Theatre of Sorrows è uno di quei titoli che a un primo impatto sembrano davvero interessanti, grazie alla tipica atmosfera Lovecraftiana, ormai abusata da tantissimi sviluppatori di videogiochi. Allo stesso tempo, siamo davanti a un roguelite, che a sua volta si pone come un genere fin troppo abusato.
Dato che i roguelite interessanti sono davvero pochi e, allo stesso tempo, non troppe opere rendono davvero giustizia a Lovecraft, vale la pena chiedersi se questo Theatre of Sorrows sia riuscito nel suo intento. Vediamolo insieme nella nostra recensione.
Tra macabro, terrori e sanità mentale
La storia di Theatre of Sorrows si apre con un incipit già inquietante. Due gemelli restano orfani dei genitori e sono costretti a crescere insieme, contando l’uno sull’altra. La sorella del protagonista, però, viene rapita da un culto misterioso, con intenzioni sconosciute. Al fratello, invece, viene inviata una lettera con delle istruzioni: dovrà recarsi su un’isola sperduta, seguendo le indicazioni che gli verranno fornite in loco.
Rassegnato, il nostro protagonista prende un traghetto e arriva nell’inquietante isola, dove iniziano le vicende del gioco. Qui viene accolto da un misterioso individuo, che lo costringe a compiere i primi, macabri rituali: raccogliere gli ingredienti per creare un talismano e, allo stesso tempo, trovare i cuori di due esseri viventi e unirli insieme in un rituale oscuro.
Da qui in poi la trama del titolo non decolla mai, adagiandosi fin troppo sull’atmosfera macabra e non proponendo svolte che possano essere davvero interessanti. A questo si aggiunge un altro fattore che si interseca con il gameplay: visitando i vari luoghi veniamo accolti da un box di testo che descrive brevemente l’atmosfera e, in alcuni casi, ci pone davanti a una scelta. Inizialmente queste descrizioni danno una piacevole sensazione di inquietudine ma continuando a giocare tendono a ripetersi più e più volte, risultando noiose.
La scelta di rendere Theatre of Sorrows un roguelike, infatti, è controproducente, quando si cerca di creare un’esperienza così tanto improntata su descrizioni narrative. Questo perché buona parte del mistero va scemando, diventando inevitabilmente poco interessante e perdendo tutta l’inquietudine iniziale. Sarebbe stato meglio sfruttare gli ottimi muri di testo per un’avventura testuale relativamente lineare, che si presta molto meglio a questo tipo di narrazione.
Tra risorse, talismani e instabilità mentale
Il gameplay di Theatre of Sorrows si basa su un loop che punta tutto sulla gestione delle risorse. Ogni partita inizia infatti dall’albergo in cui il protagonista ha trovato alloggio e, partendo da qui, è necessario muoversi verso diverse location, che variano in base al punto della storia. A ogni partita o a ogni morte la mappa viene generata casualmente ma le location e i momenti della storia principale restano invariati.
Questo, in soldoni, vuol dire che la storia prosegue sempre nello stesso modo, con gli stessi obiettivi principali, ma il modo in cui questi sono posizionati muta di volta in volta. Allo stesso modo, gli incontri e gli oggetti trovati nelle location sono parzialmente lasciati al caso.
Theatre of Sorrows, però, non ci mette davanti a veri e propri ambienti da esplorare ma, al contrario, tutto si basa su scelte e box di testo. Per muoverci tra le varie location, infatti, si utilizza una mappa, dove queste sono disseminate con l’aspetto di semplici icone. Cliccando su una di esse, possiamo muoverci in quel luogo e, successivamente, scegliere se continuare a spostarci verso le icone circostanti oppure esplorare il luogo stesso.
In quest’ultimo caso, ci imbatteremo in una breve descrizione, in una scelta o in un combattimento. Le scelte possono permetterci di esplorare ulteriormente il posto, oppure possono riguardare oggetti particolari trovati dal protagonista. In alcuni casi, poi, possiamo aprire un menù apposito per selezionare le varie stanze del luogo in questione che, a loro volta, possono presentare nuove scelte o nuove risorse da trovare.
Il combattimento, invece, è semplice e banale. All’apparizione di un mostro, possiamo scegliere se scappare, perdendo stamina, o se scacciarlo con un incantesimo appreso, perdendo invece sanità mentale. Qualora questo fallisse, il mostro ci attaccherebbe, facendoci perdere salute. In questo caso, possiamo scegliere se tentare una delle azioni appena descritte o se utilizzare un talismano monouso.
Come avrai notato, i combattimenti sono soltanto un modo per costringerci a gestire le statistiche del protagonista: Sanità, Salute e Stamina. Compiere qualsiasi azione in gioco costa una o più di queste: muoversi nella mappa, scegliere di esplorare un edificio, assistere a un rituale oscuro e così via. Anche molti oggetti trovati nei vari luoghi sono dei consumabili necessari a ricaricare una delle statistiche.
Proprio qui arriva il primo problema di Theatre of Sorrows. Dopo un’oretta di gioco, un giocatore attento inizia a vedere dei pattern ben precisi nel reperimento di oggetti. Ad esempio, nelle chiese si trovano spesso delle candele, necessarie a ripristinare la sanità mentale. Dopo averlo capito, diventa facilissimo gestire l’esplorazione in modo da visitare prima i posti in cui sono disponibili gli oggetti che ci servono per ricaricare la statistica più bassa.
Di fatto, se nei primi momenti Theatre of Sorrows dona parecchia tensione, data dalle statistiche che inevitabilmente scendono costantemente con le varie azioni, proseguendo nel gioco questa sensazione scema, fino a scomparire del tutto. Questo è dovuto principalmente alla scarsa varietà di location disponibili e, allo stesso modo, alla scarsa varietà di oggetti consumabili.
Lo stesso discorso si applica al crafting. Uno degli obiettivi principali delle varie partite, è infatti quello di creare un talismano. Per farlo bisogna necessariamente esplorare i vari luoghi, reperire i materiali, e unirli in un unico talismano necessario per proseguire nella storia principale o per aumentare le nostre statistiche. Il problema è che il reperimento di oggetti non sembra avere un equilibrio: in alcuni casi si trova tutto ciò serve, mentre in altri frangenti si esplora la mappa per diverso tempo senza imbattersi nell’ingrediente necessario e proseguire.
A tutto questo, si aggiunge la natura prettamente descrittiva dell’esplorazione. Ogni luogo, evento o interazione è infatti affidata a descrizioni e a scelte multiple che, anche in questo caso, dopo un’oretta di gioco tendono a ripetersi. Il risultato è la completa distruzione della sensazione di inquietudine iniziale, che dopo aver visto per l’ennesima volta la stessa descrizione scema inevitabilmente.
Theatre of Sorrows parte quindi da idee interessanti, che vedono il protagonista gestire diverse risorse per proseguire l’avventura, ma unite insieme da una struttura di gioco troppo ripetitiva e poco interessante: ci sono poche location, pochi oggetti, poche situazioni e tanti muri di testo troppo simili tra loro. Se poi ci aggiungiamo una storia principale con poco mordente e, a sua volta, con degli obiettivi principali da ripetere inevitabilmente a ogni morte, capiamo che il titolo avrebbe beneficiato immensamente di una struttura narrativa lineare, dove le varie situazioni si sarebbero susseguite con un crescendo di tensione e non con un senso di ripetitività costante.
La struttura da roguelike, infatti, dovrebbe essere affiancata da una complessità abbastanza elevata da offrire una curva di apprendimento al giocatore, in modo da non scadere ben presto nella ripetitività. In questo caso, invece, il titolo propone pochissime meccaniche, che vengono date in pasto al giocatore in un loop fin troppo stretto e poco stimolante.
In ogni caso, il titolo riesce a offrire un’esperienza sufficientemente interessante che, nonostante la sua ripetitività, può incuriosire gli appassionati del macabro e delle avventure testuali. Non sarà un gioco memorabile, ma sicuramente si lascia finire una volta se apprezzi il genere e se pensi che questa struttura di gioco possa piacerti.
La parte migliore del titolo
Il comparto tecnico di Theatre of Sorrows non è troppo elaborato e si limita a presentare poche animazioni. La mappa di gioco resta fin troppo scialba, le ambientazioni sono schermate statiche e i dialoghi sono semplici box di testo con le immagini dei personaggi. Allo stesso modo, le animazioni presenti non sono mai troppo elaborate.
Tuttavia, il risultato finale riesce a essere comunque interessante. Questo grazie allo splendido comparto artistico, in grado di presentare disegni decisamente d’impatto, personaggi sempre inquietanti e creature dall’aspetto raccapricciante. Nonostante ci siano poche animazioni, infatti, la sensazione di inquietudine regalata da Theatre of Sorrows è dovuta in larga parte all’atmosfera creata dall’artistista dietro le illustrazioni.
A questo, poi, si aggiunge un comparto audio a sua volta ottimo. Le musiche e gli effetti sonori sono infatti perfetti per completare l’atmosfera macabra e inquietante che caratterizza i luoghi e le vicende, che vengono arricchiti molto dalla cura posta in questo frangente. Il gioco, di fatto, si risolleva proprio grazie a questo.
Nonostante il gameplay sia banale, l’atmosfera regalata dal comparto artistico e sonoro può essere un valido motivo per considerare l’acquisto del titolo, per i giocatori che proprio non possono fare a meno di esperienze a tema Lovecraftiano. Sia chiaro, non raggiungiamo livelli di eccellenza, ma il risultato finale resta comunque degno di nota.