Se vi aspettate mirabolanti scoperte archeologiche, come inciampare nel Sacro Graal o trovare il cadavere di Jimmy Hoffa scavando una latrina da campo, allora Treasure Hunter Simulator non fa per voi. Essendo un simulatore, il piccolo gioiello creato dalla Drago Entertainment tende più alla rappresentazione realistica dell’attività del metal detecting che non all’estremizzazione della ricerca archeologica data dalla grande produzione video hollywoodiana.
La cosa non è necessariamente un male, però, considerando che Treasure Hunter Simulator ci porta in scenari naturali di gran suggestione e ci pone nei panni, verosimilmente affini a quelli del giocatore medio, di un ragazzo che si improvvisa ricercatore di tesori dilettante con metal detector alla mano e cifosi incipiente data dai pomeriggi passati a fissare il terreno.
Sebbene infatti non sia impossibile trovare artefatti leggendari, come parte del tesoro di Hitler nei recessi di un lago in Baviera, questo non capiterà mai alla prima visita, ma si dovrà viaggiare almeno altre due volte nel medesimo sito. Ne consegue, quindi, che la componente esplorativa ha una rilevanza non indifferente all’interno del gioco, e che le ore trascorse, inizialmente, servano a rimpinguare le misere finanze da cercatore dilettante, trovare nuove informazioni di ricerca, migliorare l’equipaggiamento, sovvenzionare i viaggi in nuove zone e altro ancora.
Un ciclo ininterrotto di logica di produzione simil-marxista, quindi: si esplora per trovare artefatti, che portano soldi per migliorare le attrezzature, che servono a trovare nuovi artefatti e così via.
Noioso, direte voi? Dipende dai punti di vista. Dopotutto ci sono pletore di giocatori compulsivi che passano le ore e i giorni tirando una leva ai lati di una slot machine, o puntando alle corse, o scommettendo sulle partite di calcio, e questo a loro piace. Ciò che è certo è che, in un hobby che è poco probabile che renda ricchi, c’è tutto un mondo di possibilità nel ritrovare quel brivido che viene dal sentire il pigolio dei macchinari divenire sempre più intenso prima di scavare per vedere cosa c’è. E le simulazioni del medesimo non fanno eccezione.
Dopotutto, non si gioca per vincere, ma per stare bene.
Forse non diventerete mai ricchi (e non lo diventa – quasi – mai nemmeno chi lo pratica davvero, come potete leggere in questo magnifico articolo del Guardian), ma è un prodotto degno di nota. E se pensate che quattordici euro su Steam siano troppi da spendere, vi ricordo che c’è chi per Fallout 76 ha speso settantacinque euro.
Pensateci un po’.