanità che possiamo definire eterne. Libri, film o racconti che sono destinati a tornare più e più volte, in tutte le salse e con media diversi. Tra questi, indubbiamente, possiamo trovare la famosa storia del dottor Frankenstein, che ha contribuito a creare diversi archetipi ancora presenti in molte opere odierne.
Tra le diverse iterazioni, questa storica narrazione è arrivata anche nel mondo videoludico, con The Wanderer: Frankenstein’s Creature, una particolarissima esperienza dove impersoneremo il “mostro”, vedendo tutto quanto dal suo punto di vista. Vediamo perché vale la pena seguirne le vicende.
La storia di un mostro?
La trama del romanzo di Mary Shelley si è ormai imposta nell’immaginario collettivo: uno scienziato, peccando di hubris, pensa di poter ricostruire la vita nel suo laboratiorio, equiparandosi quindi a Dio stesso. Riesce nel suo intento, ma il risultato è una creatura mostruosa, dall’aspetto raccapricciante.
Il gioco parte proprio dalla “nascita” del famoso mostro di Frankenstein, facendoci vedere tutto dalla sua prospettiva. Si inizia quindi da un laboratiorio sfocato, con una luce accecante che impedisce alla creatura di vedere bene.
Dopo questa fase iniziale, gli occhi del mostro si abituano alla luce e mostrano una natura idilliaca. La creatura, chiaramente, non è consapevole di essere spaventosa e inizia a esplorare il mondo circostante, spinta da una curiosità quasi infantile. Questo la porta a un villaggio dove la reltà si manifesta in tutta la crudeltà della vita: gli abitanti sono spaventati e cacciano via il nostro protagonista con forconi e fiaccole.
Da qui in poi, la creatura di Frankenstein diverrà un vagabondo solitario, respinto da tutti per il suo aspetto mostruoso. I vari capitoli del gioco mostrano gli inutili tentativi del “mostro” di socializzare e di trovare il suo posto nel mondo. Tutto è caratterizzato da un’atmosfera malinconica e da dialoghi davvero ben scritti.
Andando avanti nel gioco, l’empatia con la creatura crescerà sempre di più e la sua sorte ci sembrerà sempre più triste e ingiusta. Spesso si vengono a creare dei contrasti davvero ben orchestrati tra l’apparente gentilezza degli umani e il trattamento che poi viene riservato al “mostro” che impersoniamo.
La parte finale poi, segue un crescendo ben costruito, che riesce a concludere degnamente il viaggio della sventurata creatura in cerca d’amore.
Qualche piccola interazione
La storia e la narrazione, quindi, sono il vero cavallo di battaglia di The Wanderer: Frankenstein’s Creature. Ma che dire del gameplay?
La parte puramente interattiva di The Wanderer: Frankenstein’s Creature è, come si può immaginare, molto limitata. Il gioco, infatti, è definibile quasi un walking simulator simile a Journey, tenendo conto delle dovute differenze. La gran parte del tempo è spesa esplorando i bellissimi ambienti di gioco, in modo da interagire con oggetti che fanno andare avanti la storia. Occasionalmente ci troviamo di fronte a qualche puzzle semplicissimo e immediato.
Giocando, però, si capisce come The Wanderer: Frankenstein’s Creature non voglia offrire una sfida, puntando praticamente tutto sulla narrazione fluida e sul comparto artistico certosino. Di fatto, è impossibile restare bloccati nel gioco, dato che abbiamo sempre ben chiaro l’obiettivo, grazie a una sorta di “polverina” luccicante che circonda il punto con cui interagire per proseguire.
Nel gioco, quindi, si cammina molto e si interagisce poco. Ci sono delle occasioni di interazione date da enigmi davvero immediati o dai comandi necessari per compiere determinate azioni, ma nulla di troppo eclatante.
The Wanderer: Frankenstein’s Creature, però, propone anche delle scelte multiple. In diversi punti del gioco possiamo scegliere come agire in determinate situazioni, per poi osservare le conseguenze immediate che possono avere. Queste scelte sono associate a momenti particolarmente intensi e delineano il modo in cui la creatura si definisce. In poche parole, sarai il mostro che tutti dicono, oppure cercherai di essere meno violento possibile? Sta a te deciderlo. Le nostre scelte, inoltre, influiscono direttamente sulla parte finale del gioco e, quindi, sull’epilogo di tutta la storia.
Nonostante il titolo sia così poco interattivo, non risulta mai noioso. Da un lato perché dura troppo poco per poter annoiare e dall’altro lato perché esplorare le diverse ambientazioni è sempre stimolante, visto che la storia prosegue continuamente.
Dei quadri in movimento
Il comparto artistico di The Wanderer: Frankenstein’s Creature è forse ciò che salta più all’occhio quando si guarda il titolo per la prima volta. Le ambientazioni esplorate, infatti, sono dei veri e propri quadri che richiamano l’acquerello, con un risultato finale semplicemente spettacolare.
Non solo: le varie ambientazioni sono anche funzionali al comparto narrativo, dato che i colori mutano repentinamente per sottolineare i vari stati d’animo del mostro. Per esempio, all’inizio del gioco lo stordimento della creatura è sottolineato da ambienti bianchi e sfocati. Quando questa vede la natura per la prima volta, invece, tutto diventa idilliaco e fiabesco per mostrare lo stupore e la meraviglia. Nei momenti tragici tutto diventa grigio, e così via.
Il comparto sonoro, allo stesso modo, aiuta proprio questa narrazione indiretta, grazie a musiche che accompagnano alla perfezione i vari momenti del gioco e che mutano velocemente insieme ai colori delle ambientazioni. Peraltro, se ti piace asc0ltare melodie rilassanti o malinconiche, l’artista dietro la colonna sonora di The Wanderer: Frankenstein’s Creature, ha anche pubblicato un album che la racchiude.
Infine, arriviamo al comparto tecnico, vera nota dolente della versione Nintendo Switch. Accanto alle bellissime ambientazioni, purtroppo, troviamo delle animazioni datate, che potrebbero sicuramente essere migliori.
Inoltre, i controlli del titolo sono incredibilmente macchinosi e il passo della creatura è sempre claudicante. In alcuni momenti del gioco, poi, sembrano quasi esserci dei muri invisibili in punti che invece dovrebbero essere totalmente esplorabili. All’inizio, per esempio, siamo costretti a scappare da una folla inferocita. Nel farlo, il personaggio tende a bloccarsi in un vicolo e a tornare continuamente indietro, ignorando il nostro comando, nonostante quella direzione sia percorribile. Allo stesso modo, in vari punti del gioco capita di spingere il pad verso una direzione che il nostro avatar si rifiuta di percorrere.
Un gioco simile vede il pathos di alcuni momenti semplicemente distrutto dalla frustrazione di non poter nemmeno camminare, quindi mi auguro che gli sviluppatori migliorino la versione Nintendo Switch per risolvere questo problema. La versione PC del gioco, infatti, attualmente risulta più godibile.