A partire di quello che fu il fenomeno Ingress, opera prima di Niantic se si esclude il primigenio e non molto popolare Field Trip (2012), la sviluppo di titoli in realtà aumentata è diventato quasi un bisogno fisiologico per le major videoludiche. Un po’ come avvenne intorno al biennio 2006-2007 per i titoli family friendly grazie al successo di Nintendo Wii, che si può dire fu il motore immobile per la nascita del PlayStation Move in casa Sony e quella del Kinekt per Microsoft.
Il culmine della popolarità di questo tipo di giochi è stato raggiunto nel 2016 con l’arrivo dell’a lungo atteso Pokémon Go, opera della stessa Niantic forte delle proprie esperienze pregresse con la realtà aumentata.
Nei sui cinque anni di vita, questo titolo ha raccolto un bacino d’utenza esorbitante che, malgrado le parvenze di stasi, non accenna a fermare la propria crescita. Nel luglio scorso il numero di download ha superato i 630 milioni, ciò significa che in pratica almeno un decimo del genere umano avrebbe giocato almeno una volta nella vita a Pokémon Go.
Persino durante i vari periodi di permanenza forzata tra le mura domestiche imposti dalle numerose chiusure volte a contrastare la pandemia di COVID-19 tutt’ora in corso gli appassionati di tutto il mondo hanno continuato a fruire del titolo, opportunamente adeguato alla situazione da Niantic (per approfondire puoi leggere qui).
Come la software house californiana non ha mai smesso di prendersi cura di quello che è a tutti gli effetti il proprio prodotto di punta anche in termini di rendimento economico (1.300.000.000 di dollari di fatturato solo nell’ultimo anno bastano a comprovarne l’importanza), così Spokko, il team di sviluppo polacco dietro al recente The Witcher: Monster Slayer, non si è lasciato scoraggiare dalle incertezze di questo lungo periodo, ed ha ugualmente rilasciato il suddetto titolo, che ha tutte le carte per rivaleggiare con quello che è in effetti il principale concorrente.
The Witcher: Monster Slayer vs. Pokémon Go sono davvero così simili?
Chiunque si divide tra l’uno e l’altro gioco ravvisa tranquillamente e con facilità tanto le somiglianze quanto le differenze tra i due titoli, e i giocatori più critici punterebbero certamente il dito contro Spokko e la stessa CD Projekt, ree di quello che si potrebbe semplicisticamente definire ‘plagio‘ o addirittura ‘clonazione‘.
Ebbene, se davvero si fosse verificato il secondo tra i due casi (il plagio è da escludere a priori, considerando che, giocando al titolo di Spokko, non ho ucciso neanche un pokémon), c’è chi potrebbe tranquillamente asserire (incluso il sottoscritto) che la software house polacca abbia creato una versione migliorata del titolo Niantic. Tale affermazione è dovuta a tanti fattori.
In primis abbiamo l’elemento combat, il quale, mentre in Pokémon Go ha un ruolo riservato agli aspetti multiplayer del titolo, in The Witcher: Monster Slayer si può dire sia l’elemento basilare. Per quanto di comprensione abbastanza immediata, anche le battaglie più semplici riescono a non annoiare e certamente si rivelano più stimolanti del lanciare una pokéball la cui efficacia è determinata semplicemente dalla tipologia, non da un’oculata gestione delle risorse (compresa l’assidua produzione di unguenti, bombe e pozioni, che spinge il giocatore ad aprire il gioco anche nei momenti ‘casalinghi’).
In secundis, fondamentale differenza tra i due titoli, The Witcher: Monster Slayer possiede una trama, e non si tratta di un contorno come potrebbe essere il background dei team in cui sono divisi i giocatori di Pokémon Go. Si parla di una storia complessa e ben scritta, che porterà, nel migliore stile degli scritti di Andrzej Sapkowski, all’incontro con vari personaggi e, forse più in là, alla ormai famigerata scelta tra i due mali che da sempre accompagna le avventure dei Wiedźmin.
Davanti ad un’eventuale scelta del genere, ma questa volta davanti a Pokémon Go o a questo suo presunto clone, la mia risposta sarà sempre ‘entrambi‘, o ‘nessuno dei due‘.